Grazie nonni, ma ora serve il contributivo per tutti
Istituzioni ed economia
Proprio nei giorni in cui la Corte di Cassazione ha certificato le cinquecentomila firme raccolte per il referendum abrogativo della riforma Fornero, promosso dalla Lega e salutato con favore dalla CGIL, occorrerebbe guardare alla questione non dalla parte dei pensionati e dei pensionandi "danneggiati" dalla nuova disciplina previdenziale, ma da una prospettiva generazionalmente rovesciata, cioè dalla parte dei giovani e del futuro economico del Paese. In questa prospettiva, che, non solo perchè anagraficamente giovane, provo a interpretare razionalmente, penso che bisognerebbe interrogarsi sull'estensione intelligente e ponderata del sistema pensionistico contributivo a tutti i pensionati.
La battaglia irresponsabile del leader della destra lepenista, Matteo Salvini, sostenuta da sinistra dall'altresì imprudente Camusso e appoggiata dalla miope gerontocrazia del nostro Paese non si limiterebbe a portare alla bancarotta il sistema previdenziale e ad aggravare l'esposizione al rischio dei più giovani, privati di ogni effettiva protezione sociale. Farebbe ben di peggio. Ci - passo al prima persona plurale - precluderebbe la possibilità di edificare il nostro futuro.
Veniamo al punto. Le pensioni in Italia assorbono oltre il 65% della spesa sociale, circa 280 miliardi, un livello superiore di oltre dieci punti percentuali rispetto la media UE. Oltre evidentemente a sottrarre risorse all'assistenza sociale (come contrasto della povertà, disoccupazione e emarginazione e come sostegno alle famiglie), rendono praticamente impossibile qualunque manovra di bilancio, visti anche gli 11 miliardi di euro che ogni anno lo stato deve versare nelle casse dell'INPS per provvedere al disavanzo strutturale della funzione previdenziale (l'unica gestione in attivo è quella dei parasubordinati, che è diventata una sorta di bancomat delle altre gestioni, a partire da quella dei dipendenti pubblici). Seppur la riforma Fornero abbia in qualche modo messo una pezza alla sostenibilità del sistema pensionistico con un risparmio previsto di 80 miliardi entro il 2021 rispetto alla situzione precedente, il problema generazionale permane. L'Italia è un paese senescente, che non cresce e con una disoccupazione giovanile del 45% e che supera il 60% nel sud Italia. Tradotto: quelli che lavorano oggi, tra cui pochi giovani fortunati, pagano con i loro contributi le pensioni a chi col vecchio sistema continuerà ad incassare fino al 90% dell' ultimo stipendio, mentre chi paga oggi andrà in pensione con un assegno che - alla meno peggio - coprirà il 40 o al massimo il 50% dell'ultimo salario.
Cosa chiediamo quindi? Prima di tutto grazie. Grazie nonni.
Senza il vostro infinito sostegno, senza il vostro supporto finanziario e senza i vostri faticosi risparmi di una vita, molto probabilmente milioni di famiglie non avrebbero sopportato la crisi e molte di quelle che ancora oggi si reggono in piedi, grazie a voi, non potrebbero sopravvivere. Ancora grazie per aver sostentato tanti giovani negli studi e per mantenerne ancora troppi che non hanno un lavoro. Non vogliamo però essere una generazione di mantenuti. Anzi, tutt'altro. Mai come oggi, avvertiamo l'esigenza dell'ora: vogliamo formarci, lavorare, creare il nostro futuro e contribuire alla rinascita di questo Paese.
Crediamo quindi che estendere il sistema contributivo a tutte le pensioni, anche con il ricalcolo delle prestazioni in corso di erogazione, sia un atto dovuto prima che un sacrificio. Non esigiamo solidarietà, ma semplicemente continuità generazionale, vogliamo far crescere questo Paese come avete fatto voi. Non vogliamo un pezzo del "vostro" welfare, vogliamo usare i possibili risparmi per migliorare le prospettive del nostro destino comune.
La richiesta quindi è questa: con parte dei miliardi di euro che si risparmierebbero con l'estensione ponderata del sistema contributivo a tutti (molte e interessanti sono le proposte avanzate a questo fine), finanziare fin da subito università, innovazione e ricerca. Tre sono i punti sui cui ci si potrebbe focalizzare:
1) Raddoppiare i finanziamenti alle università, accorpandone prima un numero considerevole e chiedendo alle stesse di specializzarsi: per troppo tempo il sistema universitario ha proposto un unico modello, tendendo alla saturazione di tutti i pacchetti formativi, senza specializzarsi per aree di eccellenza, sia di tipo settoriale (le diverse discipline) sia di tipo funzionale (la ricerca e l'insegnamento post-graduate o l'insegnamento di base).
2) Aprire immediatamente e senza indugi agli OGM e diventare la prima nazione europea per ricerca in questo campo: il connubio tra cultura agroalimentare italiana e innovazione tecnologica creerebbe migliaia di nuove opportunità lavorative e renderebbe più rimunerativo il settore agricolo.
3) Puntare al massimo sulla ricerca medica: abbiamo il terzo sistema sanitario più efficiente del mondo, i nostri pochi e sottopagati ricercatori sono tra i più bravi ed investiamo in ricerca solo 1,1% del nostro Pil contro una media UE del 1,4%. Con ingenti investimenti sulla ricerca medica si potrebbe diventare i migliori al mondo. E magari si allungherebbe ancora di più la vita dei nostri amati nonni.
Come vedete, non sarebbe un modo per "rubarvi" la pensione.