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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sentenziato il 25 Luglio 2018 che un organismo ottenuto a seguito di mutagenesi sito-specifica con la metodica CRISPR/Cas9 è da considerarsi un OGM (BBC news, Nature). E già in questa frase si apre un mondo difficile da riassumere nelle prossime poche righe.

Partiamo dalla definizione di OGM, che, essenzialmente, comprende tutti gli organismi (uomo escluso) ottenuti tramite una tecnica di modificazione genetica. Per esempio se prendo un gene di un batterio e lo metto in una pianta, quest’ultima sarà un OGM, e in particolare transgenica.

È esclusa da questa definizione una metodica come l’incrocio, che porta a molte delle varietà di frutta e verdura che conosciamo (ad esempio il mandarancio), come anche la selezione di mutanti spontanei (ad esempio la carota arancione). Oppure ancora la mutagenesi indotta da radiazioni, che causa modificazioni casuali nel DNA: i mutanti vengono poi selezionati dall’uomo alla ricerca del vincitore di giornata (ad esempio il grano Creso).

Essendo quella degli OGM una definizione più giuridica che scientifica, nei vari Paesi possono esserci delle differenze, come accade tra Stati Uniti e Unione Europea, in cui i primi lasciano la porta abbastanza aperta agli OGM, mentre la seconda solo un poco socchiusa. Detto questo, possiamo sottolineare come l’uomo abbia giocato con il DNA degli esseri viventi da tempo immemore, ma il risultato non ricade nella definizione di OGM: così è perché lo dice la legge, fine dei giochi, a prescindere che lo si possa reputare giusto o sbagliato. Ed è comprensibile anche per le implicazioni che questo comporterebbe, come il dover mettere il bollino OGM su tutti i cavolfiori, o ventilare la possibilità di brevettare il mulo, in uno scenario volontariamente esagerato.

Tuttavia, l’introduzione di nuove tecnologie spesso scombina i piani, ridisegnando i confini messi dalle regole del gioco. È il caso di CRISPR/Cas9, una metodica di editing genico che permette di modificare in maniera precisa una porzione di DNA, come un vero correttore di bozze, senza poi lasciare traccia di sé. Tale è questa “magica” sparizione che negli Stati Unita la FDA ha definito non OGM un fungo modificato con CRISPR/Cas9 per non imbrunire, in quanto indistinguibile da uno ottenibile con una delle metodiche classiche di cui sopra (Waltz, 2016).

Questo ha causato diverse reazioni sia da parte degli oppositori sia dai sostenitori degli OGM. Paradossalmente anche alcuni oppositori degli OGM vedono di buon occhio l’editing genico, come un superamento dei classici OGM che andrebbero in pensione, per un futuro tecnologico OGM-free. Le persone favorevoli agli OGM vedono invece bene la possibilità di evitare la definizione a OGM, per poter sviluppare l’editing genico senza tutte le limitazioni del caso, e soprattutto senza che quell’etichetta valga come una condanna a untore pestilenziale.

Tutto ciò però può sembrare paradossale, in quanto è oggettivamente strano che una metodica che porta a inserire in un organismo pezzi di geni batterici e persino di geni creati artificialmente che in natura non esistono, come è appunto CRISPR, non ricada nella stessa definizione giuridica degli OGM. Quindi da un lato non stupisce che la Corte di Giustizia dell'UE abbia relegato CRISPR nel girone infernale degli OGM. Ma il problema è che essendo l'UE poco propensa ad abbracciare gli OGM, etichettare i frutti di CRISPR come OGM taglia completamente le gambe alla ricerca. Nel Vecchio Continente infatti l’etichetta OGM è una condanna ancora oggi. Soprattutto in Italia, dove non possiamo coltivare OGM e tantomeno fare ricerca (sia privata che pubblica) in campo aperto, nonostante milioni di quintali di soia geneticamente modificata vengano importate ogni anno nel Bel Paese.

Non stupisce quindi che molti oppositori degli OGM abbiano ipotizzato una fregatura e fatto pressioni per far finire CRISPR nel cestino degli OGM, in nome probabilmente della salvaguardia ambientale (nonostante anche questo sia un paradosso). Per questo motivo in tanti hanno criticato la scelta della Corte di Giustizia dell'UE, proprio al fine di evitare che la ricerca sull’editing genico e i benefici che potrebbe portare (all’Italia e all’Europa) vengano bloccati. Come Anna Meldolesi sul sito de Le Scienze e il suo blog CRISPeRmania, Vittoria Brambilla, Roberto Defez e Marco Perduca sul sito dell’Associazione Luca Coscioni, e Antonio Boselli, presidente di Confragricoltura Lombardia.

Difficile dire quale sia la scelta migliore: definire OGM gli organismi modificati con CRISPR potrebbe essere un modo per valorizzarli dal punto di vista scientifico-tecnologico, ma al tempo stesso rappresenterebbe una condanna. Dipende anche se vogliamo considerare di più la tecnica con viene ottenuto un organismo o il risultato finale della modificazione.

Tuttavia è sbagliato pensare che una eventuale non categorizzazione come OGM risolva totalmente il problema. Il rischio è quello di abbandonare alla deriva gli organismi transgenici, come se CRISPR permettesse di farne a meno per sempre. Potrebbe essere vero per le piante, ma per i microrganismi CRISPR senza transgenesi serve fino a un certo punto, perché se voglio produrre l’insulina in un batterio da lì devo passare, se voglio produrre un farmaco antimalarico in lievito da lì devo passare, e così tanti altri esempi.

È possibile che un eventuale aggiramento della definizione di OGM può aprire le porte a cibi modificati con CRISPR, e che questo potrebbe anche di sponda far sembrare più simpatici gli OGM classici? Tuttavia parlare degli OGM è fondamentale per dissipare il timore nei loro confronti, sia che siano frutto di editing che di transgenesi, e le persone sopra citate sono stati, sono e saranno fondamentali per questo scopo con la propria opera di ricerca, divulgazione, giornalismo e associazionismo.

In modo che un giorno, di fronte a un organismo OGM e uno non-OGM si possano alzare le spalle e scegliere in maniera libera tra uno e l’altro a seconda delle situazioni. “La libertà è un’avventura che non finisce mai” diceva una sigla dei cartoni, ma purtroppo spesso, come in Italia, questa avventura non solo non è nemmeno partita, ma ogni tentativo sembra fallire, come un novello Icaro che si avvicina troppo al Sole. Vale la pena bruciarsi solo per motivi ideologici che non hanno fondamento scientifico?