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Alessandro Chelo ha recentemente pubblicato un pamphlet dal titolo "Bi-populismo? No, grazie. Manuale d'uso per la costruzione del terzo polo". In questo articolo, l'autore riassume le principali analisi e proposte del libro.

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Le vicende della guerra mossa da Putin contro l’Ucraina e della crisi del governo Draghi, hanno impresso ai processi politici una fortissima accelerazione e hanno costretto molti protagonisti della politica a gettare la maschera.

Conte e Salvini, sfiduciando Draghi, hanno tradito i patti, ma non hanno tradito loro stessi, anzi hanno semmai confermato la propria vocazione e la propria identità. Il tradimento davvero imperdonabile è quello di Silvio Berlusconi. Egli ha infatti tradito se stesso, lo spirito originario di Forza Italia e i tanti liberali che lo hanno seguito con simpatia anche nei momenti più difficili.

Tutto ciò ha determinato uno squadernamento del quadro politico che rende oggi non solo necessaria, ma anche finalmente realistica, una proposta politica alternativa al bi-populismo e trasversale rispetto allo schema destra/sinistra.
In effetti, oggi il vero confronto ideale, concettualmente, non è fra un populismo alleato con la sinistra e un populismo alleato con la destra, il vero confronto ideale è fra i due populismi da una parte e un'alternativa che fino ad oggi ha faticato a emergere dall'altra.

Oggi, finalmente, ci sono le condizioni per la sua genesi, ma il polo alternativo al bi-populismo, il cosiddetto terzo polo, non avrà successo se si limiterà a rivendicare la ragionevolezza del suo programma e il buon senso delle sue proposte: per avere davvero successo, dovrà contare su una narrazione attraente e su un posizionamento coerente con i nuovi paradigmi indotti dall’epoca 4.0. Per dare vita a questa iniziativa, bisogna quindi liberarsi dei pesanti zaini ideologici dell'una e dell'altra parte. Solo così si potranno unire trasversalmente tutti gli innovatori del nostro tempo. Bisogna uscire dalla trincea, aprirsi, accogliere.

Soprattutto, bisogna scrollarsi di dosso il “complesso della sinistra”: un partito di ex-PD non è un soggetto adeguato per costruire l'alternativa ai populismi. La missione del polo alternativo al bi-populismo, non è infatti quella di condizionare il centrosinistra, è semmai quella di affermare un atteggiamento liberale nel mondo politico e nella società nel suo complesso.
Certo, per costruire un’alternativa, bisogna mettersi bene in testa che non basta negare e denigrare la narrazione altrui, ma occorre proporne una propria, migliore. Essa deve fondarsi su una visione positiva dell’epoca 4.0 e su una concezione ottimistica della natura umana. Deve ispirarsi a una visione profondamente umanistica, incentrata sulla fiducia nelle possibilità degli individui e sui valori della libertà e responsabilità individuale.

Solo adottando un nuovo linguaggio positivo, ci si può rivolgere davvero a tutti gli elettori, considerandoli persone "a tutto tondo" e non rappresentanti di un blocco sociale. Un po' tutti evocano il valore della centralità della persona, ma ben pochi riescono ad andare oltre le etichette, ben pochi comprendono che una proposta politica adeguata ai tempi, deve saper rispondere ai bisogni esistenziali della persona nella sua interezza.

La sfida degli innovatori del nostro tempo passa attraverso il coraggio di rompere i vecchi schemi anche quando essi rispondono alle corde più emozionali delle nostre vecchie ideologie.

Il sistema democratico italiano ha dunque bisogno di una proposta innovatrice che sappia parlare il linguaggio della nuova epoca, veicoli un impianto ideale alternativo a quello bi-populista, attragga tanto chi, nel vecchio schema, si é sentito più rappresentato dalla sinistra quanto chi, nel vecchio schema, si é sentito più rappresentato dalla destra; un movimento oltre le sigle, i partiti e i partitini della vecchia epoca, che sappia proporre una leadership caratterizzata da volti nuovi.

Occorre contrapporre al catastrofismo, una visione ottimistica del futuro; all'indicazione dei colpevoli, la ricerca delle cause e delle soluzioni; alla retorica del complotto, il valore della responsabilità individuale; alla retorica dell’antipolitica, la responsabilità del potere; alla retorica del nemico, il valore dell’ascolto; alla retorica della difesa dell’identità, il valore dell’integrazione delle diversità; alla retorica del popolo, un'autentica centralità della persona.

Anche la difesa aprioristica dell’intoccabilità della Carta Costituzionale, appare perdente e tutta oppositiva: i nuovi paradigmi dell'epoca 4.0, impongono al contrario un’accelerazione all’adeguamento della Carta, non solo della sua seconda parte, anche, e soprattutto, della prima.

Ciò che va ripensato, infatti, è proprio il rapporto Stato/Cittadino: esso non può più essere rappresentato dallo schema genitore/bambino che lo ha caratterizzato fino ad oggi, deve evolvere verso lo schema adulto/adulto.
Allo stesso modo, il tema del fisco non va trattato su un piano strettamente moralistico, giacché le tasse non sono un dovere né una pretesa, rappresentano invece uno scambio: il cittadino partecipa ai costi dello Stato e in cambio riceve dei servizi. La questione non è se si pagano tante tasse in assoluto, ma quante tasse si pagano in relazione a quanto si riceve in cambio, ma in Italia si ha la netta impressione che tante tasse servano unicamente a pagare gli stipendi di chi controlla che siano pagate. Per proporre con successo questi temi, è necessario convogliare su una piattaforma politica comune tutte le energie non populiste presenti trasversalmente nei diversi schieramenti.

Così, finalmente, non sarà più necessario definirsi "anti-qualcosa" per affermare la propria identità e ci si potrà assumere la responsabilità di sostenere chiunque abbia l’onere del governo, destra compresa, affinché possa governare al meglio. Finalmente si cesserà di concentrare le energie sull’individuazione del malvagio di turno su cui scaricare ogni colpa e si proporranno invece soluzioni imperfette, ma migliorative. Non ci si illuderà più di poter costruire un “mondo giusto” sconfiggendo i “nemici”, ma si cercherà invece di scovare il bello e dargli spazio.

Le forze politiche storiche non sembrano pronte a gestire questo squadernamento, ma tante persone, invece, lo sono eccome. Lo è chi sta già esplorando le opportunità della nuova epoca; chi preferisce l’impegno alle garanzie; chi ritiene che il successo non derivi dalla rivendicazione delle proprie pretese, ma dall’espressione del proprio talento; chi apprezza i vantaggi derivanti dalla libera circolazione delle merci e delle persone; chi sa che il lavoro non si trova e non si perde, ma semplicemente si cambia.
Solo una casa fuori dai vecchi steccati, dai vecchi paradigmi e pregiudizi, liberata dal complesso della sinistra e dalla sindrome della destra, potrà rivelarsi una casa accogliente per questo popolo e potrà assolvere a un compito di portata storica.