CarloAzeglioCiampi

 “Politicamente parlando Ciampi è uno dei traditori dell'Italia e degli italiani, come Napolitano, Prodi e Monti”. Non meraviglia il commento “a caldo” di Matteo Salvini alla notizia della morte di Carlo Azeglio Ciampi. Effettivamente il Presidente Emerito, scomparso questa mattina all'età di 95 anni, era proprio uno di quelli lì: i “traditori”, come li definisce Salvini, o per meglio dire quelli che ciclicamente vengono chiamati dalla classe politica di questo paese - si badi bene: per classe politica si intende allo stesso modo eletti ed elettori - per rimettere a posto le cose.

In un paese che non è “antropologicamente” capace di mettere mano ad alcuna riforma razionale se non in presenza di drastici vincoli esterni, è normale che chi a quei vincoli si dispone di buon grado venga visto come un traditore. E’ successo a Ciampi, a suo tempo, è successo due decenni dopo, al successivo giro di giostra, a Mario Monti ed Elsa Fornero. 

La colpa di Ciampi, il suo peccato originale - come quella dei suoi successori nell’immaginario salviniano - è quella di aver tentato di connettere nella consapevolezza dell’opinione pubblica le scelte politiche alle loro conseguenze, buone o cattive che siano: se si fa debito qualcuno lo dovrà pagare e le entrate - ovvero le tasse - dovranno essere proporzionate alle uscite. Imperdonabile in un paese come il nostro, abituato a scaricare a cuor leggero sulle generazioni future il costo dell’irresponsabilità di quelle presenti, se non sulle stampanti di Via Nazionale.

Se a Ciampi fu risparmiata la damnatio memoriae che è stata invece in tempi più recenti riservata a Monti, forse è solo perché il primo, più saggiamente del secondo, ha evitato di tentare di trasformare il rigore e la serietà in un programma politico, e di farne uno strumento per contendere il consenso, una scelta possibile tra le scelte possibili. In questo l’affronto di Mario Monti è stato, nella sua ingenuità, senz’altro più intollerabile per i profeti della retorica stracciona della sovranità perduta e dello stampa-e-spendi che affligge trasversalmente il nostro paese.

A Carlo Azeglio Ciampi fu concesso di diventare un Presidente della Repubblica popolare e benvoluto, e di appuntarsi il merito di aver condotto l’Italia nell’Euro piuttosto che l'onta, come avviene oggi per Monti, di aver resistito ai processi opposti di disgregazione che attraversano il continente. Resta il fatto che nel ’93, quando fu chiamato a guidare il primo “governo tecnico” della storia repubblicana, anche lui era dipinto come un emissario dei poteri forti, un traditore di quella ridicola forma di sovranità che in Italia ha sempre fatto rima con irresponsabilità: lasciateci fare quel che ci pare, e non chiedeteci mai di pagare il conto.

Ci ha pensato Salvini oggi a ricordarcelo. Con un po’ di disgusto, gliene siamo comunque grati: un motivo in più per ricordare il presidente Ciampi con riconoscenza.

@giordanomasini