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Anche la mutagenesi sito-specifica da oggi rientra ufficialmente nella "brutta e cattiva" famiglia degli OGM. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell'Unione Europa con una sentenza del 25 luglio, in realtà non è del tutto sorprendente ma che, nondimeno, è l'antipasto di ciò che accadrà in Europa per CRISPR e per ogni altra tecnica sempre più raffinata di genome-editing. 



La Corte era chiamata a decidere su una questione pregiudiziale posta dal Consiglio di Stato francese, al quale il sindacato agricolo Confédération Paysanne (insieme ad alcune associazioni ambientaliste) aveva fatto ricorso contro la decisione del governo di escludere dalla normativa sugli OGM un tipo di colza resistente agli erbicidi, ottenuta tramite la tecnica di mutagenesi sito-specifica: è una tecnica che permette di introdurre le variazioni volute in un sito particolare della molecola di DNA che si è scelto di modificare ed più raffinata rispetto a quella 'classica', utilizzata per più di 70 anni, che induce modifiche casuali tramite l'esposizione a radiazioni o a sostanze chimiche.



Ora, la questione nasce dal fatto che la mutagenesi in sé è esplicitamente esclusa dal campo di applicazione della direttiva che definisce cosa siano gli OGM e impone tutti i limiti che conosciamo. Perciò il Governo francese ha deciso di non applicare alcun limite/divieto o obbligo specifico in tal senso.

Ma quella operata dalla direttiva è una esclusione non tassativa: per i giudici non basta, come vedremo, usare una tecnica di mutagenesi per affermare che il risultato non sia un OGM, anzi, l'evoluzione stessa della tecnica, la sua sempre maggiore precisione, è il motivo per cui deve essere ritenuta potenzialmente pericolosa alla stregua di un qualsiasi OGM 'classico', con conseguente applicazione del principio di precauzione. «[...] gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi costituiscono organismi geneticamente modificati [...]», scrive chiaro e tondo la Corte di Giustizia.

E, d'altronde, gli organismi geneticamente modificati esistono solo in quanto categoria normativa, un ombrello che si sta rivelando molto ampio e pensato per fare ombra su una vasta gamma di metodi 'artificiali' per il miglioramento genetico. L'ombrello è piantato nell'articolo 2 della direttiva 2001/18 che definisce legalmente cosa sia un OGM, ossia «un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l'accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale» e che sia ottenuto mediante un certo tipo di tecniche. Queste sono elencate specificamente, ma solo in maniera esemplificativa, in un allegato alla direttiva che lascia di contro ampio spazio a interpretazioni estensive per la presenza nel testo della locuzione «tra l'altro», che costituisce una porta aperta per allargare limiti, divieti e obblighi a cui sono tipicamente soggetti gli OGM.

Ed è da questa porta che è passata la Corte, superando anche l'ostacolo portato dalla presenza della mutagenesi nell'elenco delle tecniche a cui non si applica la direttiva. Il motivo è duplice: il primo è che una lettura complessiva della normativa, partendo dal considerato numero 17 della direttiva 2001/18, porta a concludere che la mutagenesi può essere esclusa solo se ottenuta con «tecniche o metodi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza»: è il caso, incredibile, delle mutazioni “classiche”, quelle casuali indotte con le radiazioni o l'esposizione ad agenti chimici. Il secondo motivo è che usando tecniche più raffinate e precise (quindi più moderne, con meno “tradizione”) «la modifica diretta del materiale genetico di un organismo tramite mutagenesi consente di ottenere i medesimi effetti dell’introduzione di un gene estraneo in detto organismo e, dall’altro, che lo sviluppo di tali nuove tecniche o nuovi metodi consente di produrre varietà geneticamente modificate a un ritmo e in quantità non paragonabili a quelli risultanti dall’applicazione di metodi tradizionali di mutagenesi casuale». games-monitoring.com

Essendo la direttiva volta a ridurre il (presunto) rischio generato dalla commercializzazione o dalla circolazione degli OGM, ecco che scatta la valvola di sicurezza: escludendo dall’ambito di applicazione della direttiva gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi, senza alcuna distinzione - spiegano i giudici europei - «pregiudicherebbe l’obiettivo di tutela perseguito dalla direttiva in parola e violerebbe il principio di precauzione che essa mira ad attuare».

In sostanza per definire cosa sia un OGM e far scattare i limiti della presunzione di pericolosità non sembra bastare più verificare con quale tecnica sia stato modificato il materiale genetico, ma appare necessario compiere altre valutazioni legate sia all'efficacia e alla facilità con cui la tecnica stessa può essere applicata e ripetuta, quindi alla facilità con cui possono essere generate - ad esempio - piante modificate che abbiano le caratteristiche volute (resistenza agli erbicidi, o alla siccità, o a un parassita o che sia in grado di produrre di più); sia alla loro storia: più sono nuove e innovative, meno hanno una storia e una tradizione di sicurezza accertata alla spalle.

Ed ecco che ogni nuova tecnica "non naturale"- come lo è CRISPR che possiamo considerare una mutagenesi molto avanzata - entra dritta sotto la definizione-ombrello di OGM. 

Seppure contestabile (ad esempio sulla base del più morbido parere dell'Avvocatura Generale che ha fatto sperare in una decisione diversa), la decisione della Corte ha un pregio: quello di aver mostrato chiaramente come la trasversale volontà degli Stati membri, pesantemente influenzata dalle paure instillate dai forti gruppi di pressione nei decenni passati, che ha generato tutta la restrittiva disciplina normativa per gli OGM, avesse come obiettivo intenzionale e ultimo quello di costituire un forte freno generale al biotech, basato sulla duplice, falsa equivalenza "naturale e tradizionale = sicuro, artificiale e nuovo = potenzialmente pericoloso".

L'effetto è che, per poter in qualche modo fare innovazione nel settore, si dovrà sempre più passare per le forche caudine della mutevole sensibilità politica e si dovranno comunque superare alti e costosi ostacoli burocratico-normativi, notoriamente nemici giurati dell'innovazione stessa e del progresso. E a pagarne le conseguenze saremo tutti, favorevoli o contrari agli OGM.