mattarella

Il siciliano Mattarella, di fronte agli avvertimenti di chi con le buone o con le cattive gli intimava di incaricare per Palazzo Chigi il prestanome incaricato, Prof. Conte Giuseppe, avrà pensato “Calati juncu ca passa la china (calati giunco finchè non passa la piena), non badando al fatto che le piene in politica non passano, ma restano e che un Presidente giunco sommerso al Quirinale dalla piena populista serve al prestanome e ai suoi danti causa, ma non (parola grossa) alla Repubblica.

Probabilmente il Capo dello Stato ha pensato che la sproporzione dei rapporti di forza oggi rendesse imprudente perfino il banale ristabilimento del processo istituzionale di formazione del governo e l’esercizio delle prerogative presidenziali. Una cosa, del resto, è il consenso impolitico del monarca senza spada, che tutti i presidenti hanno guadagnato in Italia, l’anti-divo Mattarella compreso, fino a che hanno incarnato la Repubblica con la consistenza meramente iconica della Regina Elisabetta. Altra cosa è impegnare il Quirinale in una guerra di resistenza istituzionale contro l’anti-costituzionalismo dei nuovi tribuni della plebe, chiedere un consenso insieme istituzionale e politico contro lo sfascio incombente, se non imminente e reagire alle accuse di usurpazione di fronte a piazze sempre più piene e “anti-Palazzo”.

Non sappiamo cosa al suo posto avrebbe fatto Napolitano. Sappiamo però cosa Napolitano ha fatto in frangenti analoghi (non così gravi, a dire il vero) e non è quello che sta facendo Mattarella, che di fronte alla piena si è, appunto, calato. Per questo senso di irrimediabile minorità politica, Mattarella ha prima accettato che i tempi e i modi delle consultazioni si spostassero dal Quirinale alla tavola dei redattori del contratto di governo, recapitatogli già chiuso e rilegato, dopo essere stato democraticamente consacrato ai gazebo leghisti e su Rousseau. Poi ha accettato che in quella stessa sede negoziale gli azionisti della maggioranza regolassero anche le questioni indisponibilmente presidenziali, cioè la scelta del presidente incaricato e la nomina dei ministri, e lo richiamassero all’ordine, con la caratteristica fascisteria della famiglia Di Battista, al primo apparente tentennamento.

Ora però è più complessa l’opera di contenimento di un governo democraticamente eversivo: contro l’Ue, contro il quadro delle alleanze internazionali dell’Italia, contro i vincoli di spesa costituzionalmente accettati, persino contro il riconoscimento del diritto internazionale, su qualunque tema economico o civile, come questione che si rispecchia nel diritto interno e non può essere spazzato fuori dalla porta dei nostri sacri confini. Mattarella ha dettato a Conte una battuta criptorigorista sui conti dello Stato e il pareggio di bilancio, da regalare ai giornalisti all'uscita dal Quirinale. Dopo qualche ora, Salvini ha annunciato in diretta Facebook che il Governo in tema di finanza pubblica farà il contrario di quanto l'Ue ci ha "imposto con la minaccia",

La questione della democrazia come regime potenzialmente eversivo delle regole e dei principi costituzionali è stata posta ripetutamente a sproposito in tutto l’arco della II Repubblica: contro “i comunisti”, contro Berlusconi, contro le due riforme costituzionali approvate e migliori delle ragioni per cui il popolo le ha bocciate per via referendaria. Ora che per la prima volta andrebbe posta a proposito sembrano mancare non solo le parole, ma anche chi le pronunci, con il giunco del Quirinale che un po’ fa la Sfinge e un po’ sembra Godot.

@carmelopalma