Preferire la fede alla scienza è stupido? No, è umano
L’uomo è l’unico animale sulla Terra in grado di porsi domande che si possono, semplificando molto la questione, definire “esistenziali”. Le risposte, sempre più complicate da trovare nella scienza, spesso arrivano dalla fede: in passato era quella religiosa, oggi è quella nel “naturale” a tutti i costi.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa ci aveva visto bene con la famosa frase del suo Gattopardo: i medesimi fenomeni si possono ripresentare nella storia dell’umanità soltanto cambiando apparenza.
E qual è il più ricorrente dei fenomeni umani? A mio avviso, la fede. L’uomo è strutturalmente incline alla fede, perché il suo istinto più forte è quello di porsi domande incondizionatamente: qualche gene, qualche decina di migliaia di anni fa, ha aperto il rubinetto della proliferazione e dell’interconnessione neuronale, così ci siamo ritrovati con una corteccia cerebrale abnorme che produce costantemente quesiti.
Perché piove? Perché gli oggetti cadono verso il basso? Perché ci si ammala? Perché si muore? Perché si ama? Perché ho fame? Nessun altro animale, a quanto pare, si pone certi quesiti, ma soprattutto nessun altro animale ne parla coi suoi simili o cerca di tramandare le sue riflessioni per rispondere ai quesiti. Noi invece sì. Questo ci ha permesso di fare qualcosa di straordinario: abbiamo inventato il progresso. Un’emancipazione progressiva dalle leggi della natura e dal caso, per mezzo del complesso delle risposte date e delle loro applicazioni pratiche. La scienza e la tecnica.
Sono passati tanti anni, ne abbiamo fatte di cotte e di crude e nel complesso abbiamo certamente migliorato la qualità della vita media della nostra specie, anche se qualche filosofo convinto che si stesse meglio quando si stava peggio si ostina a puntare il dito contro la fantomatica “tecnoscienza”.
Il motivo è presto detto: le domande sono sempre di più delle risposte, ma lo spirito umano resta insaziabile. Alle domande cui non siamo in grado di rispondere vogliamo comunque dare una risposta, persino nei casi estremi in cui intuiamo che una risposta sensata non può nemmeno esistere, indipendentemente dalle nostre capacità.
Ancora più spinosi sono quei casi in cui una risposta sensata c’è, magari un po’ difficile da capire, ma la respingiamo comunque. Non perché non possiamo capirla, bensì perché si scontra con le nostre aspirazioni, le nostre speranze o le nostre paure. Se state sogghignando alla faccia della vostra amica che crede agli oroscopi o del vostro amico che è convinto che l’Homo sapiens sia frutto di un esperimento di ingegneria genetica tra gli alieni Annunaki e gli scimpanzé, vi invito a sostituire per un attimo il vostro “bisogna esser creduloni” con un più critico “basta essere umani”.
Tanto per tirare in ballo uno qualsiasi, Albert Einstein - ovvero lo scienziato più citato a sproposito dell’era dei social network - era fortemente restio ad accettare determinati concetti di fisica quantistica oggi universalmente acclamati. Nessuno può ancora dire se le sue intuizioni fossero totalmente sbagliate - anche se per ora pare stia “vincendo” il fronte opposto - ma quel che è certo è che alla base della sua diffidenza c’era un sistema di credenze. “Dio non gioca a dadi” si divertiva a dire, pur essendo del tutto agnostico, intendendo evidentemente che la sua fosse una fede incondizionata nel fatto che l’universo dovesse corrispondere a certe modalità naturali della mente umana. Il fatto che una certa parte della meccanica quantistica descrivesse un universo in cui succedevano cose paradossali lo turbava.
Si può forse affermare, dunque, che la fede è un problema di soglia: continua a farti domande e prima o poi dovrai aprire le braccia o congiungere le mani. Il fatto curioso da notare è che, proprio nel secolo in cui la tendenza diffusa è quella di eliminare Dio dai propri presupposti, la soglia di fede si sia abbassata invece che alzarsi. Nel vuoto di una fede spuntano come funghi, e proliferano, altre fedi più piccole: è tutto un credere. Si crede alla cura per il cancro scoperta e trafugata, alla dieta crudista, alcalina o paleolitica, al complotto per cui non siamo mai andati sulla luna, all’oroscopo, alle doti curative e alla supremazia di tutto ciò che è “naturale”.
Possiamo trarre, dall’esame di questi fenomeni, una linea guida: nessuna fede può essere eliminata senza conseguenze. Può solo essere sostituita da una somma di fedi minori, o da una conoscenza di ordine maggiore. E qui c’è l’inghippo: la conoscenza necessaria a sostituire una fede è di diversi ordini di grandezza superiore alla fede stessa. Il che significa che richiede uno sforzo intellettuale estremamente superiore.
INDICE Settembre/Ottobre 2015
Editoriale
Monografica
- Eurozona, indietro non si torna
- Tocqueville e gli eurofagi. Intervista a Mario Monti
- Tra concorrenza e armonizzazione fiscale. Un parere amerikano sulla sovranità
- L'unione bancaria, prima di tutto
- Salvare i lavoratori, non gli Stati: la strada verso un welfare federale
- Niente Eurobond senza fiscal compact, e viceversa. La lezione tedesca
- In Europa è tornata la guerra. Si combatte, per ora, a Bruxelles
- Perché occorrerebbe un nuovo Manifesto di Ventotene
- Lo spazio giuridico europeo alla prova dell’emergenza rifugiati
- Difesa europea: è l’inizio di un compromesso?
Istituzioni ed economia
- Europa e Russia, la Cortina di Ferro è tornata
- Meglio plurale che integrata? Le ragioni contrarian di un euroscetticismo liberale
- Il futuro della Cina? Riguarda tutto il mondo