La 'rivincita di Dio' e un nuovo meticciato culturale. La realtà dell’Islam italiano ed europeo, tra processi di secolarizzazione e di 'deterritorializzazione'. Le strategie delle organizzazioni islamiche tra senso di identità e sentimento di appartenenza.

Campanini notinmyname

L’Islam in Europa è ormai una realtà consolidata, la seconda religione europea dopo il cristianesimo; i musulmani sono ormai musulmani europei di seconda o terza generazione. L’Islam europeo ha assunto perciò una realtà organizzativa che si esprime in diverse reti trasversali, tutte comunque miranti in prospettiva a una internazionalizzazione europea dell’essere musulmani. L’Italia (dove vivono circa due milioni di musulmani) è naturalmente coinvolta in questo processo.

Dal punto di vista ideale o forse ideologico, è possibile dire, in generale, che da un lato l’Islam europeo, tra cui quello italiano, si inquadra in un processo di “rivincita di Dio”, che caratterizza tutto il mondo contemporaneo, in cui le simbologie e i valori religiosi, apparentemente cacciati dalla secolarizzazione e dalla laicizzazione, sono tornati prepotentemente alla ribalta. Dall’altro, esso si inserisce in un processo di “meticciato” tra culture, tradizioni, visioni del mondo che è irreversibile.

Da un lato, i simboli religiosi stanno tornando a pervadere le società contemporanee. Per quanto riguarda i musulmani, spesso la rivincita di Dio è avvenuta in una situazione di marginalizzazione, nelle “banlieues de l’Islam”, secondo le parole di Gilles Kepel(1). È tuttavia importante notare che i giovani, spesso musulmani, delle banlieues che hanno bruciato nelle grandi città europee, come in Francia nei primi mesi del 2006, e che si fanno irretire dalle sirene dell’estremismo dell’ISIS, non sono ricorsi immediatamente all’Islam, ma lo hanno fatto dopo che non hanno ottenuto ascolto alle loro rivendicazioni all’interno della società di origine.

Ha avuto perciò ragione Tareq Ramadan a parlare, soprattutto nei casi più problematici, di “musulmani senza l’Islam”. Egli ha sostenuto infatti che la maggior parte dei musulmani in Europa vive una contraddizione tra l’appartenenza identitaria e le necessità dell’integrazione. La prima non implica automaticamente la pratica costante e assidua dei doveri religiosi, mentre la seconda impone loro di inserirsi nella vita sociale e produttiva del paese di accoglienza. Essi rimangono comunque musulmani, ma appunto musulmani senza Islam, per quanto separati, più o meno definitivamente, dall’ambiente d’origine che fornisce un quadro di riferimento valoriale stabile. Ciò può suscitare malessere e disagio e può anche condurre a difficoltà nel processo integrativo, come di fatto è accaduto e continua ad accadere(2).

Un dato interessante è che in Europa – e in Italia – la percentuale di musulmani che va regolarmente in moschea non è maggioritaria. Una secolarizzazione pervade anche il mondo musulmano, soprattutto quello europeo, e perciò quello italiano, lontano dai paesi d’origine e dal milieu culturale d’origine, in cui invece non si può fare a meno di respirare Islam. Come ha affermato Grace Davies, c’è una situazione di “believing without belonging and belonging without believing” (credenza senza appartenenza e appartenenza senza credenza), dato che l’essere musulmano come stile di vita e come identità culturale comincia ad essere contaminato da influssi esterni come ne è contaminato il cristianesimo. Da una parte l’Islam può costituire un elemento di identità, d’altra parte si può appartenere alla comunità dei musulmani — compagni di emigrazione — senza più condividerne la fede.

Nella convinzione che, dal punto di vista degli attivisti musulmani, la società del futuro debba essere islamica e che l’obiettivo finale rimanga la costruzione di uno stato, se non islamico, quanto meno tendente a realizzare e proteggere i valori dell’Islam, il problema della costituzione di uno stato islamico in presenza di un Islam mondialisé ovvero di un Islam europeo si può presentare come la ricostituzione di una federazione di gruppi e di organizzazioni islamiche che prefigurino il ristabilimento di un ordine politico che però, inevitabilmente, deve confrontarsi con l’ambiente preesistente di civiltà giuridica e di princìpi civili caratteristicamente europei.

La prospettiva di una internazionalizzazione europea dell’Islam con la federazione delle organizzazioni dei singoli paesi, ossia, in altri termini, la de-localizzazione dall’Italia o da altri singoli paesi all’Europa nella sua totalità del problema della presenza e della integrazione dei musulmani, ne modifica profondamente la natura e il carattere. Del resto questa de-localizzazione europea non può tagliare definitivamente i ponti con le organizzazioni madri nei paesi arabi.

L’Islam de-territorializzato ed “europeo”, dunque, di cui quello italiano deve essere considerato parte costitutiva, non può fare a meno di confrontarsi con influssi esterni: ciò può avere ricadute anche importanti sulle formulazioni dottrinali del nuovo Islam ormai presente in Europa. Le tendenze dialettiche, conservatrici da una parte, ma dall’altra desiderose di assimilazione, dell’Islam italiano ed europeo devono essere monitorate con attenzione per cogliere tutti i possibili sviluppi futuri di una realtà che è ormai parte integrante della società europea.

Un vecchio proverbio arabo afferma che ogni testa (araba) è un partito. Questo spiega la grande, storica, frantumazione settaria ed ideologica del mondo arabo, e anche il fatto che le organizzazioni islamiche europee, pur mirando formalmente a obiettivi comuni, in realtà si distinguano parecchio nelle tattiche e nelle rispettive modalità. Le maggiori sembrano attualmente essere la Federation of Islamic Organizations in Europe (FIOE) e lo European Muslim Network (EMN).

La carta della FIOE prevede le seguenti linee di indirizzo:
– Il contributo dell’Islam all’arricchimento della civiltà europea contemporanea, la secolare presenza islamica in particolare nell’Europa orientale, e il fatto che i musulmani che vivono nell’Europa occidentale vi si siano stabiliti in modo permanente, passando da una presenza temporanea di immigrati stranieri ad una residenza permanente rappresentata dalle nuove generazioni dei figli degli immigrati.
– La rinnovata necessità di una cittadinanza fondata sulla giustizia, l’uguaglianza dei diritti e il riconoscimento dei musulmani come comunità religiosa.
– La diffusione dell’Islam nel mondo con il suo bagaglio di spiritualità e umanità e di civiltà, e la necessità di migliorare la cooperazione e l’avvicinamento con l’Occidente in generale e con l’Europa in particolare al fine di assicurare la giustizia e la pace nel mondo.
– La necessità, in sintonia con il processo di unificazione e allargamento dell’Europa, di un maggiore avvicinamento tra i musulmani d’Europa
– La necessità di consolidare i valori del dialogo e della pace per il benessere della società, ed il rafforzamento dei valori della moderazione e degli scambi interculturali lontano da ogni forma di estremismo o di esclusione(3).

Quanto all’EMN, le sue linee di indirizzo prevedono di:

1. Elaborare un pensiero alternativo che rifletta su e risponda alle differenti sfide cui si trovano di fronte i musulmani europei, la cui permanente presenza in Europa coinvolge un vasto raggio di questioni contemporanee sociali e politiche.

2. Favorire la piena partecipazione dei musulmani europei ai loro rispettivi ambienti sociali e culturali.

3. Incoraggiare il dibattito e la comunicazione aperta attraverso l’organizzazione di convegni e simposi a livello nazionale e internazionale europeo.

4. Sviluppare un forum attivo allo scopo di stabilire, attraverso l’organizzazione di eventi e attività, un dialogo continuo tra musulmani e non-musulmani, dibattendo le questioni contemporanee al fine di migliorare la comprensione reciproca.

5. Partecipare e intervenire nei più importanti dibattiti pubblici, con testi, informazioni e articoli, all’interno delle comunità musulmane e non-musulmane europee(4).

Prima facie, il programma della FIOE è più operativo, quello dell’EMN più culturale e speculativo; il programma della FIOE più introverso, quello dell’EMN più estroverso. Il dato comune è la rivendicazione del musulmano europeo quale musulmano e europeo. Qui non vi è alternatività, ma contiguità di piani. L’Islam non è alternativo all’Europa; è una espressione, ormai permanente, dell’Europa. Si tratta, a mio parere, di un territorio comunque solido su cui far interagire la presenza musulmana, coi suoi specifici valori, con il preesistente sostrato europeo, coi suoi propri specifici valori.



NOTE AL TESTO:
(1). G. Kepel, La rivincita di Dio, Rizzoli, Milano 1991.
(2). T. Ramadan, Essere musulmano europeo, Città Aperta, Troina 2002, pp. 255-256.
(3). Si veda il documento della FIOE tradotto e pubblicato in appendice in M. Campanini, K. Mezran, Arcipelago Islam. Tradizione, riforma e militanza in età contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2007.
(4). Cfr. www.euro-muslims.eu