Le onde gravitazionali e la scienza che non si ferma mai
Scienza e razionalità
I ricercatori che lavorano a LIGO, un esperimento scientifico basato negli Stati Uniti, hanno presentato al mondo, lo scorso 11 febbraio, la prima misurazione delle cosiddette onde gravitazionali. Molto di quel che si poteva dire su questo annuncio e sull'eccezionalità del risultato è stato già detto, ma qui ci concentreremo su come questa scoperta possa illuminarci su qualche aspetto della scienza in generale.
Secondo la teoria della relatività generale di Einstein, ogni oggetto nell'Universo modifica, con la sua massa, la forma dello spaziotempo, che rappresenta il luogo in cui tutti gli oggetti si trovano in ogni istante di tempo. A sua volta, lo spaziotempo può modificare, deformandosi, la forma degli oggetti che contiene. Quando un oggetto si muove, le deformazioni che provoca nello spaziotempo si propagano a distanza sotto forma di onde.
Il meccanismo è simile a ciò che avviene sui binari quando un treno ci passa sopra: il treno deforma i binari, e quella deformazione si propaga lungo il metallo, sotto forma di onda (questa volta meccanica). Se appoggiassimo l'orecchio su un binario, potremmo percepire quell'onda come un suono, ascoltando il treno che arriva, e anche al tatto come vibrazione.
I ricercatori di LIGO hanno misurato un'onda gravitazionale emessa da uno spettacolare evento avvenuto a circa 400 megaparsec (10 miliardi di miliardi di Km) di distanza dalla terra. Due buchi neri, pesanti rispettivamente 36 e 29 volte il sole, hanno iniziato a ruotare uno attorno all'altro, velocissimi (la velocità è passata da 35 a 150 giri al secondo). Sono partiti da circa 1000 km di distanza e hanno finito per toccarsi e fondersi l'uno con l'altro. L'evento è durato circa 1/5 di un secondo.
Questo annuncio è importante perché dà origine alla nuova tecnica di misurazione delle onde gravitazionali, perché è una ulteriore conferma della teoria della relatività generale, e perché è una prova della esistenza dei buchi neri.
Si diceva che è un ottimo esempio di come funziona la ricerca scientifica, attività niente affatto lineare, e di cosa è necessario per arrivare ad un risultato scientifico di questa portata.
Perché ci sono voluti 100 anni per provare l'esistenza delle onde gravitazionali? Innanzitutto perché è necessario capire a fondo il fenomeno da indagare. Già dal 1916 Einstein aveva scoperto che una delle conseguenze della sua teoria della relatività generale, pubblicata un anno prima, erano proprio le onde gravitazionali. Solo nel 1957, però, Richard Feynman ebbe un'idea su come influissero sulla materia circostante, e nel 1962 Gertsenshtein e Pustovoit delinearono i principi di funzionamento di un eventuale rivelatore di onde gravitazionali.
All'epoca si sapeva bene anche che, se pure fossero state misurabili, le onde gravitazionali avrebbero avuto un effetto estremamente piccolo. Era dunque utile concentrarsi su onde molto forti, così da osservare un effetto più grande. Cosa potrebbe produrre onde molto forti? Schwarzschild, nel 1916, trovò una soluzione delle equazioni di Einstein, e 42 anni dopo Finkelstein e Kruskal capirono che rappresentava quella cosa tremendamente pesante che oggi chiamiamo buco nero. Inoltre, Kerr nel 1963 calcolò cosa succede ad un corpo in rotazione, essenziale in questo caso.
Usare un buco nero è importante perché le onde gravitazionali create da un corpo sono tanto più intense quanto più il corpo è massivo. Ma anche a questo punto sarebbe stato impossibile riconoscere le onde emesse dal moto di un buco nero. Il motivo è che le equazioni della relatività generale, per quanto molto belle a vedersi, sono anche difficilissime da risolvere. Per capire che tipo di onde aspettarsi da un buco nero in moto, o da un qualunque altro sistema complicato, è dunque necessario risolverle utilizzando i computer.
Questo ci porta ad un altro ingrediente essenziale di una scoperta scientifica: la tecnologia. Per realizzare l'esperimento, infatti, è stata necessaria l'invenzione dei già menzionati computer, o meglio i due secoli di peripezie che queste fenomenali macchine hanno attraversato. Ma non finisce qui, perché ad esempio è stato fondamentale il laser (anche questo, sia detto incidentalmente, nato da un'idea di Einstein), che viene usato per amplificare i minuscoli spostamenti causati dalle onde. Cito solo un altro esempio fra i tanti: per sincronizzare le due diverse sedi dell'esperimento a 3000 km di distanza, è stato usato il sistema GPS, che a sua volta non sarebbe mai nato senza l'invenzione delle telecomunicazioni e l'esplorazione spaziale.
Anche con tutti questi accorgimenti, comunque, non è stato affatto facile raggiungere l'agognata misurazione. Perché gli esperimenti vanno affinati gradualmente, usando l'esperienza acquisita dai precedenti tentativi. LIGO infatti non è il primo esperimento progettato per misurare le onde gravitazionali. A partire dagli anni '60 c'è stata una lunga serie di proposte su come misurare le onde. Solo una di queste è quella effettivamente usata per questo esperimento. Durante gli anni '70 e '80 si è studiato come metterla in pratica.
Dopo aver capito qual era il modo più realistico di realizzare un esperimento, si è arrivati a quella che è, probabilmente, la parte della ricerca scientifica più odiata dagli scienziati: affrontare la burocrazia e richiedere i fondi. La proposta di costruire LIGO è del 1989. In quegli anni, intanto, si proponeva la costruzione di esperimenti analoghi, per esempio in Germania, Australia, Giappone e Italia. Non fu semplice ottenere il via libera della National Science foundation, arrivato nel 1990. Nel 1994 iniziarono i lavori poi terminati nel 1997.
Un esperimento però va tarato: è una macchina complessa e bisogna, diciamo così, imparare a usarlo. Per questo motivo LIGO non è arrivato al massimo della sensibilità fino al 2005, quando finalmente iniziò una raccolta dati della durata di due anni.
I rivelatori della prima generazione però non erano abbastanza sensibili da misurare con precisione il fenomeno, perciò ci si dovette accontentare di stabilire un limite massimo per l'intensità delle onde, in base al ragionamento "se ci sono, sicuramente sono più deboli di quelle che riusciamo a misurare attualmente". Ma c'erano forti indicazioni indirette che le onde gravitazionali ci fossero per davvero. La prova più importante è valsa il Nobel per la fisica del 1993. Russell A. Hulse e Joseph H. Taylor Jr. riuscirono infatti a misurare che il sistema stellare binario PSR B1913+16 perdeva una certa quantità di energia, con la logica conseguenza che questa energia venisse trasportata via dalle onde gravitazionali.
Nel 2004 dunque, senza scoraggiarsi, si decise di aggiornare l'esperimento, che si sarebbe chiamato Advanced LIGO, la cui costruzione è durata da 2008 al 2014. L'annuncio del primo risultato è del 2016, e il costo totale dell'esperimento è di circa 620 milioni di dollari.
Ne è valsa la pena? Personalmente credo di sì, perché si tratta di un grande avanzamento scientifico. Si è aperta un'intera nuova branca dell'astronomia, finora limitata allo studio delle onde elettromagnetiche. Ci sono già molte questioni aperte che potrebbero trovare una risposta nello studio delle onde gravitazionali.
Ma, come spero di aver suggerito con questo articolo, una scoperta scientifica non esiste senza il suo contesto, e a sua volta non si esaurisce in sé stessa, anzi, influenza tante altre branche della conoscenza. Mentre gli scienziati del Dipartimento della Difesa USA sviluppavano il GPS, Turing rifletteva sui computer, o Schwarzschild risolveva le equazioni della relatività generale, non avevano idea che il loro lavoro avrebbe contribuito anche alla scoperta odierna. Molto probabilmente però erano coscienti che avrebbero influenzato gli altri scienziati in maniere totalmente inaspettate.
Si può, insomma, immaginare la scienza come una grande rete di conoscenze, che si alimentano a vicenda. Ogni volta che si aggiunge nuova conoscenza, questa può avere ripercussioni in campi anche lontanissimi, e dopo molto tempo. Questo è il motivo per cui è buon senso investire tempo e risorse anche in ricerche che non sembrano avere una applicazione immediata. L'applicazione c'è, solo che non siamo ancora in grado di vederla.