Altro che chiarezza, trasparenza e semplificazione: lo Statuto dei diritti del contribuente è palesemente disatteso. Sarebbe auspicabile che la prossima vera battaglia della categoria dei commercialisti fosse sulla riscoperta di uno Statuto dei diritti del contribuente con forza di legge costituzionale (per non poter più esser derogato da qualunque legge ordinaria). Una battaglia di civiltà, e non di parte, a tutela dei diritti dei cittadini, per i cittadini tutti.

 

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Riporto da Wikipedia, cercando di far riaffiorare nel lettore e nel sottoscritto i ricordi risalenti agli anni di scuola: “Torniamo allo Statuto è il titolo di un articolo pubblicato il 1º gennaio 1897 nella rivista Nuova Antologia. Ne fu autore il deputato della Destra storica Sidney Sonnino (già ministro e futuro Presidente del Consiglio del Regno d’Italia) che con tale scritto denunciò l’inefficienza delle istituzioni e le reciproche ingerenze dei poteri fra governo e Parlamento. Secondo Sonnino la grave situazione si sarebbe risolta, semplicemente, applicando la carta costituzionale dello Statuto Albertino allora in vigore. L'articolo ebbe grande risonanza ma non un seguito legislativo.”

Nessun seguito, esattamente come non ne avrà questo mio articolo che non ha altre pretese se non quella di ricordare ai cittadini italiani l’esistenza di uno Statuto dei diritti del contribuente costantemente derogato dal legislatore in nome di non meglio precisate emergenze finanziarie. Emergenze cosi ripetitive ed inderogabili da farci domandare come abbia potuto questa nostra povera Italia sopravvivere fino ad oggi senza rassegnarsi ad una umiliante bancarotta. Sentii parlare per la prima volta di Statuto del contribuente dal suo grande fautore, nonché mio docente di diritto tributario in Bocconi, Gianni Marongiu.

Le prime lezioni del suo corso suonavano strane alle orecchie di noi studenti vogliosi soprattutto di schematizzare, sintetizzare in vista dell’esame. Le prime lezioni trascuravano completamente la tecnica tributaria, erano tutte incentrate sui diritti dei contribuenti, sulla tutela della loro difesa difronte alle pretese dello Stato, dai tempi della Magna Charta ad oggi. Si sentiva il bisogno già venti anni fa di riscrivere il rapporto tra Stato e contribuente.

Ricordo una frase che allora sembrava stonare in un corso “operativo”: “la proprietà privata è usbergo dei diritti e delle libertà dell’individuo”. Si lamentava il potere di una burocrazia che non solo scriveva le leggi (abusando dello strumento del decreto legge) ma le interpretava e le imponeva attraverso proprie circolari, le applicava nella attività accertatrice, le modificava all’occorrenza invocando ed ottenendo norme “interpretative”.

Si invocava il ritorno ad una disciplina tributaria organica, fondata su alti principi, tesa a consolidare la certezza del diritto “che si persegue con definizioni semplici e chiare, perché altrimenti il metodo legislativo seguito toglie alla legge ogni funzione di garanzia e le assegna solo il ruolo di consacrazione formale di quelle che saranno le valutazioni della finanza“ (cit. E. De Mita). Lo Statuto, nato dall’impegno fortissimo di Marongiu, nelle intenzioni dei suoi sostenitori è quindi volto a garantire una disciplina tributaria stabile nel tempo, affidabile e trasparente. Uno strumento che si presti poco ad interpretazioni elusive dei contribuenti o ad abusi dell’amministrazione finanziaria. Lo Statuto dei diritti del contribuente, previsto dalla legge n. 212 del 27 luglio 2000, ha quindi voluto dare, nelle intenzioni del legislatore, attuazione ai principi di democraticità e trasparenza del sistema impositivo, contribuendo a migliorare il rapporto tra Fisco e cittadini.

Riporto, per semplicità e per agevolarne la lettura anche ai meno tecnici, l’indice ed i principi su cui si fonda lo Statuto dei diritti del contribuente cosi come riportato dal sito del Ministero delle Finanze: chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie; razionalità delle fonti tributarie; informazione del contribuente; conoscenza degli atti e semplificazione; chiarezza e motivazione degli atti; semplificazione degli adempimenti fiscali; tutela dell'integrità patrimoniale del contribuente; rimessione nei termini già scaduti; tutela della buona fede del contribuente; mancato o irregolare funzionamento degli uffici finanziari; ispezioni e verifiche fiscali; interpello; Garante del contribuente.

Anche il più distratto dei lettori troverà ricorrenti parole quali: chiarezza, trasparenza, semplificazione. Quali di queste parole è davvero associabile al nostro sistema fiscale?

La recente legge di stabilità predisposta dal Governo Letta non solo ha introdotto nuove norme fiscali retroattive ma ha anche fatto venir meno la terzietà della figura del Garante dei diritti dei contribuenti. Le sue funzioni saranno svolte dal Presidente della Commissione tributaria regionale. Il carosello normativo sullo spesometro ha messo sotto gli occhi di tutti la difficoltà di professionisti e contribuenti a seguire le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate, istruzioni e programmi più volte modificati fino all’ultima farsa di una proroga sibillina. Altro che chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie.

Inutile ricordare cosa è accaduto in tema di aumento IVA (avvenuto nell’arco di un week end) e cosa continua ad accadere riguardo al futuro dell’IMU o di come si chiamerà in futuro.

Forse siamo in qualche modo assuefatti a quello che accade. Vi assicuro che ben diverso e ben più complicato è spiegarlo ad investitori stranieri che si trovano a non poter prevedere, pianificare alcunché. Altro che Destinazione Italia!

Per tornare ad investire, a crescere questo Paese ha bisogno di ricreare un clima favorevole all’impresa. Ha bisogno di uno scenario normativo chiaro e trasparente in cui competere. Ha bisogno di ritrovare nello Stato un interlocutore disponibile al confronto e non un soggetto esoso ed insaziabile che non fa altro che trasferire risorse dal settore privato alla macchina pubblica.

Oggi i commercialisti chiedono a gran voce come categoria che gli venga riconosciuto il diritto allo sciopero come agli avvocati. Sarebbe auspicabile che la prossima vera battaglia della categoria dei commercialisti fosse sulla riscoperta di uno Statuto dei diritti del contribuente con forza di legge costituzionale (per non poter più esser derogato da qualunque legge ordinaria). Una battaglia di civiltà, e non di parte, a tutela dei diritti dei cittadini, per i cittadini tutti. Perché non possiamo e non vogliamo rassegnarci a vivere a Nottingham.