Editoriale
Bisogna evitare di trarre la morale politica degli scandali Expo e Mose dalla mole di chiamate di correo, autoaccuse e autodiscolpe che affollano le cronache - la solita notte nera della corruzione italiana, in cui tutti i politici sono neri, al di là della diversa, o perfino inesistente, posizione giudiziaria. La morale della favola non sta comunque lì e neppure nella cosiddetta "verità" che i giudici sono chiamati ad accertare, che è la più controversa, la meno anticipabile e la meno servibile - anche se in Italia si ritiene il contrario - per un giudizio di responsabilità politica.
Leggi tutto...Il risultato ottenuto da Renzi alle europee non è stato affatto contraddetto dall’esito dei ballottaggi, che hanno complessivamente confermato l’affermazione del “nuovo” PD anche laddove hanno sancito la disfatta del “vecchio” – a Livorno, come a Perugia e a Padova. Renzi vince anche perché il PD perde dove la sinistra era rimasta legata ai codici e alle facce più ostili o estranee al new deal democratico.
Leggi tutto...Non sono state le toghe rosse, non sono stati i comunisti, non è stato lo spread, non Fini, non Monti e nemmeno Angela Merkel. A decretare la fine del centrodestra berlusconiano è stata l’Italia “moderata” che il 25 maggio ha consegnato a Matteo Renzi, e a quella che è stata prontamente ribattezzata Democrazia Renziana, il quaranta per cento dei consensi. L’ex Cavaliere era indebolito anche un anno fa, eppure alla fine era riuscito a impedire il trionfo annunciato del centrosinistra di Bersani. Cos’è cambiato?
Leggi tutto...In un continente profondamente segnato dalla guerra civile "a destra" tra i rappresentanti dell'europeismo mainstrem e i campioni della frustrazione nazionalista, il Cav. ha scelto prevedibilmente di schierarsi con i secondi. Da grande vecchio dell'Europa di Lisbona, quale in fondo è, non ha potuto fare in questa campagna elettorale il primattore della rivolta anti-europea e si è rassegnato a fare il comprimario della performance altrui: neppure, alla Orban, l'alternativa (meno) cattiva alla destra cattivissima, ma la spalla popolar-populista dello sfascismo lepenista, il numero 2 dei numeri 1 dell'euronichilismo.
Leggi tutto...Per fare un leader, ci vuole un partito. La lezione di Renzi al centro-destra
Quando Bersani vinse le primarie per perdere le elezioni politiche e costringere il PD a riavviare rapidamente la macchina congressuale, c'era oggettivamente il rischio che l'allora sindaco di Firenze uscisse bruciato da una prematura promozione a capo in una legislatura sbagliata in sé e sbagliatissima per lui, che in Parlamento aveva contro tutti, compreso il grosso della truppa PD.
Leggi tutto...Ha senz’altro ragione Matteo Renzi nel sottolineare il messaggio riformista che un’Italia stremata dalla crisi e dalle chiacchiere gli ha voluto recapitare domenica nelle urne: cambiare le cose, e alla svelta. Chi interpreta, come Beppe Grillo, il plebiscito renziano come un voto alla conservazione, si sbaglia di grosso. Meno ragionevole è il fatto che il premier corra a spendersi il bonus di credibilità che ritiene di essersi guadagnato di fronte ai partners europei prima ancora di averlo incassato.
Leggi tutto...Le analisi del voto italiano devono riorientarsi rispetto a un quadro assolutamente diverso da quello che tutte le previsioni, anche quelle “scientifiche” delle agenzie demoscopiche, avevano anticipato e i numeri hanno invece brutalmente smentito. Si è ragionato in questi mesi su di uno scenario in cui l’ipotesi del sorpasso dell’antipolitica sulla politica, cioè di Grillo su Renzi, sembrava credibile e perfino probabile. Nessuno (letteralmente nessuno) aveva previsto che lo tsunami a cinque stelle non solo non fosse più voluto, ma iniziasse a essere seriamente temuto anche da molti di quelli che un anno fa gli avevano affidato la rappresentanza del proprio scontento.
Leggi tutto...Da lunedì avremo la conferma di quel che le scorse elezioni politiche avevano già suggerito: la democrazia italiana è ormai paralizzata, il bipolarismo si è frantumato, il voto anti-sistema si è strutturato e i governi di larghe intese rischiano di diventare la norma. A differenza dei suoi principali avversari elettorali, Matteo Renzi è investito della responsabilità di governare e ciò lo costringe su un sentiero molto stretto: da un lato, lavorare ovviamente perché il PD abbia il più ampio consenso possibile; dall'altro, sperare che le forze minori della maggioranza parlamentare raccolgano un risultato percentuale sufficiente a irrobustire la coalizione di governo "europeista".
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