La Lega è il partito della spesa pubblica e dell'irresponsabilità fiscale: chiede assistenzialismo e protezionismo, chiede interventismo pubblico nell'economia e difende ogni e qualunque sovrastruttura statale, parastatale e affini. Diceva di volere meno leggi e oggi vuole più vincoli. Diceva di volere meno tasse e oggi vuole più spesa. Voleva salvare il nord dalle cattive abitudini del sud, e ha contribuito a trasformare il nord in un grande sud.

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Caro Matteo Salvini, di' qualcosa di leghista! Il segretario nordista sta battendo il territorio e sfruttando ogni occasione pubblica, ogni colonnino di giornale, ogni ospitata televisiva per lanciare un messaggio populista in vista delle elezioni europee. Un messaggio che si articola su due teoremi e un corollario. Teorema numero uno: l'euro è la causa di tutti i mali. Teorema numero due: neppure un immigrato deve varcare i (sacri?) confini della patria finché anche solo un italiano sarà senza lavoro. Corollario: tutto quanto di male sta accadendo non è colpa della classe politica che ha governato il paese negli ultimi vent'anni, e in particolare non è imputabile alla Lega, che pure ha partecipato coi suoi ministri agli esecutivi guidati da Silvio Berlusconi nel periodo 2001-2006 e 2008-2011.

C'è un che di paradossale in tutto questo, e non sta nel mero tentativo di scaricare il barile di una responsabilità pesantissima. Quello, in fondo, è normale prassi per un partito politico che si appresta a un confronto elettorale a valle di un periodo durissimo per la sua stessa identità. Il paradosso non è neppure l'incoerenza rispetto al messaggio che tradizionalmente la Lega manda all'elettorato, e che in parte ancora ne influenza la percezione. Il paradosso è che il movimento "nordista" ha, negli anni, cambiato completamente elettorato di riferimento. E, in questa evoluzione, ha totalmente stravolto i suoi messaggi, i suoi valori e i suoi obiettivi.

La Lega dei primi anni '90 si batteva - come recita un volantino dell'epoca - "per un federalismo liberista". L'idea di fondo era che i popoli del nord fossero fiscalmente oppressi da uno Stato centralizzato che non ne rispettava l'autonomia (da qui il federalismo) e ne calpestava le forze produttive (dal che l'esigenza di una rivoluzione liberista). "Basta Roma", nella propaganda leghista, era l'altra e inseparabile faccia di "Basta Tasse". Il nord era la gallina dalle uova d'oro: uova sottratte per mezzo delle imposte e impiegate da "Roma ladrona" per foraggiare un sud sempre più dipendente dal sostegno pubblico, e dunque sempre meno capace di cavarsela da sé. Sarà stato retorico, ma non era sbagliato, da parte della Lega, enfatizzare come l'assistenzialismo avesse penalizzato tutti, nord e sud, facendo bene solo agli intermediari: i "politici romani", il Palazzo, chi viveva distribuendo denaro dei contribuenti. Il federalismo e persino la secessione erano una risposta - giusta o sbagliata, meditata o estremista - a questo problema. Tant'è che la rottura con Silvio Berlusconi, che pure inizialmente trova pretesto nella riforma delle pensioni, viene poi giustificata da Umberto Bossi in questi termini: "La nostra mozione di sfiducia... è solo la conseguenza... delle tensioni... tra una destra assistenzialista e monopolista, che rappresenta null'altro che il tentativo di ripristinare la filosofia del vecchio pentapartito scardinato dall'avanzata della Lega, e la destra liberista e federalista, europea e moderna, incarnata dalla Lega" (21 dicembre 1994).

Poi, qualcosa è successo. Perché se oggi ci sono quattro aggettivi che non sono in alcun modo riferibili alla Lega - e che la Lega stessa rifiuterebbe - sono proprio "liberista e federalista, europea e moderna". Oggi il linguaggio leghista sta esattamente all'opposto. La Lega è il partito della spesa pubblica e dell'irresponsabilità fiscale: chiede infatti assistenzialismo (dalla difesa corporativa di Malpensa in giù) e protezionismo (i dazi), chiede interventismo pubblico nell'economia (la lotta alle privatizzazioni) e difende ogni e qualunque sovrastruttura statale, parastatale e affini (a partire dalle province).

Forse in questo cambiamento c'è la radiografia dello stesso declino economico della Padania: una regione che prima aveva per confine il mondo, e oggi del mondo ha paura. Una regione che prima votava i suoi rappresentanti perché andassero in Parlamento e la liberassero da lacci fiscali e lacciuoli burocratici, e oggi vota le stesse persone perché portino spesa pubblica, ri-regolamentazione, protezionismo e debito pubblico. La Lega proponeva di mantenere l'euro al nord ed "espellere" il sud lasciandogli la lira, e oggi vuole la lira per il nord. Diceva di volere meno leggi e oggi vuole più vincoli. Diceva di volere meno tasse e oggi vuole più spesa (e più centri di spesa). Diceva di volere salvare il nord dalle cattive abitudini del sud, e oggi ha contribuito a trasformare il nord in un grande sud, dove si fa una sola domanda (lo Stato che fa?) e si riceve una sola risposta (fa sempre di più, sempre di più).

"Chi va a Roma diventa romano", scandiva Bossi. Già.