Le Pen in Francia è al 25%, in Italia al 27%
Editoriale
In un continente profondamente segnato dalla guerra civile "a destra" tra i rappresentanti dell'europeismo mainstrem e i campioni della frustrazione nazionalista, il Cav. ha scelto prevedibilmente di schierarsi con i secondi. Da grande vecchio dell'Europa di Lisbona, quale in fondo è, non ha potuto fare in questa campagna elettorale il primattore della rivolta anti-europea e si è rassegnato a fare il comprimario della performance altrui: neppure, alla Orban, l'alternativa (meno) cattiva alla destra cattivissima, ma la spalla popolar-populista dello sfascismo lepenista, il numero 2 dei numeri 1 dell'euronichilismo.
Nel giorno in cui l'asse tra Salvini e Le Pen si salda a Bruxelles, il Cav. rinsalda l'alleanza con la Lega e l'allineamento ideologico dei forzisti al vittimismo protestatario – un po' nazionalista e un po' localista – delle destre antagoniste europee. Così, se le forze con targa di centro-destra, compreso l'Ncd, possono dire di essere uscite dalle europee malconce, ma non azzerate (hanno raccolto circa un terzo dei voti), ad uscire annullata dal voto è la consistenza politica di un'area dispersa e radicalizzata, a cui è rimasto appiccicato il consenso peggiore – quello estremista e clientelare – mentre se ne andava quello migliore, più sensibile ai modelli del liberal-conservatorismo "tradizionale", che in Italia di fatto non ha più rappresentanza. Le Pen in Francia ha superato il 25%, in Italia, sommando i voti di FI, Lega e FdI, ha quasi toccato il 27%.
Se Berlusconi, che promette l'ennesima resurrezione, fosse un giocatore razionale e patriottico – e più attento ai comprensibili conflitti di interesse della sua ditta economico-politica che ai devastanti conflitti psicologici, cui lo mette dinanzi il declino della sua leadership – oggi dovrebbe fare più o meno il contrario di quello che fa. Lasciar spazio, fare il vuoto, non ingombrare con il proprio fantasma un campo politico elettorale, di cui non si è ristretto il potenziale maggioritario (i fondamentali sociali continuano a contare nelle dinamiche elettorali), ma che rimarrà disertato dagli elettori "normali" finché qualcuno, che non abbia sulle spalle le contraddizioni di questo ventennio, non si farà carico della spettacolare anomalia del presente.