Si scrive CRISPR, si legge "crisper". Stiamo parlando della più grande innovazione biotech dai tempi della PCR, la tecnica per amplificare gli acidi nucleici inventata negli anni 80 dall'eclettico Kary Mullis. Promette di rivoluzionare tutti i settori in cui troverà applicazione, dalla medicina all’agricoltura, e secondo alcuni commentatori sarebbe talmente potente che l'unico limite concreto al suo utilizzo sarà la creatività dei ricercatori.

Colaiacovo DNA

Nel campo delle biotecnologie le invenzioni vere e proprie sono rare: più spesso il genio umano si limita a studiare, comprendere e sfruttare ciò che la natura stessa ha già plasmato in milioni di anni di evoluzione. Non fa eccezione CRISPR, ispirata a un processo biologico, presente in moltissimi batteri, che svolge una funzione molto simile a quella del nostro sistema immunitario.

Questi batteri, infatti, si difendono dai virus custodendo nel proprio genoma le tracce delle infezioni subite in passato, sotto forma di sequenze di DNA virale affiancate da ripetizioni palindromiche: sono i cosiddetti "Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats", da cui l'acronimo CRISPR. Una volta archiviato il DNA di un virus in questo grande database genetico, i batteri dotati di sistema CRISPR sono in un certo senso vaccinati: ad ogni successiva infezione, infatti, la cellula batterica sarà in grado di eliminare il DNA virale dell'invasore usando come guida le sequenze CRISPR memorizzate nel proprio genoma.

Tutto questo è possibile grazie all’azione di una particolare famiglia di proteine batteriche denominate Cas. Alcune di queste servono ad acquisire la sequenza di DNA di un nuovo virus: sono queste proteine che aggiornano il database, aggiungendo le nuove sequenze virali. Altre proteine Cas si attivano invece durante le infezioni successive, e hanno il compito di trascrivere e processare l’archivio delle sequenze note, producendo un frammento di RNA che la cellula userà come guida per localizzare e distruggere il DNA dell’invasore. A farsi carico di quest’ultimo decisivo passaggio sono altre proteine Cas, che portano con sé l’RNA guida e, agendo come delle forbici molecolari, tagliano il DNA virale neutralizzandolo. Per quanto riguarda le possibili applicazioni biotecnologiche, quindi, gli elementi fondamentali di questo sofisticato sistema di difesa sono essenzialmente due: la bussola (cioè il frammento guida di RNA) e le forbici molecolari (la proteina Cas che esegue il taglio).

Come racconta la giornalista Anna Meldolesi nel suo libro “E l’uomo creò l’uomo” (Bollati Boringhieri), l'idea di sfruttare questo raffinato meccanismo per applicazioni biotech è venuta a tre scienziati che oggi si contendono brevetti e che un domani si contenderanno quasi certamente un premio Nobel: sono l'americana Jennifer Doudna, la francese Emmanuelle Charpentier e il cinese Feng Zhang. Sono state le due donne a pubblicare per prime, nel 2012, la loro intuizione sulla rivista Science, ma è stato il ricercatore del MIT a lavorare per primo su cellule umane. In realtà, un ruolo decisivo lo ha avuto anche il genetista George Church, famoso per avere messo online il suo genoma, ma per qualche motivo il suo contributo è rimasto in secondo piano. L'idea è straordinaria nella sua semplicità: fornendo la giusta sequenza guida da usare come bussola, è possibile sfruttare le forbici molecolari per intervenire chirurgicamente in posizioni del genoma prefissate, introducendo nuove sequenze, modificando singole lettere o semplicemente disattivando il gene bersaglio.

La caratteristica peculiare di CRISPR, che la distingue dalle vecchie tecniche di ingegneria genetica e che la rende tanto interessante agli occhi dei ricercatori di tutto il mondo, è proprio la sua capacità di indirizzare le modifiche genetiche in modo controllato in punti precisi del genoma, e in più posizioni contemporaneamente. Tutta un'altra storia rispetto agli OGM tradizionali, nei quali questo controllo così raffinato non è possibile: in quel caso ci si limita a inserire un gene sperando che questo vada a integrarsi nel punto giusto, e non è per niente scontato che questo accada. A volte finisce in regioni silenti, dove il nostro gene non verrà mai espresso, altre volte si integra nel bel mezzo di un altro gene essenziale per la cellula. Con CRISPR questa possibilità è esclusa, almeno a livello teorico. È addirittura possibile controllare l'attività del gene inserito, ad esempio somministrando una particolare molecola o persino attraverso segnali luminosi (optogenetica). Non è neppure necessario trasferire un gene intero, anzi, molto spesso è sufficiente correggere una lettera di un gene esistente per ottenere gli effetti desiderati.

CRISPR è l’esponente più illustre di una famiglia di tecnologie che va sotto il nome di “genome editing”, un’espressione difficilmente traducibile in italiano, ma il cui significato è chiarissimo a scrittori e giornalisti. Stiamo parlando di modifiche mirate e puntuali, piccole correzioni che rendono un testo più scorrevole ed efficace: tutto sommato, l’analogia è funzionale a descrivere le nuove tecniche di ingegneria genetica. Tra queste, CRISPR è l’unica che consente di modificare più punti del genoma usando la stessa proteina e cambiando semplicemente i frammenti guida: altre tecniche, come le zinc finger protein o la TALEN, possono essere anche più precise e maneggevoli, ma richiedono una proteina diversa per ogni bersaglio che si vuole colpire.

Le applicazioni di una tecnica tanto potente sono praticamente infinite. Alcuni sognano di debellare le malattie genetiche correggendo uno per uno i difetti genetici responsabili delle patologie, anche se per questo sarebbe sufficiente una efficace diagnosi preimpianto nelle procedure di fecondazione assistita. Altri credono che CRISPR possa dare nuova linfa alla terapia genica, una pratica su cui in passato si è puntato con entusiasmo e che oggi cerca di riguadagnare la scena dopo alcuni insuccessi. In Cina hanno già ottenuto i primi embrioni umani "crispizzati", ed è quasi superfluo sottolineare l'utilità di questa tecnica nella ricerca di base: CRISPR offre agli scienziati la possibilità di disattivare a piacimento qualsiasi gene, permettendo così di conoscerne in modo preciso la funzione.

Ma è nel campo delle biotecnologie vegetali che CRISPR potrebbe avere l'impatto più dirompente. A differenza degli OGM, nei confronti dei quali il pubblico europeo ha sempre opposto un fermo rifiuto, l’editing genomico può ancora trovare il suo spazio nella ricerca e nella produzione agricola del vecchio continente. La normativa europea attuale, infatti, non stabilisce in modo chiaro se eventuali nuovi prodotti sviluppati con CRISPR siano o meno da considerarsi OGM. Nel caso delle modifiche puntuali a una singola lettera del DNA, in particolare, potrebbe venire meno la definizione stessa di organismo geneticamente modificato, dal momento che nessun nuovo gene viene di fatto trasferito.

Per la direttiva 2001/18/CE, un organismo geneticamente modificato è “un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l'accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale”. La direttiva cita esplicitamente le tecniche che si ritiene producano OGM e quelle che invece non lo fanno: tra le prime ci sono le vecchie tecniche di ingegneria genetica, tra le seconde la mutagenesi indotta da radiazioni. È una classificazione chiaramente arbitraria, basata più su ragioni storiche (la mutagenesi risale agli anni 20) che su presupposti scientifici. L’editing del genoma - essendo molto recente - non appare né nel primo né nel secondo elenco, e potrà essere assegnato all’una o all’altra categoria solo quando la Corte di Giustizia Europea deciderà in che modo debba essere interpretata la normativa.

Se l'Unione Europea deciderà di bloccare anche queste applicazioni, si verificherà un interessante paradosso: da un lato le varietà crispizzate saranno vietate, dall'altro non sarà possibile identificarle, dal momento che la mutazione puntiforme introdotta potrebbe essersi generata naturalmente, per puro caso, nel campo di un agricoltore. In attesa di conoscere l’interpretazione della Corte, che arriverà presumibilmente non prima del 2018, proseguono a ritmo serrato le discussioni e i dibattiti nei parlamenti degli Stati Membri: Svezia e Finlandia vedono grandi opportunità di sviluppo nelle nuove tecnologie e vorrebbero escluderle dalla rigida normativa sugli OGM, mentre Francia e Germania non hanno ancora una posizione precisa e attendono la decisione della Corte.

Per quanto riguarda il nostro Paese, constatiamo una certa apertura da parte del ministro Maurizio Martina, che ha presentato il genome editing come una delle biotecnologie sostenibili su cui il nostro Paese dovrà investire nei prossimi anni. In direzione opposta va invece il Movimento 5 Stelle, per il quale le nuove tecniche sono di fatto assimilabili agli OGM e come tali dovrebbero essere regolamentate.