popper grande

In un’intervista al Corriere della Sera il ministro Boccia ha dichiarato di volere dagli scienziati verità indiscutibili sul coronavirus, ad esempio sulla immunizzazione dei guariti; altrimenti, egli sostiene, come potrebbero i poveri politici essere messi in condizione di prendere delle decisioni in questo tribolato contesto pandemico?

Il Ministro sembra dipingere una comunità scientifica inconcludente e quasi discola: “senza polemiche” la comunità scientifica deve darci “certezze inconfutabili” e non “tre o quattro opzioni per ogni tema”: eh insomma! È effettivamente ironico come il ministro usi un preciso termine: “inconfutabili” per le certezze che reclama dagli scienziati e ci viene da chiederci se il ministro non abbia mai sentito parlare di epistemologia, di filosofia della scienza e, soprattutto, se non abbia mai letto Karl Popper.

Premesso che, considerata la sua carriera accademica, è molto probabile che lo abbia fatto (il che non significa che l’abbia capito) vorremmo comunque rammentargli che, nella definizione di scientificità individuata dal filosofo austriaco, unicamente le teorie “confutabili” sono scientifiche. “Nessuna teoria può dirci qualcosa del mondo empirico a meno che non sia, in linea di principio, in grado di entrare in conflitto con esso. E ciò significa precisamente che deve essere confutabile”. Chiedere alla scienza “certezze inconfutabili” è, dunque, un controsenso.

Il principio di autorità nella scienza è stato ormai, per fortuna, abbandonato: il ministro non può lamentarsi che attualmente esistano “tre o quattro opzioni per ogni tema”, perché è “naturale” e soprattutto scientifico che i ricercatori stiano procedendo a formulare diverse ipotesi sui meccanismi di questo nuovo virus, ipotesi che non possono essere inconfutabili, ma che, al contrario, sono falsificabili, poiché attendono il vaglio dei fatti, che non hanno ancora avuto il tempo di falsificarle o validarle. Abbiamo conoscenza del virus da meno di quattro mesi, i dati raccolti sono limitati ed è normale che le ipotesi meno verificabili non siano ancora state confutate.

Tuttavia, dovremmo forse preoccuparci delle parole di Boccia: sembra che un Governo allo sbando più totale, dopo aver eretto gli scienziati a totem divinatori, cerchi di scaricare i propri fallimenti sulle “inadempienze” della scienza. Ci sono attualmente oltre 200 “esperti” in varie materie che lavorano per il governo in diverse “task force” e, nonostante questa disposizione di forze, non è stato concluso (o almeno non è stato reso pubblico) quasi nulla sulla programmazione della cosiddetta “ripartenza” dopo il lockdown.

Popper stesso verso la fine della sua vita criticava il riemergere un’erronea teoria della scienza, quale “teoria che si esprime in termini di esperti, specializzazioni ed autorità”. Le considerazioni recenti di molti politici (ma anche di molti non politici) sono in totale contrasto con una moderna teoria della scienza, basata sul fallibilismo e sulla falsificazione, come intesa, al contrario, dal filosofo austriaco; essi non fanno che parteggiare per i propri virologi o epidemiologi “preferiti” , denigrando tutti gli altri scienziati come dei meri incompetenti e pretendendo l’indicazione della strada da percorrere, come se il compito della politica fosse quello di “attuare” le verità della scienza.

Nell’intervista di Boccia constatiamo l’abdicazione totale della politica, l’inerzia giustificata dalla mancanza di abbastanza “certezze inconfutabili” e scientifiche per poter agire. Ma la scienza non può dire se il modello cinese sia migliore di quello taiwanese, di quello coreano, o di quello tedesco: questo lo deve decidere e valutare la politica. La scienza non può decidere al posto del ministro Boccia e del suo governo di avviare metodi di tracciamento e di identificazione di tutti gli infettati, né la scienza può individuare le strutture in cui mettere in isolamento i malati perché non si continui a propagare il contagio attraverso cluster famigliari. Tutte queste operazioni, tutte queste responsabilità, tutte queste decisioni ricadono sulla politica, in questo momento soprattutto sull’esecutivo che non può cercare di alienarsi dai propri doveri, dalle proprie incombenze, richiamandosi a un principio di autorità altro e distinto, da cui aspetta notizie per rimediare all’inazione. “È impossibile dedurre una asserzione che enuncia una norma o una decisione ovvero una proposta per una politica da una asserzione che enuncia un fatto; il che equivale a dire che è impossibile dedurre norme o decisioni o proposte da fatti”, sosteneva Popper.

Se ad esempio una teoria scientifica – razionale, ma non, come detto, inconfutabile – oggi ipotizzasse che gli effetti sulla mortalità della popolazione di qui a dieci anni, a causa del prolungamento di due mesi del lockdown, comporterebbe, per le conseguenze correlate al crollo del Pil e del gettito, il sacrificio di un numero di bambini uguale o superiore a quello degli ultrasettantenni salvati dalle attuali misure restrittive, su che base dovrebbe decidere la politica? La verifica di una teoria scientifica, mai inconfutabile (neppure nel campo delle scienze esatte e a maggior ragione nel campo delle scienze sociali), non può diventare immediatamente una decisione politica.

Naturalmente l’aiuto che le evidenze fornite dalla scienza danno in situazioni come quella che stiamo affrontando oggi è preziosissimo, tuttavia esse non potranno mai fornire strategie d’azione deterministiche: è compito della politica fare il bilancio della situazione e considerare una strategia complessiva d’azione, tenendo conto delle risorse disponibili e delle compatibilità sociali e culturali della decisione.

Nella storia dell’umanità sono state gestite epidemie con evidenze e strumenti scientifici molto meno completi e molto meno evoluti. I politici, con i dati a loro disposizioni hanno dovuto gestire, ad esempio, l’epidemia di spagnola, prendendo decisioni politiche (che talvolta si sono rivelate sbagliate e talvolta lungimiranti), assumendosi la responsabilità dei loro piani. Boccia, oltre a nascondersi dietro un alibi, sta, con la sua richiesta di “certezze inconfutabili”, evocando gli sciamani perché si leggano le rune o gli aruspici perché si analizzino le viscere. La scienza non può dare certezze inconfutabili, né può indicare decisioni politiche d’azione da prendere, tuttavia la magia e la pseudoscienza possono benissimo confortare la richiesta di deresponsabilizzazione della politica che Boccia sembra auspicare. Le rune indicheranno il da farsi, senza spiegarne motivi o ragioni, e il governo sarà esentato dall’inconcepibile fardello della libertà e della responsabilità, fardello che, invece, non può che gravare sulla classe politica a fronte di un discorso razionale sulla scienza.

Il ministro Boccia tratta la scienza come se essa fosse magia, religione o pseudoscienza, forse non tanto per ignoranza, quanto per necessità. Traspare una concezione di scienza come chiaroveggenza, come autorità assoluta e onninclusiva. Così anche la scienza diventa un capro espiatorio e l’irresponsabilità politico-amministrativa può essere scusata per la constatazione che la scienza che non fornisce adeguate evidenze, come accade con l’accusa allo sciamano traditore.

In ogni caso, se Conte vorrà continuare a convocare esperti su esperti, gli consigliamo di inserire nella prossima task force qualche epistemologo e qualche filosofo della scienza, perché spieghino ai responsabili dei diversi dicasteri cosa possa la scienza, e cosa la magia e, dunque e soprattutto, a chi appartengano le responsabilità della decisione politica.

@ArikBriscuso