salvini abruzzo

Il risultato delle regionali in Abruzzo non sancisce la rinascita del centro-destra come coalizione nazionale, ma il trionfo di Salvini come leader meridionale.

Gli elettori che hanno voltato le spalle al M5S per riversarsi in massa sul nuovo dominus della politica italiana non hanno cambiato idea, ma cavallo, come è spesso è accaduto nella storia politica del mezzogiorno, con una volubilità apparentemente capricciosa, ma sempre orientata dal medesimo principio, quello di accordarsi al senso della “storia” e all’equilibrio del potere reale.

Nella Seconda Repubblica il Sud è stato politicamente tutto e il suo contrario, super-berlusconiano e super-antiberlusconiano, fino a diventare piattaforma politico-ideologica del M5S, quando il M5S è diventato il potenziale padrone della politica nazionale e dunque il possibile “pagatore” dei debiti storici che il vittimismo meridionalista addebita all’Italia, all’Europa e al mondo.

Resuscitando per l’occasione un centro-destra ormai puramente apparente, un fantasma del tempo che fu, Salvini è sbarcato al Centro-Sud spinto dallo stesso vento che aveva gonfiato le vele grilline, premiato dallo storico “realismo” di un elettorato capace di capire al volo chi comanda e di accodarcisi. Il voto meridionale è sempre politicamente ciclico, mai “anticiclico”. Anche quando è un voto di apparente rivolta, non è mai un voto di opposizione o di alternativa.

Quanto poco bene abbia fatto al Sud, quanto poca fortuna abbia portato ai suoi popoli questa caratteristica passività politica lo dimostrano tutti i fondamentali economici e civili di questo pezzo d’Italia intrappolato nel mito comodo e ricattatorio della propria “diversità”.

Il successo al Sud del leader leghista peraltro coincide con la definitiva “meridionalizzazione” della politica italiana, con la trasformazione non solo delle elezioni, ma della democrazia stessa in un enorme mercato di scambio (di voti, di posti, di immunità, di redditi…) e in una somma di particolarismi (territoriali e economici) straccioni, insomma nella degradazione della cittadinanza a sudditanza.

È lo stesso processo politico che ha portato l’Italia a smarrirsi in una identità civile scissa e incomponibile e il Sud a finire, anche moralmente, alla deriva e a vendersi a prezzo di saldo a qualunque offerente. Come profetizzava Sciascia, la linea della palma è salita fino all'estremo nord dello stivale. Per questo la linea della Lega e di Salvini può scendere fino all’estremo sud, ben oltre i confini insuperabili del vecchio identitarismo nordista.

@carmelopalma