A cinque anni dalla legge di attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione, la realizzazione del federalismo fiscale in Italia è ancora un miraggio. Quel complesso di riforme avrebbe dovuto promuovere la razionalizzazione della spesa pubblica e la responsabilizzazione degli amministratori della cosa pubblica: l'Italia è invece (ancora) il paese dei decreti "Salva Roma".

federalismo fiscale

Il decreto Salva Roma, approvato lo scorso febbraio, ha riproposto l'urgenza di una effettiva attuazione del federalismo fiscale in Italia. Il modello di federalismo fiscale introdotto nel 2001, con la modifica del Titolo V della Costituzione, si propone infatti di promuovere la razionalizzazione della spesa pubblica e la responsabilizzazione degli amministratori locali attraverso previsioni volte a scoraggiare gestioni inefficienti e clientelari come quelle che hanno portato al dissesto delle finanze capitoline. La L. 42/ 2009 - che attua l'articolo 119 del Titolo V delineando i principi generali dell'autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali – introduce tali meccanismi deterrenti. Tuttavia, in quanto legge delega, si limita a sancire le linee-guida rinviandone l'applicazione a successivi provvedimenti. A oggi, nonostante nove decreti attuativi, tali linee-guida rimangono però sostanzialmente inapplicate - sia per l'inerzia del legislatore, sia per la complessità di alcune innovazioni normative - con conseguente mancata realizzazione del progetto federalista.

Ne è una dimostrazione il DLgs 216/2010 che disciplina uno degli aspetti più importanti: il c.d. criterio del costo standard, e il superamento del criterio della spesa storica, per il finanziamento delle funzioni svolte da regioni ed enti locali. A più di tre anni dalla sua adozione è stata infatti avviata solo a fine 2012 la procedura di raccolta dati per la definizione dei fabbisogni standard di province, comuni e città metropolitane. A livello regionale è intervenuto invece il DLgs. 68/2011 con riferimento però alla definizione del solo fabbisogno standard per il settore sanitario.

Tuttavia, dei ventinove rinvii previsti dal decreto, che regola inoltre l'autonomia tributaria di province e regioni, ne risultano approvati meno di un terzo. La definizione dei costi standard non è solo strumento di efficientamento e monitoraggio della spesa pubblica ma è cruciale per il funzionamento del c.d. fondo perequativo, istituito dall'art 119 della Costituzione per mantenere meccanismi di solidarietà volti alla copertura delle spese di regioni ed enti locali con minore capacità fiscale per abitante. Anche l'altro principio cardine, quello della responsabilizzazione degli amministratori territoriali, sembra lontano dal trovare attuazione. Il DLgs 149/2011 che introduce i meccanismi sanzionatori e premiali - prevedendo inoltre il c.d. fallimento politico degli amministratori responsabili del dissesto del proprio ente – è infatti ancora lettera morta. Degli otto provvedimenti di attuazione cui il decreto rinvia, a oggi nessuno risulta emanato.

Fatta eccezione per il DLgs 88/2011, che istituisce il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione e non necessita di alcuna successiva misura attuativa, e il DLgs 23/2011 sul federalismo fiscale municipale, che ha trovato pressoché piena attuazione con l'attuazione di dieci su dodici dei provvedimenti cui rinviava, gli altri decreti attuativi "minori" della L. 42/2009 sono ancora lontani dalla piena efficacia, al pari di quelli sui costi standard e la responsabilizzazione degli amministratori locali. Lo è per esempio il decreto sul federalismo demaniale (DLgs 85/2010) – che stabilisce l'attribuzione a titolo oneroso dei beni statali a comuni, province, città metropolitane e regioni – di cui ha trovato attuazione solo il c.d. federalismo demaniale culturale. In questo caso, il ritardo è legato anche alla complessità del procedimento per l'individuazione delle diverse categorie di beni che necessita di un decreto di ricognizione il cui schema deve ancora essere definito. Complessità tecniche che sono emerse anche con riguardo al citato criterio del costo standard.

Di mera inerzia del legislatore si può invece parlare nella procedura per l'armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali che risulta non completata con l'emanazione di soli quattro dei dieci provvedimenti cui rinvia il DLgs. 118/2001. Analogamente, il DLgs. n. 156/2010 che istituisce l'ente territoriale Roma Capitale e l'autonomia finanziaria e amministrativa dei suoi diversi municipi, e il DLgs 61/2012 che ne ha integrato la disciplina sembrano non aver trovato alcuna attuazione.

È insomma evidente che, a cinque anni dalla legge di attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione, e nonostante l'istituzione di una apposita commissione bicamerale e di organismi dedicati come la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica e la Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, la realizzazione del federalismo fiscale in Italia è ancora un miraggio. L'esplosione della spesa pubblica, a livello centrale come regionale e locale, e il verificarsi di dissesti finanziari come quello del Campidoglio rendono però urgente il completamento del cammino intrapreso nel 2009. La mancata razionalizzazione della spesa, e ancor prima la mancata responsabilizzazione degli amministratori della cosa pubblica, hanno già manifestato effetti negativi sulla crescita economica e sulla qualità delle istituzioni e dei servizi. Non possiamo quindi permetterci ulteriori rinvii nell'attuazione del federalismo fiscale.