Non serve un terzo polo, ma un secondo, per l'alternativa anti-populista
Istituzioni ed economia
La progressiva grillizzazione del PD e la sudditanza di Forza Italia alle pulsioni leghiste, suggeriscono a molti la necessità di mettere mano alla costituzione del cosiddetto terzo polo. Di cosa si tratterebbe? Secondo i suoi sostenitori, si tratterebbe di “una federazione europeista, garantista e riformista, contro ogni tipo di populismo”.
L’intento, per quanto lodevole, mi pare che non abbia alcuna possibilità di realizzarsi. Quali sarebbero le forze che dovrebbero costituire tale “federazione”? Azione di Carlo Calenda, a oggi, più che una forza politica é un logo, l’ex logo Siamo Europei, quello con cui si presentò nelle liste del PD alle elezioni europee che, esportato, si è trasformato appunto in Azione, logo che, in occasione delle prossime elezioni regionali, si accinge a tornare tra le fila del PD. Così almeno pare dalle dichiarazioni di Calenda e dalla sua ferma specificazione su Matteo Renzi: “non é uno serio”.
Ci sarebbe poi Energie per l’Italia, il logo di proprietà di Stefano Parisi che, a distanza di quasi due anni dalla sua presentazione, celebrata all’insegna dello slogan “Alternativi a Renzi e Grillo”, continua anch’esso a versare nel malinconico stato di logo. Ci si rivolge anche a Voce Libera, il logo di proprietà di Mara Carfagna. Si sa poco delle sue intenzioni se non nel senso di una tuttora dichiarata appartenenza allo schieramento moderato. Il pezzo forte della federazione sarebbe Più Europa, che già di per sé è un soggetto politico “federale”, che ha scontato divisioni e litigiosità, con l’abbandono di alcuni promotori.
L’unico partito oggi strutturato come tale, con parlamentari, consiglieri locali e strutture territoriali, che secondo alcuni dovrebbe far parte di questo fantomatico terzo polo, Italia Viva, é guardato con sospetto dalle altre succitate forze.
Insomma il terzo polo, se capisco bene, federerebbe tre loghi a una federazione già esistente, Più Europa, per federarsi a loro volta con un partito, Italia Viva, che sotto sotto molti di loro disprezzano e che con ogni probabilità non é interessato a questo progetto. L’iniziativa va a mio giudizio classificata nella categoria “imprese disperate” e non potrebbe che risolversi in una competizione interna, che non darebbe grande forza di proiezione esterna.
Detto ciò, c’è anche una ragione politica che suggerisce di non procedere con tale intento: la democrazia italiana non ha bisogno del terzo polo, ha bisogno del secondo polo.
Il progetto del terzo polo conferma implicitamente lo schema destra/sinistra: un polo di sinistra grillineggiante, un polo di destra salvinizzato, un polo liberal-democratico “di centro”. No. Il conflitto tra i populisti sovranisti “di destra” e i populisti giustizialisti “di sinistra” é del tutto secondario: in effetti appartengono allo stesso polo, il polo neo-populista.
Esso si fonda su una precisa e convincente narrazione di società, centrata sulla logica del nemico, dei diritti divenuti pretese, dello scaricamento delle responsabilità individuali. Tale narrazione affonda le sue radici nel peggio della cultura politica della destra sociale, ma soprattutto in larga parte della cultura politica della sinistra. Tanto i populisti sovranisti quanto quelli giustizialisti, sono disinteressati al desiderio di emancipazione degli individui, vogliono solo compiacere “il popolo”. Sono da questo punto di vista emblematiche le misure che hanno caratterizzato i governi gialloverde e giallorosso: i primi hanno chiuso i porti alle navi provenienti dall’Africa, i secondi hanno chiuso gli aeroporti agli aerei provenienti dalla Cina e in entrambi i casi si sono dimostrate misure tutte dimostrative, volte appunto a compiacere il popolo e, in fin dei conti, controproducenti.
Dunque la ricetta per rispondere ai bisogni della democrazia italiana, non consiste nel collocarsi al centro di un bipolarismo destra/sinistra che non c’è più se non nella testa (e talora nei desideri) di alcuni, né consiste nel “cartello anti”, nella “federazione contro”.
Occorre superare la logica dei giaguari da smacchiare, logica che certamente non é esclusiva di Pier Luigi Bersani e affligge da sempre la politica italiana. Anche la “federazione anti populista” é dunque destinata a fallire. Giustamente.
L’alternativa al neo-populismo deve dunque porsi in modo trasversale rispetto allo schema destra/sinistra e deve saper parlare a tutti gli elettori, nessuno escluso, ma soprattutto deve fondarsi su una narrazione di società e di futuro a oggi tutta da costruire.
Quali sono i requisiti per dare vita a siffatta alternativa? Sostanzialmente due e per nulla nuovi: una forza con un’identità distintiva e un leader ispirante. Dopo la delusione di Più Europa, ho molto sperato in Italia Viva. Ho infatti intravisto l’intento di un linguaggio nuovo ed anche il suo leader, per quanto discusso, ha certamente, per storia e influenza, una marcia in più. Può rappresentare, Italia Viva, l’embrione del polo alternativo a quello neo-populista?
La strada é in salita e i primi passi non sono entusiasmanti. In Itala Viva si continua a pensare troppo timidamente, si pensa di appartenere a un “campo naturale”, quello del centrosinistra. Renzi timido? Si, dovrebbe, secondo me, porsi in modo ancora più spregiudicatamente “renziano”. Per quale ragione, ad esempio, in nessuna regione si prende in considerazione di correre nel campo del cosiddetto centrodestra? Nella condizione di Italia Viva, o ci si astiene o si partecipa con mente e mani libere, oltre i vecchi steccati. Anche la ragione addotta a sostegno della scelta sul caso Gregoretti, prima, e sulla vicenda della prescrizione, dopo, consistente nel rivendicare continuità con le passate scelte del PD, mette in evidenza il limite di Italia Viva: l’idea di rappresentare “il PD dei giusti” o, peggio, “il vero PD”, il PD di quelli rimasti fedeli al suo spirito originario. Questo atteggiamento politico rappresenta il naufragio anticipato di ogni velleità di costruzione dell’alternativa. Anche per quanto attiene l’elaborazione ideale, ci vuole uno sforzo ben maggiore rispetto a quello messo in campo finora.
Non basta qualche riferimento ai riformisti degli anni ‘80, condito con una citazione di Obama, qualche gioco di parole e qualche testimonianza “vincente”. Ci vuole molto di più e ci vuole anche tempo, ma ci vuole soprattutto la consapevolezza di quanto l’elaborazione ideale sia imprescindibile per poter proporre una narrazione alternativa a quella neo-populista. Credo che Italia Viva raccolga simpatie anche tra chi potrebbe dare una mano in tal senso, ma la logica che ha guidato fino ad oggi le nomine e gli incarichi, non sembra agevolare il coinvolgimento di tali risorse: Italia Viva contesta come nel PD le scelte fossero prese nei “caminetti” e il dibattito interno fosse un retorico teatrino, così ha coraggiosamente deciso di eliminare il teatrino del dibattito interno. I caminetti, invece, ho l’impressione che restino accesi. Con tutto ciò, capisco, ci vuole tempo e ci vuole pazienza, ci vogliono anche, però, segnali dirompenti e dal forte valore simbolico. Vedremo.
Sta di fatto che, a oggi, il terzo polo é una pia illusione e l’alternativa é ancora una lontana chimera.