logo editorialePer il momento, il faticoso giorno per giorno dell'esecutivo - alle prese con problemi interni e vincoli esterni meno "flessibili" di quanto si sperava - e la trionfante popolarità del Presidente del Consiglio sono due fenomeni politicamente paralleli, né convergenti, né divergenti, ma clamorosamente indipendenti.

A Renzi la congiuntura politico-economica non risparmia nulla e avversari e alleati ancora meno. I fatti deludono chi auspicava che il semestre di presidenza italiana avrebbe incrociato la ripresa di produzione e occupazione e alleggerito il peso di una crisi sociale endemica e delle sue emergenze più drammatiche (prime quella geografica, con un sud alla deriva e generazionale, con i giovani rimasti al palo di un benessere sempre più precario e meno "ereditabile").

Dall'altra parte, un sistema politico interamente risucchiato dalla scia del ciclone fiorentino lavora di mazza e di fioretto al suo logoramento e un parlamento sopravvissuto al default della stagione pre-renziana si muove in modo tanto ostile, quanto sbandato, più interessato a intrappolare il premier nelle sabbie mobili dell'immobilismo che a incalzarne e saggiarne l'impegno riformatore. Eppure tutti i sondaggi confermano che Renzi va come un treno, malgrado l'esecutivo e la sua maggioranza sulla gran parte dei dossier segnino il passo o tornino indietro.

Si può pensare che Renzi goda della stessa fiduciosa indulgenza che aveva già beneficiato Berlusconi e del favore di un elettorato disponibile a credergli a qualunque costo, per non rinunciare alla speranza di un miracolo low cost, che faccia tutti più ricchi senza rendere nessuno più povero, che dia a ciascuno di più, senza riconoscere a nessuno di meno, che cambi tutto del "sistema", senza cambiare niente nella vita concreta di milioni di italiani, che pure del "sistema", a partire da quello politico, fanno a diverso titolo tutti ugualmente parte, malgrado le rivendicazioni di estraneità.

Si può pensare che il genio di Renzi (come prima di Berlusconi) sia innanzitutto quello di comprendere il genio degli italiani come consumatori di illusioni e vendicatori di delusioni politiche e di saperlo intelligentemente corrispondere. Oppure si può pensare molto meglio o molto peggio di così, ma il risultato non cambia. Renzi ha in mano l'Italia, mentre il suo governo - non solo per colpa di Renzi - non è "in controllo" praticamente su nulla e non ha in mano vere carte da giocare. Né sul tavolo europeo e internazionale, né su quello domestico dove, eccettuata la riforma costituzionale, l'attività di governo è al momento una lunga sequela di non riforme o controriforme, ultima in ordine di tempo quella annunciata oggi da Poletti sulla riforma Fornero.

Presto a tardi però, seppur con tempi italiani, anche per il fenomeno Renzi la realtà del governo, nei suoi esiti e la rappresentazione politica, nei suoi meritati o immeritati fasti, dovranno tornare a coincidere. E c'è da sperare che per allora l'allineamento sia in alto, non in basso.

@carmelopalma

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