Dalla Germania sui rifugiati siriani un vero esercizio di leadership europea
Istituzioni ed economia
L’Italia, come ha ribadito oggi Gentiloni, è in prima linea con sforzi e risultati eccezionali sull’immigrazione. È un paese che deve far fronte all’immediata emergenza umanitaria del primo soccorso e da anni lavora, con esiti straordinari, per impedire un’ecatombe quotidiana di disperati nel Mediterraneo. Alzare il dito per bacchettare il nostro paese, da parte dei paesi vicini, non avrebbe dunque alcun senso.
Non bisogna fare polemiche, bisogna tutti fare di più. Esattamente come ha fatto il governo tedesco, che ha deciso di sospendere a beneficio dei profughi siriani l’applicazione del regolamento di Dublino e quindi di non respingerli verso i paesi di ingresso nell’Unione europea, formalmente competenti a esaminare la loro richiesta. Si tratta di una decisione e di un’assunzione di responsabilità di assoluta rilevanza, che può aiutare a sbloccare una situazione di stallo da cui nessuno stato in Europa può più trarre vantaggio. Neppure quei Paesi che si ritenevano immuni dal pericolo diretto, perché più lontani dalle rotte della speranza e devono invece fare i conti, come è accaduto recentemente al Regno Unito, con la propria vulnerabilità.
La protezione dei rifugiati, per le dimensioni e le caratteristiche che il fenomeno ha assunto e, secondo una ragionevole previsione, conserverà ancora per lungo tempo, o diventerà oggetto di una vera cooperazione europea, con l’adeguamento degli strumenti di diritto e operativi oggi disponibili e manifestamente insufficienti, oppure accrescerà le diffidenze e le tensioni nazionalistiche contro l’Unione europea. La decisione tedesca, che ha una grande portata pratica e politica, è un importantissimo passo avanti nella direzione giusta, una risposta inequivocabile alla violenza neo-nazista in Germania e un vero esercizio di leadership europea.
La xenofobia e l’eurofobia sono chiaramente due sintomi della stessa malattia. A prevenire il contagio, come è sempre più evidente, non basta il permanente scaricabarile politico-istituzionale tra gli stati e da parte dei vari stati verso l’Ue, come se immigrati e richiedenti asilo fossero rifiuti tossici da stoccare in luogo protetto e comunque sempre “altrove”. Questa sindrome Nimby anti-umanitaria non salverà l’Europa, ma la distruggerà.
L’Europa che si chiudesse come una fortezza, finirebbe sotto un assedio di cui in questi giorni abbiamo visto le premesse e a cui diverrebbe impossibile resistere. La difesa dell’Europa e dei suoi imprescindibili valori di libertà, sicurezza, democrazia e stato di diritto, passa oggi da una gestione unitaria ed articolata dei fenomeni migratori che la investono, sulla base di strategie e di investimenti di ampio respiro, che non possono essere dettate da chi cavalca la paura e scommette sul “tanto peggio tanto meglio”.