Qualche mese fa, le ricerche di ENI in Egitto hanno registrato un successo per molti inaspettato: due enormi giacimenti di gas naturale. Questa scoperta genera molte speranze, ma anche molti interrogativi: come e quanto cambierà lo scenario geopolitico mediterraneo e mondiale?

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La recente scoperta da parte di ENI di ingenti riserve di gas a Zohr, nell’offshore egiziano, apre nuovi interessanti scenari geopolitici e commerciali, essendo la scoperta più grande mai effettuata nel Mediterraneo.
Secondo i primi dati riportati da ENI, il giacimento di gas avrebbe una disponibilità di (almeno) 850 miliardi di metri cubi e sarebbe in grado di soddisfare pienamente i consumi egiziani per decenni, e garantire al contempo potenziali esportazioni - le cui modalità, soprattutto in termini temporali, restano ancora da definire.

Questo risultato conferma il successo della politica di ENI di condurre ricerche in siti dove la sua presenza è storica, alla luce anche della meno rilevante ma comunque strategica scoperta, annunciata alla fine dello scorso mese di luglio, di circa 15 miliardi di metri cubi di gas, nella zona ovest di Abu Madi presso il delta del Nilo. Sono infatti decenni che il gruppo ENI svolge le sue attività in Egitto, dopo la firma degli accordi del 1954 con il governo di Nasser, e si è affermato come il principale produttore del paese, con una produzione giornaliera di 180.000 barili equivalenti di petrolio.

Il valore aggiunto della nuova disponibilità di gas naturale da Zohr risiede nella vicinanza alle infrastrutture (come ad esempio il centro di trattamento del gas di Al Gamil) che ENI già possiede e che permetteranno di “mettere in produzione” questo gas in tempi brevi. Claudio Descalzi, amministratore delegato del Gruppo ENI, ha indicato il 2018 come l’anno in cui il gas dei nuovi giacimenti potrà essere utilizzato per iniziare a soddisfare la domanda interna egiziana. L’entusiasmo della scoperta è inoltre rafforzato dalla convinzione della presenza di un’ulteriore riserva di petrolio o condensati sotto il giacimento già individuato.

Come cambia la situazione in termini di approvvigionamento energetico, soprattutto per l’Egitto? Questo è un punto ancora da definire. Sicuramente, da alcuni anni, l’Egitto si era trasformato da paese esportatore ad importatore di gas naturale, con la conseguente necessità di rivolgersi ad altri Stati vicini, tra cui Israele. Alla luce di questo nuovo giacimento, la velocità dei contatti avviati con Israele per la fornitura di gas naturale dai bacini del Tamar e del Leviatan potrebbe subire un sensibile rallentamento.

L’Egitto potrebbe essere infatti in grado di sviluppare pienamente le proprie risorse di gas ed essere totalmente indipendente entro il 2020, target ambizioso ma realizzabile. Senza una previsione precisa della messa in produzione del gas proveniente dal giacimento Zohr, il governo egiziano dovrà individuare nel frattempo valide alternative. Inoltre la strategia di ENI di rafforzare la sua posizione nella parte orientale del Mediterraneo attraverso esplorazioni anche a Cipro potrebbe indebolire drasticamente la capacità di Israele come paese fornitore di gas naturale per l’Egitto.

Quindi esportare gas dal bacino Leviatan sarà, per Israele, dipendente dall’effettiva capacità egiziana di rendersi autosufficiente. Se probabilmente, nel breve periodo, Israele potrà ancora giocare un ruolo rilevante, facendo anche leva su alcuni accordi già firmati con il governo egiziano, nel lungo termine invece, se le stime saranno confermate, il gas da Zohr potrebbe soddisfare completamente la domanda interna, senza lasciare spazio al gas israeliano.
Se da un lato si intravedono nuovi scenari politici e commerciali nell’area mediterranea, dall’altro non deve essere sottovalutata la possibilità che il gas proveniente da Zohr possa rifornire direttamente anche l’Italia e quindi, di riflesso, rappresentare un flusso “stabile e sicuro” di approvvigionamento per l’Europa.

Ovviamente, tale contesto potrebbe trovare effettiva realizzazione nel medio termine, e sembra difficile fare una previsione prima che Eni definisca il piano strategico per l’utilizzo del nuovo giacimento. Inoltre, non esiste un gasdotto tra l’Italia e l’Egitto che possa agevolare il trasporto di gas naturale. Un’alternativa potrebbe essere quindi l’utilizzo del gasdotto Greenstream, che collega l’Italia alla Libia, dove l’Eni conferma la sua storica presenza con una produzione giornaliera di circa 300 mila barili di petrolio.

Il Greenstream trasporta circa il 10% del gas naturale che si consuma in Italia, è lungo 520 km e si snoda nella zona di Mellitah (dove recentemente sono stati rapiti quattro italiani, dipendenti della società Bonatti) per poi giungere in Sicilia a Gela. Tuttavia, attraversa zone molto sensibili del territorio libico, soggette alla costante minaccia jihadista. A seguito della caduta del regime di Gheddafi, e dopo l’inizio della guerra in Libia, i numeri riportano una netta diminuzione di circa il 50% del trasporto di gas tramite il Greenstream e un blocco dello stesso gasdotto libico in due occasioni.

La situazione attuale in Libia è quindi molto problematica, con elevati rischi di sicurezza sia per il personale impiegato in loco sia per le infrastrutture energetiche di interesse nazionale. Nel contesto attuale sembra quindi difficile trasportare in Libia il gas proveniente da Zohr ed utilizzare il Greenstream per velocizzare il flusso verso l’Italia. Ecco perché sembra opportuno soffermarsi sui dati concreti derivanti dalla situazione attuale.

L’ENI godrà di indiscutibili benefit tramite la piena ownership del giacimento, e potrà concentrarsi maggiormente sugli investimenti nel campo dell’esplorazione convenzionale, i cui risultati sembrano indiscutibili, al contrario di molti altri competitor internazionali che hanno preferito intraprendere costose esplorazioni per la ricerca di shale gas. Da non dimenticare infatti, che questa scelta ha condotto ENI alla scoperta di un altro importante giacimento in Mozambico nel 2013. Inoltre non può essere esclusa la possibilità di coinvolgere un partner per attuare un piano di grandi investimenti per il pieno sfruttamento dello giacimento di Zohr.

L’Egitto, invece, dovrà trovare valide forniture di gas nell’attesa che il gas da Zohr possa essere messo in produzione, e con molta probabilità Russia e Algeria saranno sempre i maggiori fornitori di riferimento. Se le previsioni saranno confermate, l’Egitto potrà contare sul “suo” gas a partire dal 2020: questo, oltre a contribuire alla stabilità economica e politica del Paese, potrebbe influenzare, speriamo positivamente, anche la situazione in Libia.