salviniii

Chi uccide, stupra o aggredisce un altro essere umano va punito.
Punto. A prescindere dal colore della pelle.
Sei bianco, sei nero, sei rosa e ammazzi qualcuno senza motivo?
In galera, la violenza non ha giustificazione.
Il ragazzo nigeriano a Fermo non doveva morire, una preghiera per lui.
È sempre più evidente che l'immigrazione clandestina fuori controllo, anzi l'invasione organizzata, non porterà nulla di buono.
Controlli, limiti, rispetto, regole e pene certe: chiediamo troppo?

Così Matteo Salvini ha commentato su Facebook l'omicidio di Emmanuel Chidi Namdi.

In questo post, tutt'altro che protervo e manifestamente difensivo, Salvini prova a essere buono, senza cedere sugli argomenti cattivisti. Spoliticizza l'omicidio, che va punito e quindi capito a prescindere dal colore della pelle (dell'assassino però, quando il problema è la pelle del morto). Poi ne ripoliticizza la spiegazione in modo coerente con la vulgata xenofoba che rappresenta l'unica dimensione culturalmente nazionale della Lega nordista. La violenza? Un effetto collaterale dell'immigrazione.

Nel testo ricorrono tutte le parole chiave della retorica di Salvini: immigrazione (ovviamente clandestina e fuori controllo), invasione (inequivocabilmente organizzata) e limiti, rispetto, regole e pene certe. Non c'è niente della natura del delitto, né dal lato dell'omicida, né da quello della vittima, quindi nulla del significato del fatto, che è esattamente lo scandalo da cui Salvini deve provare a dissociarsi, perché è il senso dell'omicidio - non che sia morto un uomo nero, ma che sia stato ammazzato proprio perché era nero - a chiamarlo in causa e a costringerlo a parlarne.

Non c'è la parola "razzista" e "razzismo", ciò che l'omicida è e la ragione per cui ha prima offeso e poi ucciso la "scimmia" incrociata per strada. Non c'è la parola "rifugiato" - quali Emmanuel Chidi Namdi e sua moglie erano stati riconosciuti, essendo scampati entrambi alla furia di Boko Haram, ma non alla sorprendente precarietà del loro rifugio italiano. Però nel vocabolario di Salvini i rifugiati non esistono, neppure concettualmente, perché l'invasione non contempla differenze di diritto nell'indifferenza del fatto. Tutti invasori, con diverse e ugualmente irrilevanti ragioni.

L'ordine delle cause e degli effetti viene capovolto, cosicché la dimensione politica del delitto risulti anch'essa rovesciata. Lo sbocco d'odio violento è la conseguenza dell'immigrazione fuori controllo, il razzismo delle sue vittime, o per lo meno del loro numero esorbitante. È il passaggio più disonesto e tossico di questa sorvegliata condoglianza.

L'odio, invece, precede sempre chi è odiato, eleggendolo a bersaglio. Non è la vittima a suscitare l'odio del carnefice. L'odio è un prodotto culturalmente originario, perché non è un sentimento, ma un'ideologia, una spiegazione del mondo. L'odio è una dimensione collettiva e culturale e quindi politica del pensiero. In Europa abbiamo per secoli odiato gli ebrei - e stiamo tornando minacciosamente a farlo - perché abbiamo spiegato attraverso quest'odio tutto il male del mondo.

In un'Europa "invasa" da donne e uomini che arrivano da luoghi lontani e che rappresentano, con la loro stessa presenza, la nostra debolezza, il discorso dell'odio sta divampando come un incendio. Anzi è già divampato. Chi spera di usarlo per fini "pacifici", di mera rendita politica, si può dire davvero che scherzi col fuoco.

@carmelopalma