sapienza

(Public Policy - stradeonline.it) In queste settimane si è parlato e discusso della proposta di offrire a una platea varia di laureati (prima a tutti, poi solo a quelli in corso, poi solo ai futuri laureati) il riscatto gratuito degli anni di laurea. L'idea è intesa a garantire una qualche forma di compensazione pensionistica a quelle centinaia di migliaia di lavoratori giovani che, al momento della pensione, avranno una contribuzione scarsa e insufficiente a causa di un percorso professionale precario e "accidentato".

La proposta è sbagliata, regressiva, iniqua e non risolve alcun problema e, anzi, rischia di fingere di mettere una pezza a un problema che invece rimarrebbe più aperto di prima.

Andiamo con ordine. Il problema esiste e fa parte della più ampia questione dello squilibrio tra nuove generazioni talmente flessibilizzate da essere destinate a spezzarsi e la generazione dei baby boomers che, pur ormai improduttiva, continua a ricevere le maggiori attenzioni e risorse da parte della politica. I millenials, non mi stancherò mai di dirlo, non hanno alcuna coscienza collettiva e continuano a essere fregati dalle generazioni più anziane che sono organizzate e quindi influenti.

Il riscatto della laurea è un istituto che consentirebbe al lavoratore di versare volontariamente i contributi per un numero di anni pari a quelli del corso di laurea frequentato. Questo permetterebbe da un lato di accedere con più facilità al trattamento di pensione di vecchiaia anticipata e dall'altro, e soprattutto, di ottenere un assegno finale un po' più alto in virtù dei maggiori contributi versati. La proposta è quella di garantire questo riscatto a titolo gratuito.

Questa idea presenta una serie di problemi che la rendono una scelta sbagliata, poco sensata e poco utile allo scopo.

1) Fortemente regressiva: il riscatto degli anni di laurea si effettua sulla base dello stipendio percepito al momento della richiesta. Ciò vuol dire che un lavoratore con uno stipendio di 25.000 euro annui deve pagare la metà di uno con uno stipendio di 50.000 euro (ma i relativi benefici sono proporzionali all'importo versato). Il che implica che rendere gratuito tale riscatto è una operazione fortemente regressiva: favorisce chi ha redditi alti e penalizza chi li ha bassi e riceverebbe un contributo molto minore. Si tratta di un esito paradossale: infatti l'obiettivo dichiarato di un provvedimento del genere è il sollievo proprio di quelle situazioni di disagio dei lavoratori discontinui e poco pagati che rischiano di avere una pensione al di sotto della sussistenza.

2) Strabicamente selettiva: la proposta si rivolge solo ai laureati. Peccato che in genere, nonostante lo scarso valore attribuito nel mercato del lavoro italiano al titolo, chi non ha una laurea soffra - ben di più di chi è dottore - di discontinuità del percorso contribuitivo. Affrontare il tema partendo dal riscatto della laurea è quindi sbagliato e poco utile allo scopo.

3) Iniqua. Il provvedimento avvantaggerebbe di più chi ha affrontato percorsi di studio più lunghi: per esempio, i medici che hanno studiato dai 6 agli 11 anni (compresa la specializzazione) e che hanno un percorso lavorativo molto più stabile di tutti gli altri laureati italiani (anche grazie al numero chiuso), sarebbero enormemente avvantaggiati.

4) La truffa. Il provvedimento si propone come intervento a favore dei giovani ma in realtà solo contabilmente sarà a carico delle generazioni attuali: i costi di questa idea emergeranno solo nel momento in cui i giovani d'oggi saranno in pensione e saranno quindi scaricati sulle generazioni future. L'ennesimo furto generazionale a carico di chi ancora non è nato.

Per affrontare la questione generazionale è necessario invece un piano organico che consenta di concentrare risorse di oggi sulle opportunità di lavoro e sull'assistenza sociale dedicata alla generazione dei millenials, sempre più povera e sempre più privata della speranza e del proprio futuro. Con proposte più ficcanti e che colpiscono il problema al suo nucleo riequilibrando da ora le risorse tra la generazione che già ha preso e quella che sta dando il sangue e che si carica anche dell'enorme debito già accumulato. Ad esempio:

a) un sistema fiscale che tenga conto, oltre che del reddito, anche della coorte anagrafica di appartenenza (sul presupposto che il debito pubblico deve essere pagato da chi ne ha beneficiato e non dai posteri).

b) favorire investimenti in nuove tecnologie (su cui i giovani hanno, per ragioni ovvie, una marcia in più);

c) incentivare in modo strutturale l'assunzione di giovani;

d) rendere meno "duale" il sistema di protezione del sistema del lavoro: il jobs act, a dispetto delle intenzioni, ha creato un fosso ancora più grande tra chi, più anziano, è stato assunto tempo fa e gode delle protezioni dell'art. 18 e chi, invece, di quelle protezioni non vedrà mai nemmeno l'ombra.

e) ridurre il cuneo contributivo ad esempio garantendo una riduzione dei contributi a carico di chi decidesse di optare per la rinuncia alla reversibilità della pensione, istituto nato e pensato in un altro secolo ma che ha ben poco senso per i millenials, generazione in cui nessuno, uomo o donna, si può permettere di programmare la propria vita alle spalle del partner mentre questo è in vita... e pure dopo.

L'elenco è ancora lungo, ma di certo non include la proposta di rendere gratuito il riscatto della laurea.

stradeblog

Questo articolo appare anche su #STRADEBLOG, il primo blog ospitato sul notiziario di un'agenzia di stampa, curato da Strade. Tutti i post di #STRADEBLOG diffusi da Public Policy - grazie per la fiducia e la collaborazione! - sono pubblicati, più o meno in contemporanea, su Strade.