I criteri di costituzionalità dettati dalla sentenza della Consulta che aveva rottamato il cosiddetto Porcellum sono stati rispettati dalla nuova legge elettorale? Sul piano dell'efficienza e rappresentatività del sistema e del rispetto del potere di scelta degli eletti da parte degli elettori, la nuova disciplina si espone a molteplici e profonde censure.

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Come è noto, in un clima molto acceso, è stata varata la nuova legge per l’elezione della Camera dei deputati. Nelle intenzioni del legislatore, la legge n. 52/2015 (c.d. Italicum) dovrebbe:

- rappresentare la (auspicata) riappropriazione della funzione legislativa in materia elettorale da parte delle Camere;
- sanare i vizi di costituzionalità della precedente disciplina elettorale.

Sembra, però, opportuno confrontare l’Italicum con i tre capisaldi della sent. n. 1/2014, onde verificare il concreto rispetto del giudicato costituzionale (vedi anche Italicum: in viaggio verso Itaca, sognando la California - una prima lettura critica della legge n. 52/2015, su Consulta Online).

1. In questo senso, non si può non cominciare dall’attribuzione del premio di maggioranza in difetto del presupposto di una soglia minima di voti o di seggi. Al riguardo, si sostiene che questo primo vizio sia stato sanato dalla previsione di una soglia numerica (40%) per l’attribuzione del premio di maggioranza ed eventualmente di un turno di ballottaggio tra le due liste più votate.

Per cercare di effettuare una verifica quanto più possibile obiettiva, simuleremo gli effetti della disciplina nei quattro possibili scenari fattuali.

1° scenario
Una lista elettorale supera la soglia del 40% e si aggiudica il premio di maggioranza. Il verificarsi di questa ipotesi sembra certamente soddisfare la condizione stabilita dalla citata sentenza: la soglia definita può essere considerata come effettiva, anche alla luce delle serie storiche delle diciassette elezioni politiche repubblicane, le quali evidenziano che in nessuna elezione politica una lista elettorale ha mai superato la soglia del 43%, mentre la soglia del 40% è stata superata in tre occasioni (1948, 1953, 1958) e in molte altre occasioni una lista si è avvicinata a tale valore.

Peraltro, l’osservazione delle serie storiche ci consente di anticipare alcune considerazioni sui concreti effetti della legislazione elettorale sulle dinamiche politiche. Infatti, i dati evidenziano che il raggiungimento della soglia del 40%, o comunque di valori prossimi alla soglia, è stato quasi una costante, finché il sistema dei partiti gravitava intorno ad un unico grande (ed eterogeneo) centro di governo, mentre quando il sistema si è evoluto verso una struttura “bipolare”, con un’effettiva alternanza, nessuna singola lista è riuscita ad avvicinarsi a quei valori. Pertanto, è possibile che l’Italicum, concepito anche per favorire una compiuta democrazia bipartitica, finisca per agevolare, secondo una paradossale eterogenesi dei fini, un ritorno alle origini “democristiane” della nostra repubblica parlamentare.

2° scenario
Nessuna lista raggiunge la soglia del 40% e si va al ballottaggio tra le due liste che hanno avuto il maggior numero di voti. Nel ballottaggio, la lista vincente ottiene un numero di voti pari o superiore a quello corrispondente alla soglia del 40% registrata al primo turno.

Questa ipotesi sembrerebbe egualmente conforme al principio stabilito dal giudicato costituzionale, in quanto valorizzerebbe al massimo la ratio dello svolgimento di un secondo turno per il premio di maggioranza (al primo si sceglie il proprio rappresentante e al secondo turno, invece, il governo), che svolgerebbe la funzione di coagulare il consenso elettorale su una precisa indicazione di governo.

3° scenario
Nessuna lista raggiunge la soglia del 40% e si va al ballottaggio tra le due liste più votate. Nel ballottaggio, la lista vincente ottiene un numero di voti superiore a quello avuto nel primo turno ma comunque inferiore alla soglia del 40% secondo i voti del primo turno.
Questo scenario, molto problematico, contribuisce a svelare la visione prospettica che ha condizionato le scelte del legislatore: la convinzione che la particolare contingenza politica abbia natura strutturale (o comunque possa averla in futuro grazie a questa legge). In effetti, se si ragiona su uno scenario politico in cui l’ipotesi più probabile è che una robusta forza centrista vada al ballottaggio contro un minoritario movimento di opposizione massimalista, il meccanismo della legge n. 52/2015 sembra assumere una fattuale ragionevolezza, in quanto, molto probabilmente, fornirebbe in concreto un vincitore con un consenso elettorale molto prossimo, se non superiore, alla soglia del 40%, per il possibile afflusso del cosiddetto voto moderato.

Ovviamente, il ragionamento franerebbe se le supposte menzionate condizioni “strutturali”, così come sono sorte, venissero improvvisamente meno, come peraltro le ultime elezioni amministrative sembrano suggerire.

4° scenario
Nessuna lista raggiunge la soglia del 40% e si va al ballottaggio tra le due liste più votate. Nel ballottaggio, la lista vincente ottiene comunque un numero di voti inferiore a quelli del primo turno. Questo scenario, peraltro molto realistico, evidenzia le incongruenze logiche cui può condurre la nuova disciplina elettorale: attribuire il premio di maggioranza a una lista che ha ottenuto un numero di voti inferiore a quello che la legge valuta insufficiente allo stesso scopo.

Né sembra condivisibile la possibile obiezione che ciò si verifica normalmente anche nelle altre competizioni elettorali con ballottaggio, perché qui va valorizzata la specificità delle elezioni politiche, che non concernono soltanto la scelta di governo, come invece avviene per le elezioni presidenziali o amministrative, ma anche “le delicate funzioni connesse alla stessa garanzia della Costituzione (art. 138 Cost.): ciò che peraltro distingue il Parlamento da altre assemblee rappresentative di enti territoriali”.

Quanto finora detto induce a dubitare delle perentorie affermazioni di assoluta conformità costituzionale del meccanismo previsto dall’Italicum per l’attribuzione del premio di maggioranza, il quale in alcune ipotesi fattuali sembra produrre analoghi effetti al c.d. Porcellum.

2. Viene poi in rilievo la questione relativa alla scelta dell’elettore, sulla quale l’Italicum ha certamente tenuto conto di quanto stabilito dalla Corte costituzionale, avendo:
- suddiviso il territorio nazionale in venti circoscrizioni regionali, all’interno delle quali ha previsto cento collegi plurinominali;
- previsto liste più corte, con l’evidente fine di consentire la conoscibilità dei candidati.

Un’attenta dottrina (Spadacini) ha però evidenziato come ciò rischi di non essere sufficiente, in quanto, a ben vedere, “il principio affermato dalla Corte costituzionale non è soddisfatto dalla sola predisposizione di un sistema che presenti liste corte”, ma richiede che “l’elettore, nell’esprimere il voto, sia posto nella condizione di conoscere gli effetti che il suo voto determinerà nella distribuzione dei seggi e nella individuazione dei candidati”.
Ciò peraltro sembra costituire una delle principali criticità di questo tipo di sistema elettorale, vale a dire la virtualità del rapporto tra elettori ed eletti.

Si potrebbe obiettare che, per ovviare a questo problema, tra l’altro, è stata introdotta la facoltà di esprimere un voto di preferenza.
Eppure paradossalmente questa (compromissoria) misura, realizzata con il dichiarato scopo di aumentare il grado di rappresentatività della nuova Camera, finisce per essere una soluzione più irragionevole di quella precedente.

Infatti, la legge n. 52 formalizza due tipi di candidato:
- Il capolista: questi può essere candidato in dieci diversi collegi e, se viene assegnato un seggio al collegio in cui è candidato, ex lege deve essere dichiarato eletto: quindi, i capilista della lista vincente sono automaticamente eletti, mentre per tutte le altre liste (quasi) tutti gli eletti saranno comunque capilista;
- Il candidato normale: egli può candidarsi in un solo collegio e per potere concorrere ad essere eletto non solo dovrà raccogliere le preferenze, ma dovrà sperare o che nel suo collegio siano assegnati almeno due seggi (altrimenti per legge sarà eletto il capolista anche se, per assurdo, avesse avuto un numero di preferenze pari a quello dei voti totali della lista nel collegio) o che il capolista scelga di essere proclamato eletto in un altro collegio (ovviamente, su indicazione del partito).

In definitiva, l’Italicum rischia di aggiungere, al danno della possibile vana candidatura di quasi tutti i candidati normali delle liste non vincitrici, la beffa di fare comunque esprimere all’elettorato un inutile voto di preferenza.

3. L’ultimo elemento che si deve esaminare concerne la questione dell’approvazione della sola legge per l’elezione della Camera dei deputati nella prospettiva del superamento del bicameralismo perfetto, che dovrebbe garantire una maggiore governabilità.

A tal proposito, è stata introdotta una clausola di salvaguardia che differisce l’applicabilità della legge alle elezioni per la Camera dei deputati successive al 1° luglio 2016, tempo entro il quale, per l’appunto, l’iter di revisione costituzionale dovrebbe essersi concluso.

In questa sede non interessa la discussione se la clausola di salvaguardia sia sufficiente oppure possa essere “aggirata” in vista di improvvise elezioni anticipate. Ciò che, invece, interessa è la congruità logica e giuridica di approvare, ma, soprattutto, promulgare un testo legislativo che esplicitamente presuppone un sistema istituzionale difforme da quello vigente. In particolare, secondo il principio tempus regit actum, il controllo del capo dello Stato non può che essere avvenuto sulla base delle disposizioni costituzionali attualmente vigenti, non potendo confidare nella positiva attesa di una riforma ancora in itinere e che potrebbe richiedere comunque un passaggio referendario, il cui esito non è mai prevedibile a priori.

Eppure l’analisi degli effetti dell’Italicum nel vigente sistema istituzionale fa sorgere qualche perplessità. Com’è noto, se si andasse a votare dopo il 1° luglio 2016 con la Costituzione vigente, avremmo l’applicazione di due diversi sistemi elettorali: l’Italicum per la Camera dei deputati e il Consultellum per il Senato della Repubblica. Questi due diversi sistemi fisiologicamente darebbero vita a maggioranze diverse nei due rami del Parlamento, anche in ipotesi di un omogeneo esito elettorale, comportando la necessità, ove possibile, di una maggioranza di coalizione, che vanificherebbe tutti i supposti vantaggi dell’Italicum, oppure portando alla completa paralisi politica, qualora ciò non fosse possibile.

Ma ciò che qui interessa è osservare che, nella sentenza n. 1/2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disciplina (i premi regionali per il Senato) che poteva favorire, a causa della casualità della somma dei diversi premi regionali, “la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell’insieme sostanzialmente omogenea”. Ma se ciò è vero per un sistema che, in presenza di una omogenea distribuzione del voto, poteva determinare la casuale difforme formazione di maggioranze, a fortiori deve esserlo per una legislazione elettorale che quasi certamente produce questo esito.

Inoltre, ciò sarebbe aggravato dal combinato disposto delle anomalie delle due diverse discipline elettorali:

- un generoso premio di maggioranza alla Camera dei deputati, che, perduta la sua finalità di favorire la stabilità, conserverebbe la funzione di assicurare al vincitore una forte posizione negoziale nelle votazioni a Parlamento in seduta comune;
- l’esistenza di irragionevoli soglie di sbarramento per il Senato della Repubblica, che rischierebbero di alterare significativamente la rappresentanza, ovvero, più probabilmente, di dare vita a eterogenee coalizioni elettorali aventi l’unica finalità di fare ridurre la soglia di sbarramento.

Le considerazioni sopra svolte evidenziano che l’Italicum è l’antefatto di un nuovo sistema istituzionale, senza il quale non solo non sembra avere alcuna utilità, ma rischia addirittura di diventare dannoso, potendo determinare sistematicamente una disomogeneità politica delle due Camere, con ciò che ne consegue.

4. In conclusione, la nuova disciplina elettorale sembra sollevare più dubbi di conformità al giudicato costituzionale, che potranno essere meglio apprezzati in occasione delle prime concrete applicazioni, qualora, come si ritiene, si dimostrasse generosamente ottimistico lo scenario politico ipotizzato come paradigma di riferimento.

È auspicabile che, trascorso un periodo di tempo per raffreddare i concitati animi, si abbia comunque modo di svolgere alcuni sereni approfondimenti sui profili più problematici della legge n. 52, con riferimento non solo ai prospettati dubbi sul rispetto del giudicato costituzionale, e quindi sulla sua legittimità costituzionale, ma anche ai suoi rischi politici.

Infatti, la convinzione diffusa che il principale beneficiario politico della legge sia il PD di Renzi ha fatto sottovalutare la possibilità che una legislazione elettorale premiale possa divenire lo strumento con il quale alcune minoranze demagogiche o populistiche arrivino al governo del Paese, anche a causa di quei fattori - crisi esogene (ad esempio, una nuova forte perturbazione finanziaria dell’area euro) o eventi imprevedibili (un eclatante attentato terroristico) – capaci di determinare repentini e massicci mutamenti del consenso elettorale sulla base di istintive reazioni emotive.

D’altronde, l’elevato debito pubblico e la stagnante crescita italiana dell’ultimo ventennio consiglierebbero, forse, di dotarsi di una legislazione elettorale che non cerchi di scimmiottare le lontane democrazie anglosassoni, ma piuttosto di evitare il rischio di vivere esperienze alla greca, che questo tipo di meccanismo elettorale può rendere più insidiosamente agevole, soprattutto in un momento che ripropone con drammatica forza lo scenario della reversibilità della moneta unica.