In Germania la campagna elettorale per le elezioni europee del maggio prossimo sta facendo riesplodere sentimenti vagamente xenofobi, anche presso partiti tradizionalmente "moderati". I cristianosociali della CSU, la costola bavarese della CDU, lanciano l'allarme, in gran parte infondato, sulla "corsa ai sussidi" da parte degli immigrati bulgari e rumeni.

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Dal 1 gennaio 2014 sono cadute anche le ultime barriere all'ingresso dei cittadini bulgari e rumeni al mercato del lavoro tedesco. L'accesso alla cd. area Schengen da parte di Bulgaria e Romania, con la conseguente possibilità di circolare liberamente in tutti i ventisei Stati ad oggi parte del trattato, rimane invece ancora oggetto di discussione a livello UE. A dicembre, nel corso dell'ultimo vertice dei Ministri degli Interni dell'UE, il rappresentante tedesco, Hans-Peter Friedrich (CSU), ha votato contro la piena apertura delle frontiere a partire dal gennaio di quest'anno, motivando la sua decisione con lo scarso rispetto dello Stato di diritto tanto a Sofia quanto a Bucarest. I controlli transfrontalieri continueranno quindi sinché la Germania, al pari della Francia o del Regno Unito, non deciderà di togliere il veto.

Quanto alle prospettive per il mercato del lavoro tedesco, stando ad alcuni calcoli dell'istituto IAB (Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung), finanziato dall'Agenzia Federale del Lavoro tedesca, la Repubblica Federale accoglierà quest'anno tra le 100.000 e le 180.000 persone provenienti da Bulgaria e Romania. Nel 2013, l'Agenzia aveva ricevuto circa 50.000 richieste di permesso di lavoro (Arbeitserlaubnis), in particolare nei settori della gastronomia e dell'edilizia.

Le restrizioni sono già cadute negli anni passati per i lavoratori qualificati, i loro famigliari e i giovani apprendisti. Gran parte dei nuovi immigrati che entreranno in Germania, peraltro, varcherà i confini tedeschi dopo aver cercato invano un'occupazione in Spagna ed Italia. Tra cristianosociali ed euroscettici è scattato l'allarme di una nuova invasione dall'Est, dopo l'ondata migratoria dai territori dell'ex-Jugoslavia negli anni Novanta. Il timore, condiviso a livello europeo anche dall'UKIP britannica, è che si possa aprire una corsa ad usufruire dei generosi sistemi di welfare della Vecchia Europa.

Ecco quindi che, a fine dicembre, il partito cristianosociale ha annunciato di voler sottoporre all'attenzione del gabinetto federale, nel quale siedono tre ministri bavaresi, alcune proposte per limitare l'accesso degli immigrati alle prestazioni sociali o, come è stato detto, per evitare il cd. Sozialtourismus. Tra queste, il divieto generale di percepire sussidi per i primi tre mesi dall'inizio del soggiorno e l'espulsione per coloro che si rendano responsabili di truffe ai danni dello Stato. Anche nel patto di coalizione di dicembre tra CDU, CSU ed SPD (Koalitionsvertrag), tra gli obiettivi di politica sociale per la legislatura 2013-2017, uno degli obiettivi è quello di evitare la corsa alle sovvenzioni da parte degli immigrati.

In particolare si parla della cd. Sozialhilfe, un sussidio universale introdotto più di cinquant'anni fa, che costa circa 20 miliardi l'anno e che viene congiuntamente finanziato dai Länder insieme con gli enti locali. Dopo le riforme socialdemocratiche dello scorso decennio, il sussidio, che ha preso il nome di Hilfe zum Lebensunterhalt, è percepito esclusivamente da chi è del tutto privo di mezzi ed è inabile al lavoro. L'anzidetto limite di tre mesi che i cristianosociali vorrebbero stabilire per legge è valido attualmente soltanto per il cd. sussidio Hartz IV o ALG II, una prestazione pensata invece per chi ha ancora capacità lavorative e che non va confusa con il sussidio di disoccupazione (ALG I).

L'allarme lanciato dai cristianosociali appare ingiustificato e sembra doversi motivare solo con le imminenti elezioni europee alle porte. La Germania, infatti, nonostante il diffuso benessere di cui si racconta, presenta due problemi strutturali tra loro legati: il rapido e progressivo invecchiamento della popolazione e la forte carenza di lavoratori qualificati nei settori, ad esempio, dell'IT, dell'edilizia, dell'assistenza a domicilio o in strutture specializzate e dell'educazione per i bambini. Il DIHK, l'associazione che riunisce piccoli imprenditori ed artigiani, calcola che nei prossimi dieci anni la Germania avrà bisogno di circa 1 milione e mezzo di lavoratori qualificati dall'estero per sopperire alle carenze di manodopera. Si potrebbe obiettare: ma gli immigrati bulgari e romeni non sono qualificati. Peccato che sia falso.

Stando ad un recente studio dell'Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia (IW), a partire dal 2000 la Germania ha ospitato una quota di accademici (24,5%) e informatici (8,4%) sul totale degli immigrati bulgari e romeni che è superiore alle proporzioni esistenti tra chi già oggi vive nella Repubblica federale. Ancor più interessanti sono i dati che riguardano la percezione di sussidi sociali da parte di bulgari e romeni. Nel 2012, il 9% degli immigrati bulgari e romeni residenti in Germania ha ottenuto prestazioni sociali dallo Stato. La quota tra i tedeschi è del 7,4%, ma tra gli altri stranieri la media è del 15,9%. Quanto al sussidio per ogni figlio (cd. Kindergeld), lo ottiene il 7,9% dei bulgari e romeni residenti in Germania, meno dei tedeschi (10,9%) e della media degli altri immigrati (15,3%).

Ma ciò che maggiormente preoccupa i cristianosociali riguarda il sussidio Hartz IV. Bulgari e rumeni assorbono circa lo 0,6% di tutte le risorse che ogni anno l'Agenzia Federale per il Lavoro distribuisce per un totale di 172 milioni di euro. Il 14,8% dei bulgari e il 7,4% dei rumeni ha ottenuto questo sussidio, contro una media fra i tedeschi del 7,5%. Il sussidio Hartz IV serve più che altro ai disoccupati di lungo periodo o a chi lavora, ma guadagna cifre troppo basse per raggiungere il cd. minimo vitale fissato per legge. Ora, l'erogazione di una tale prestazione a quegli immigrati comunitari che hanno cercato un lavoro e non l'hanno trovato, non è prevista dalla legge vigente ed è molto controversa a livello giurisprudenziale.

Lo scorso ottobre un tribunale del Land Renania settentrionale-Westfalia ha riconosciuto il diritto di una coppia di rumeni arrivati in Germania nel 2009 ad ottenere il sussidio Hartz IV, pur avendo i due coniugi cercato un'occupazione per un anno senza trovarla. Più di recente, invece, un tribunale di Lipsia ha sollevato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea del Lussemburgo per sapere se la mancata assegnazione del sussidio a quegli immigrati comunitari senza lavoro e senza grandi possibilità di ottenerne uno sia conforme ai Trattati europei. Ciò che ha mandato su tutte le furie i cristianosociali (e a dire il vero anche una discreta parte della stampa tedesca) è stata la posizione espressa dalla Commissione Europea di fronte alla Corte.

Per i burocrati di Bruxelles, negare la corresponsione dell'assegno a cittadini comunitari sarebbe di per sé e in ogni caso contrario ai Trattati, non soltanto nei casi in cui il cittadino si sia messo alla ricerca del lavoro e non l'abbia trovato. Se una tale posizione dovesse essere confermata nella sentenza dei giudici del Lussemburgo si potrebbe effettivamente aprire una corsa al sussidio verso gli Stati più generosi. Finora, però, nulla di tutto ciò si è verificato. E la Germania continua ad aver bisogno di manodopera qualificata.