Dopo 27 anni di indipendenza, dice Linas Antanas Linkevičius, la Lituania di fronte alle minacce russe ribadisce il proprio ancoraggio alla Nato e all’Ue, rilancia l’unione energetica per diversificare gli approvvigionamenti e ridurre il potere di ricatto del Cremlino e difende le sanzioni contro Mosca, che pure hanno colpito duramente anche l’economia lituana. E a proposito dell’Ucraina ricorda che 'Kiev è l’unica capitale in Europa in cui la gente è morta stringendo la bandiera europea'.

Magni Vilnius

In Lituania non c’è spazio per le mezze misure, l’appeasement e i mezzi toni, quando si parla di Russia. Il piccolo paese baltico si trova sulla prima linea della nuova guerra fredda. Fra Trump (“La Nato è obsoleta”) e tanti nuovi partiti filo-russi che crescono in Europa, quale futuro l’attende? Ne parliamo con Linas Antanas Linkevičius, ministro degli Esteri della Lituania.

Signor ministro, lei ha scritto recentemente che “Le azioni parlano più forte delle parole. Raggiungere il 2% (della spesa militare sul Pil, ndr) è un’altra prova dell’impegno della Lituania nella Nato”. Lei pensa che la nuova amministrazione Usa possa apprezzare il vostro impegno?
Non ne dubito, ma non si tratta di una decisione statunitense. Noi abbiamo deciso in modo autonomo. È una misura discussa da molti anni e ora abbiamo raggiunto un accordo con tutti i partiti politici. Questo accordo è sostenibile, la spesa militare sta crescendo più degli altri settori del bilancio. In confronto all’anno scorso, è aumentata di un terzo. Così potremo raggiungere la soglia del 2% sul Pil entro l’anno prossimo.

La Lituania sta introducendo di nuovo il servizio militare obbligatorio. Un esercito di leva sarà più efficace di uno professionale?
Pensiamo di sì, coerentemente con le nostre capacità. Avevamo il servizio militare obbligatorio fino a non molto tempo fa, poi era stato abolito. Pensiamo che il servizio militare sia un dovere di tutti i cittadini e che sia un contributo allo sforzo nazionale per la nostra sicurezza e difesa. Anche questa misura è stata approvata da tutti i partiti politici in parlamento.

Lei ha incontrato recentemente anche il nuovo segretario di Stato statunitense Rex Tillerson. Era stato decorato in Russia con l’Ordine dell’Amicizia. Lei pensa che sia sinceramente impegnato nella difesa della Nato?
Penso che lo sia, realmente. Abbiamo avuto incontri molto positivi, non solo con il segretario Tillerson, ma anche con altri membri della nuova amministrazione Usa, con il consigliere per la Sicurezza McMaster e con i leader del Congresso. Tillerson ha molta esperienza nel mondo del grande business, specialmente nel settore energetico. Conosce bene la Russia. E tutto ciò è un dato positivo. Quando ci siamo incontrati abbiamo parlato di ciò che riguarda la sicurezza della NATO. La richiesta dell’amministrazione Trump è che anche noi facciamo la nostra parte, aumentando la spesa militare. Tutti i governi europei dovrebbero allinearsi a questo livello di spesa, considerando che gli Usa stanno coprendo il 70% circa dell’intero costo dell’Alleanza. Sicché si è discusso soprattutto delle spese per la difesa, ma non solo. Abbiamo parlato del rispetto dell’Articolo 5 (mutua difesa, ndr), della lotta al Daesh (o Isis, che dir si voglia), della sicurezza informatica. In tutti i casi abbiamo dialogato come fra persone con idee affini.

La Lituania è indipendente da 27 anni. Altri paesi dell’ex Unione Sovietica, tuttavia, stanno ancora lottando per ottenere una piena libertà e indipendenza, come nel caso dell’Ucraina. Cosa dovrebbe fare l’Unione Europea?
Tutto quel che dobbiamo fare per aiutare questi paesi è applicare quei diritti che sono scritti in così tanti documenti europei, non da ultimo l’Atto Finale. I paesi in cui viviamo hanno il diritto di scegliere il loro futuro, i loro alleati, la possibilità di far parte o meno di unioni sovranazionali. Nessuno ha il diritto di scegliere al posto loro. Se siamo veramente fedeli ai valori che esprimiamo ufficialmente, dobbiamo anche difenderli. So che è difficile, che abbiamo anche tanti problemi interni. Ma, per quanto riguarda l’Ucraina, non dobbiamo dimenticare che Kiev è l’unica capitale in Europa in cui la gente è morta stringendo la bandiera europea. Perché esprimeva la loro libera scelta. Li dovremmo sostenere, dovremmo stare dalla parte di chi cerca di fare progressi. Ovviamente non siamo noi a dover riformare l’Ucraina, ma dovremmo essere più attivi, non rimanere nel ruolo di meri osservatori. Dovremmo aiutarli finanziariamente e dar loro assistenza tecnica. Per quanto riguarda la loro sicurezza, dovremmo fare di più, visto che al momento la situazione non è migliorata. Anzi… sta addirittura peggiorando.

Il nazionalismo sta tornando in auge in tutta l’Europa. Perché, a suo avviso?
Credo che sia un allarme, molto serio, per tutti i governi e per le cosiddette “élites”, perché si è allargata troppo la distanza fra loro e i loro popoli. I governi non stanno dedicando abbastanza tempo a spiegare ai loro elettori cosa stanno facendo. Così le persone decidono di impulso, guidate dall’emozione più che dal ragionamento. E, in assenza di una forte leadership, le emozioni viaggiano verso concetti estremi come il nazionalismo. Questo processo rischia veramente di distruggere tutto ciò che abbiamo costruito nei decenni. L’Unione Europea stessa è in pericolo.

Anche la Polonia ha svoltato a destra. Questo può compromettere la sicurezza nel Baltico?
La Polonia è un vicino molto importante per noi. Speriamo che Varsavia possa risolvere tutti i fraintendimenti con le istituzioni europee. Perché pensiamo che il ruolo della Polonia sia potenzialmente determinante per gli equilibri della nostra regione, nonché per la sicurezza della Nato. Per questo stiamo mantenendo un atteggiamento molto pragmatico con il nostro vicino.

La Russia di Putin è considerata un pericolo in Lituania, ma non in Italia, stando ai sondaggi. Se dovesse spiegare a un italiano che Putin è un pericolo, che argomenti userebbe?
Penso che, per motivi psicologici, la gente si renda conto di un problema solo quando questo diventa tangibile. Vivere in una zona sicura, talvolta, crea l’illusione che nel mondo non possa accadere più nulla di pericoloso. Si tratta solo di un’illusione, appunto, perché vediamo un paese, membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che viola i confini nazionali ancora nel XXI Secolo. Che annette territori dei paesi vicini, come è avvenuto in Georgia nel 2008 con l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia e ora in Ucraina con la Crimea. Stiamo assistendo all’aggressione militare nelle regioni dell’Ucraina orientale, oltre a numerosi conflitti congelati, come quello in Moldova.

Gli imprenditori italiani accusano gravi perdite causate dalle sanzioni alla Russia. Quanto sta soffrendo la Lituania?
Conosciamo bene il rischio, perché viviamo proprio accanto alla Russia. Abbiamo già sperimentato la durezza delle sanzioni sin dai primi anni della nostra indipendenza. Le nostre esportazioni con la Russia sono calate del 40%. Per compensare le perdite, il nostro mercato si è dovuto riorientare verso altre destinazioni, verso gli Usa, i paesi dell’Unione Europea, il Giappone, la Cina, anche l’Arabia Saudita. Ma sappiamo anche che l’economia della Russia sta diventando più fragile a causa delle stesse sanzioni. Sappiamo che esse costituiscono una leva per cambiare il comportamento della Russia. Dobbiamo inevitabilmente prolungarle, finché la situazione non sarà cambiata, come abbiamo deciso collettivamente non molto tempo fa.

L’Ue, però, discute anche su progetti con la Russia, come Nord Stream 2. La fame di energia è superiore alla preoccupazione per la sicurezza comune?
Dobbiamo stabilire le nostre priorità coerentemente con i nostri principi, uno dei quali è l’unione energetica, per esempio. Noi accettiamo quei principi, ma poi non li applichiamo nella pratica. Un progetto come quello di Nord Stream, infatti, non è solo strettamente commerciale, implica anche una serie di problemi legali e politici. Guardando la mappa, si può constatare che i gasdotti russi penalizzano l’Ucraina, tagliandola fuori dalle rotte energetiche. Il Nord Stream non è ancora pienamente sfruttato e la sua seconda branca aumenterà la dipendenza dell’Europa occidentale da un singolo fornitore. Eppure avevamo deciso, in materia di sicurezza energetica, di diversificare le fonti.

L’ingerenza della Russia di Putin nella politica europea è ormai evidente, con l’uso sistematico delle fake news. Come fare a combattere questa nuova forma di propaganda senza compromettere la nostra libertà di espressione?
Una menzogna non è mai “un punto di vista alternativo”. La libertà di espressione è un principio fondamentale che dobbiamo rispettare e non possiamo violare. Ma la menzogna deliberata e la diffusione di disinformazione sono l’opposto della libertà. È un’arma in una guerra di informazione. Dobbiamo riconsiderare il nostro approccio, adottare contromisure e lanciare la nostra campagna di informazione. Non sto parlando di “propaganda europea”, ma di rendere più assertiva la nostra informazione. Non è in discussione, ripeto, la libertà di espressione: quella contro cui combattiamo è un’offensiva. Ed è un’offensiva molto ben finanziata. È una minaccia ibrida.