e.cig

“La sigaretta elettronica è uno strumento efficace per contrastare la gravissima tragedia del cancro del polmone. Se per ipotesi tutti i fumatori di sigarette tradizionali passassero alle sigarette elettroniche si otterrebbe a breve una riduzione drastica del cancro polmonare, che nel tempo diventerebbe una malattia rara”.

E’ Umberto Tirelli, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Tumori di Aviano, a leggere ad alta voce questa frase di Umberto Veronesi, durante il workshop sul “vaping” organizzato ieri da Strade e Vapitaly al palazzo Santa Chiara, a Roma.

Il consumo di tabacco è considerato dall’OMS la seconda causa di morte in assoluto, e la prima tra quelle “evitabili”. Ogni anno sono 6 milioni le persone che muoiono per malattie collegate al fumo, e le strategie per contenere o ridurre questo olocausto si rivelano nel complesso inefficaci. Per quale ragione allora non considerare le sigarette elettroniche uno strumento per contrastare il tabagismo? Se esistono farmaci alla nicotina, cerotti e chewing gum, perché non favorire anche l’assunzione di nicotina attraverso le e-cig?

Il dibattito sull’argomento ha preso piede in Italia a partire dal 2013, quando sulle sigarette elettroniche era stata imposta una tassazione simile a quella che grava sui prodotti del tabacco (58,5 percento). Una decisone che ha avuto l’effetto di mortificare un settore economico in espansione, favorire l’espansione del mercato nero di liquidi di dubbia origine, senza peraltro produrre neanche alla lontana i risultati di gettito attesi: 5 milioni di euro, invece dei 115 previsti.

Un fallimento su tutti i fronti, quindi, che ha contribuito a svelare in maniera evidente l’ipocrisia di fondo delle accise sui tabacchi: lo Stato impone una tassazione elevata su questi prodotti con l’obiettivo dichiarato di scoraggiarne il consumo, ma al tempo stesso con la consapevolezza che l’anelasticità della domanda di tabacco impedirà cali di consumi tali da mettere in pericolo le entrate fiscali.

E infatti quell'accisa mostruosa sulle sigarette elettroniche è stata smontata dalla corte costituzionale, che ha ragionevolmente riconosciuto che “mentre il regime fiscale dell’accisa con riferimento al mercato dei tabacchi trova la sua giustificazione nel disvalore nei confronti di un bene riconosciuto come gravemente nocivo per la salute e del quale si cerca di scoraggiare il consumo, tale presupposto non è ravvisabile in relazione al commercio di prodotti contenenti altre sostanze, diverse dalla nicotina, idonee a sostituire il consumo di tabacco, nonché dei dispositivi e delle parti di ricambio che ne consentono il consumo”. Eppure ancora oggi i liquidi delle sigarette elettroniche sono soggetti ad un regime fiscale molto sfavorevole, e le politiche su questi prodotti - in cui il tabacco non c’è - fanno parte della cosiddetta “direttiva tabacchi”. Un pregiudizio “interessato” da parte del legislatore, che sembra essere duro a morire.

Da prodotto da scoraggiare a prodotto da incentivare? Per rispondere si può prendere in considerazione l’esempio del Regno Unito, in cui il consumo di sigarette convenzionali ha cominciato a declinare - caso unico in Europa - dal momento in cui le autorità sanitarie hanno cominciato a promuovere l’uso delle sigarette elettroniche tra i fumatori abituali. E’ la nicotina a generare dipendenza, ma è l’inalazione del catrame, delle particelle e dei gas della combustione a uccidere. E se non si può arrivare a dire che le sigarette elettroniche “facciano bene” in sé - la nicotina non è la sostanza letale del tabacco, ma non è certo un principio attivo benefico - il legame diretto tra fumo di sigarette e tumori è una certezza dell’oncologia.

Ed è Pasquale Caponnetto, docente di psicologia clinica e generale presso l’Università di Catania, a ricordare che grazie alle sigarette elettroniche riescono a smettere di fumare il 13 percento di fumatori non motivati, a fronte del 3 percento che riescono a farlo senza il supporto di questo palliativo. Sono cifre enormi, se rapportati al numero di vittime del tabacco, ed è impossibile non prenderle in considerazione.

Ma non si corre il rischio che le sigarette elettroniche possano “iniziare” gli adolescenti al fumo, incoraggiandoli poi a passare alle sigarette convenzionali? Anche in questo caso sono i dati a confortarci: a fare uso di sigarette elettroniche sono quasi esclusivamente ex fumatori e fumatori. Anche l’uso contemporaneo di sigaretta elettronica e sigaretta convenzionale infatti è una formula efficace - forse la più efficace - per ridurre i danni da fumo.

Tutelare la salute, quindi, o continuare proteggere il gettito dei tabacchi (circa 14 miliardi di entrate ogni anno)? Se infatti le sigarette convenzionali fanno male alla salute, quelle elettroniche fanno male all’agenzia delle entrate. Se ne continuerà a parlare, a cominciare dalla due giorni che Vapitaly promuove oggi e domani a Roma, alla Città dell'Altra Economia di Testaccio.