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Licenziato il tentativo giallo-verde, la democrazia è salva e i risparmi degli italiani pure. Eppure ieri ci siamo svegliati col differenziale di rendimento dei titoli di stato italiani e tedeschi a 320pb, mentre Piazza Affari scambia sfondando il -3%. Com’è possibile?

La scelta di Mattarella di non dare il via ad un Governo Conte che conteneva nella propria rosa il nome di Savona, inviso all’Europa e ai mercati, è perfettamente legittima: oltre che rispondente al dettato costituzionale dell’art. 92 ed alla più affermata dottrina di Diritto Costituzionale di cui disponiamo, è prassi da sempre che il Presidente della Repubblica non sia mero esecutore delle volontà del Presidente del Consiglio incaricato, ma che partecipi attivamente al dibattito sulla squadra di governo ed eventualmente ponga veto su nomi particolarmente inadatti all’uopo. Chi nega questa prerogativa del Presidente è ignorante o in malafede. Ciò però non ci vieta di ragionarne in termini di opportunità politica, che è ben altro piano rispetto a ciò che è o non è legittimo secondo la legge.

Ogni azione ha uno scopo e una reazione. L’azione di Mattarella aveva due scopi: il primo, quello di mantenere salda la barra delle istituzioni democratiche del Paese (che erano minacciate da una ingerenza dei partiti nella scelta di un Ministro, ritenuta eccessiva dal Presidente); il secondo, probabilmente - ma questo non è che un "non detto" che possiamo solo immaginare -, quello di scongiurare oggi un governo che pensava all’uscita dall’Euro se non come un piano B, quantomeno come un piano C.

Mantenere salda la barra delle istituzioni democratiche, si diceva. Una democrazia che, complice anche l’assurdo rapporto di amore-odio per il comando degli italiani, che a destra vogliono l’Uomo Forte che scacci i "brutti negri" e a sinistra il Macron italiano, ma hanno paura di una legge elettorale maggioritaria e di un Parlamento ad una sola camera, è stata innegabilmente tenuta in poco conto negli ultimi anni, in cui abbiamo visto alternarsi governi tecnici e vari Presidenti del Consiglio scelti sulla base del risultato di elezioni europee e non di quelle politiche, che saranno senz’altro una buona indicazione della volontà popolare, ma hanno i propri limiti.

E dunque mai come oggi avremmo bisogno di dare voce agli elettori, anche per evitare che in futuro decidano che la "voce" non è più abbastanza. Sarebbe stato un vulnus democratico così grave concedere il Ministro che i gialloverdi volevano? Mattarella ha senz’altro permesso molto concedendo l’incarico ad un tecnico che avrebbe dato indirizzo politico in Parlamento ad un programma non suo; ma far giurare nelle proprie mani un professore universitario che aveva già rassicurato circa la propria contrarietà, rebus sic stantibus, al famoso Piano B di uscita dall’Euro, che peraltro non era previsto dal programma che Conte aveva in dote, sarebbe stata una tragedia così enorme?

Di quali altre rassicurazioni aveva bisogno Mattarella, ammesso che possa veramente influenzare la formazione del Governo al punto da stralciare sua sponte un tema a cuore della maggioranza degli onorevoli in Parlamento e dei rispettivi rappresentati?

Ma ammettiamo pure che accettare la forzatura di un nome potesse costituire un vulnus democratico. Incaricare un Presidente del Consiglio privo del minimo barlume di rapporto fiduciario col Parlamento, quale sarà Cottarelli, non rappresenta una vera lesione del principio di rappresentatività? A nome di chi Cottarelli fornirà indirizzo politico alle Camere, quando si dovrà affrontare il tema della Legge di Bilancio o quello della Legge Elettorale? E se anche volessimo ammettere che saranno le Commissioni apposite a trovare una mediazione su questi due temi, secondo la stessa logica dovremmo ammettere che un Esecutivo non serve in nessun caso, che il secondo potere di Montesquieu sia inutile ed elidibile, che i banchi del Governo a Montecitorio siano stati messi giusto perché pareva brutto lasciare vuota parte dell’emiciclo.

No: l’attività nomopoietica ha bisogno di indirizzo politico, altrimenti è una continua assemblea costituente, un accordo al ribasso per accontentare tutti e nessuno, e non è così che funziona una democrazia. Ma operiamo pure una reductio ad absurdum, ed ammettiamo che di un Governo possiamo fare a meno, ed anche del potere di indirizzo politico di cui dispone: cosa diremo al mondo nel G7, nel Consiglio Europeo e nel vertice NATO di Giugno e Luglio? Cottarelli avrà una cimice nell’orecchio e riferirà quanto vorranno il Parlamento e le Commissioni, collegati su Skype?

Per quanto riguarda il secondo obiettivo di Mattarella, se si può concordare che quella di Savona fosse effettivamente una forzatura non necessaria in un momento di tale fragilità per il Paese, d’altra parte è stata una trappola nella quale il Presidente è cascato con entrambi i piedi. Un governo con una maggioranza così risicata non avrebbe mai adottato atti legiferativi così estremi da rischiare una fronda interna (ricordiamo che 161 sono i voti necessari acché trovi luce e permanga un rapporto fiduciario fra il Senato ed il Governo, a fronte dei 167 di cui poteva godere l’esecutivo Conte). Probabilmente niente pazzie, dunque, almeno in questa legislatura: siamo così sicuri che gli elettori di forze populiste dai programmi così omogenei, che sulla carta già oggi avrebbero già potuto governare il Paese, non raggiungano prossimamente un numero tale da permettere di imporre - Mattarella volente o nolente - qualunque rosa di nomi vogliano Lega e Movimento, appurato che un veto a quel punto portebbe realisticamente la gente in piazza coi forconi?

D’altra parte, non è forse meglio, per i famosi mercati, un governo stabile che fa poco danno, di un governo nato già morto, dunque meno che instabile, e di un futuro Governo del Cambiamento (Populista) in gran spolvero, forte di un investimento ancora maggiore da parte degli elettori? Con questo non si vuole ovviamente dire che un nome quale quello di Savona non fosse un male: conosciamo tutti il suo pensiero sull’Europa e l’Eurozona, un pensiero pericolosissimo per la tenuta del tessuto economico del Paese. Ma le reazioni dei mercati dimostrano che questo pericolo non è scampato, e anzi è acuito dal fatto che i sondaggi indicano il consenso di Lega e M5S in aumento. Forse un Savona oggi sarebbe stato meglio di un Savona (o chi per lui) domani?

Ah, Presidente, cosa mi fa fare: io neanche ci credo nel valore della democrazia, ma qui mi tocca dar ragione ai gialloverdi. Non l’avrei mai detto.