(Public Policy/Stradeonline.it) Una Lega mai così forte in un centrodestra mai così debole. Questo è il bilancio elettorale del voto regionale e della trasformazione dell'alleanza forza-leghista in partito lega-forzista.

Salvini parla

Non è sempre possibile, né prudente, dedurre dall'aritmetica dei voti regole di matematica politica. Che si tratti di una semplice correlazione o di un rapporto di causa-effetto, è però abbastanza evidente che la tendenza all'allargamento del consenso per la Lega di Salvini oggi è connessa alla progressiva erosione della base moderata del voto di centrodestra.

Da quando nel 2000 la Lega e Berlusconi, dopo il quinquennio di gelo tra il Senatur e il "mafioso di Arcore", rinegoziarono l'alleanza destinata a costituire la base stabile del centrodestra italiano, la coalizione forza-leghista per un decennio ha sempre raccolto in termini percentuali il favore di quasi un votante su due. Il 46,99% alle regionali del 2000, il 45,90% alle politiche del 2001, il 49,74% alle politiche del 2006; il 46,81% alle politiche del 2008; il 46,99% alle regionali del 2010. Il punto più basso, al 41,78%, alle regionali del 2005, quando già si annunciava il trionfo (che non ci fu) di Prodi alle successive elezioni politiche.

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Il crollo del 2013, con il centrodestra italo-forzista sotto la soglia del 30%, si è arrestato forse nel 2015 grazie all'ascesa di Salvini, invertendo drasticamente la tendenza all'emorragia elettorale? La risposta è evidentemente no, sia che si ragioni in termini di percentuali di voto, sia che si valuti la dinamica dei voti reali. Nel 2015, nelle sette regioni in cui si è votato, il centrodestra lega-forzista (con le liste collegate) rimbalza appena al 33,25%.

In questa percentuale non si considerano ovviamente le liste culturalmente "moderate" - quella di Tosi, Fitto, Musso ecc. ecc. - non alleate né con la coalizione Lega-Forza Italia, dove questa era unita, né con uno dei due partiti, dove questi marciavano divisi. Se però si considera anche l'affluenza, che nelle sette regioni considerate era nel 2013 al 75,20% e nel 2015 è scesa al 53,90%, il dato che emerge è che il centrodestra azzurro-verde ha raggiunto il fondo della sua storia elettorale, raccogliendo in termini assoluti il favore di meno di un elettore su cinque. È solo un caso?

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Salvini ha iniziato a sfondare il muro nordista e a crescere a percentuali straordinarie nel centro Italia, radicalizzando in senso anti-europeo le vecchie istanze localiste e anti-italiane del Carroccio. L'italo-leghismo ha portato Salvini a diventare un leader ideologicamente più trasversale e esportabile di quanto Bossi, con il suo padanismo etnico-culturale, abbia mai potuto e voluto essere.

Questo fenomeno non ha caratteristiche originali, ma si ricollega al "difensivismo" nazionalista ampiamente diffuso in tutta Europa, che però è culturalmente antagonista e alternativo al centrodestra liberal-conservatore. A suo modo, anche in Italia. Dove i "moderati" però non hanno più un partito, ma risultano dispersi tra il voto renziano, quel che resta del voto centrista e il mare magnum dell'astensionismo.

@carmelopalma
@danieleceschi 

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