Le sofferenze del governo e quelle del sistema bancario
Maggio/Giugno 2016 / Istituzioni ed economia
La qualità del credito è probabilmente il principale problema del sistema bancario italiano e il governo Renzi ha varato una serie di iniziative per farvi fronte. Dalla Gacs (Garanzia sulle Attività Cartolarizzate) al neo costituito fondo Atlante, le misure approntate sono state numerose e complesse sul piano tecnico. Proviamo a fare una valutazione d'insieme della strategia dell’esecutivo, oltre l’analisi separata delle singole misure.
I crediti di difficile esigibilità delle banche italiane sono tanti (troppi) e sono cresciuti in modo preoccupante negli ultimi anni, ma soprattutto sono “coperti” da una quota di accantonamenti che, seppure tra le più elevate d'Europa (51% per gli istituti quotati vs una media del 45% negli altri paesi UE), non è ritenuta dai mercati sufficiente a compensare integralmente le potenziali perdite sui crediti.
Leggendo lo stesso fenomeno da un'altra angolazione, aleggia il fondato sospetto che la qualità dei crediti del sistema sia peggiore di quanto non emerga dai bilanci, ossia che alcuni crediti classificati in bonis siano in realtà incagli (crediti verso soggetti con problemi di liquidità risolvibili) o addirittura sofferenze (crediti verso soggetti insolventi).
Per rendere l'idea di questo fenomeno, i crediti bancari deteriorati (ossia verso soggetti che si sono già dimostrati inadempienti e con un’elevata probabilità di non essere recuperati integralmente) ammontavano in Italia a 131 miliardi nel 2008, pari al 6% del totale crediti, e sono arrivati a 361 miliardi nel 2015 (18% del totale con una variazione del 275% in 7 anni). Come termine di paragone, la media europea si attesta intorno al 5.6%, e sotto il 3% quella degli Stati Uniti. Tutto questo si ripercuote pesantemente sulla valutazione che i mercati danno degli istituti bancari, se consideriamo ad esempio che, mentre Strade va in stampa, Unicredit quota il 39% del proprio valore di libro, mentre per Intesa San Paolo questo valore è pari a 84% (le due banche insieme valgono circa un terzo del totale crediti deteriorati del sistema).
Ci troviamo di fronte, pertanto, al seguente problema:
a) le banche avrebbero bisogno di più capitale di rischio per rassicurare i mercati (e le autorità di vigilanza) sulla loro capacità di far fronte alle perdite potenziali;
b) tuttavia, difficilmente un investitore razionale può sottoscrivere un aumento di capitale senza una stima ragionevolmente fondata sull'entità di queste perdite;
c) l'unica via per eliminare l'incertezza sui crediti problematici (e quantificare le perdite potenziali) consiste nel cederne una porzione rilevante, ma questo comporta perdite immediate e ulteriore distruzione del capitale che è già esiguo.
La strategia del governo muove dai seguenti presupposti:
a) L’incertezza sul valore di recupero delle sofferenze dipende dall'inefficienza e dalla lentezza del sistema giudiziario e determina una valorizzazione penalizzante da parte degli investitori, costretti a utilizzare tassi di sconto più elevati per tenere conto del rischio e ad applicarli su periodi molto lunghi;
b) l'effetto leva finanziaria ottenibile attraverso operazioni di cartolarizzazione consente agli acquirenti, a parità di rendimento atteso, di offrire prezzi più elevati;
c) dopo che i crediti in sofferenza sono stati correttamente valorizzati, investire nel capitale delle banche che prima erano in difficoltà può diventare un'interessante opportunità, poiché le loro azioni tenderanno a rivalutarsi al venire meno dei fattori di incertezza sulle perdite attese;
d) un “compratore di ultima istanza” che intervenga a rilevare gli aumenti di capitale in-optati o le tranche junior di cartolarizzazioni ritenute troppo rischiose, intervenendo al margine, può offrire agli istituti in maggior difficoltà l'elasticità necessaria per rimettersi in sesto.
Date queste premesse, la strategia del governo si articola in due fasi: nella prima, una parte rilevante delle sofferenze degli istituti in maggiore difficoltà viene ceduta a terzi, limitando al massimo l'impatto in bilancio, ossia cedendo a valori il più possibile vicini al valore nominale dei crediti al netto degli accantonamenti. Nella seconda fase gli istituti vengono ricapitalizzati. Motivi di urgenza o di opportunità, come si è ad esempio verificato con la Banca Popolare di Vicenza, possono portare ad invertire questo ordine logico. Peraltro, quest'ultima recente esperienza dimostra come un "acquirente di ultima istanza" debba essere preparato anche a svolgere il ruolo di "acquirente unico”.
Con riferimento alla prima fase, lo scoglio da superare deriva dal fatto che, di norma, il valore netto di bilancio dei crediti in sofferenza è allineato ai flussi di cassa lordi recuperabili, mentre il prezzo offerto dagli acquirenti è ottenuto scontando quegli stessi flussi, dedotti i costi di procedura e di recupero, per il tempo necessario a realizzare l'incasso, applicando un tasso pari al rendimento atteso desiderato. Gli interventi del governo si sono concentrati pertanto su misure regolamentari volte a ridurre i tempi di recupero e ad agevolare il ricorso alla leva finanziaria da parte degli investitori.
In merito al primo punto, il governo lo scorso anno ha varato una serie di misure per accelerare i tempi di recupero intervenendo sulla disciplina delle esecuzioni immobiliari e delle procedure concorsuali (Una valida disamina dei provvedimenti dello scorso anno si trova in “The changes of the Italian insolvency and foreclosure regulation adopted in 2015, notes on Financial Stability and Supervision N.2 nov 2015”). Per l'anno in corso sono attese nuove misure, tra le quali la norma, molto controversa, che dovrebbe consentire alle banche di escutere le garanzie immobiliari dei propri crediti ipotecari senza agire in giudizio. A questo proposito ho scritto due articoli su Strade.
Con riferimento alla leva finanziaria, il meccanismo della cartolarizzazione consiste nella cessione dei crediti a una società-veicolo appositamente costituita, attraverso l'emissione e il collocamento di titoli obbligazionari. Questi titoli sono divisi in classi o tranche a seconda del rating (AAA, AA, BBB, BB etc. fino alla partecipazione azionaria), con un merito creditizio che è minore quanto più è alto il livello di subordinazione nella restituzione del debito obbligazionario.
In questo modo pertanto, è possibile “spacchettare” i portafogli di sofferenze identificando diverse tranche con livelli di rischio differenziati e di conseguenza collocabili a investitori con diversi aspettative di rendimento. Le tranche senior, meno rischiose, possono essere acquistate da investitori istituzionali; per renderle più appetibili, il governo ha introdotto la possibilità di una garanzia aggiuntiva, la GACs (Garanzia sulle Attività Cartolarizzate), una sorta di “assicurazione” contro le perdite, prestata dal governo a fronte del pagamento di premi a valori di mercato, che serve a rendere più appetibili le tranche senior (più sicure). Queste, raggiunto un certo livello di rating, potrebbero anche essere portate come collaterale presso la Banca Centrale Europea.
Le tranche più rischiose, mezzanino e junior, possono essere collocate a fondi di investimento alternativi con profili di rischio/rendimento più aggressivo e in parte possono essere mantenute nel bilancio della banca cedente: la condizione affinché i crediti siano deconsolidati dal bilancio è che almeno il 50%+1 delle note junior (o di quelle non senior se ci sono anche mezzanine) sia ceduto a terzi. Per contribuire al raggiungimento di questo obiettivo, il governo ha promosso la costituzione del Fondo Atlante, partecipato dai principali istituti di credito e di assicurazione oltre che, in quota minoritaria, da Cassa Depositi e Prestiti e Fondazioni Bancarie, che agisce come un “acquirente di ultima istanza” per la componente destinata a rilevare le note junior di difficile collocazione sul mercato.
Pertanto una parte del gap esistente tra valore netto di bilancio dei crediti e prezzo offerto dai potenziali acquirenti dovrebbe “chiudersi” grazie all'accelerazione dei tempi di recupero (che fa alzare il valore attuale netto delle sofferenze) e alla leva finanziaria facilitata dai meccanismi approntati dal governo. Risolto il nodo del valore dei crediti problematici, si può passare alla seconda fase, quella in cui le banche prima in difficoltà dovrebbero riuscire a raccogliere capitali offrendo interessanti prospettive di capital gain. Per agevolare questo passaggio, il Fondo Atlante menzionato in precedenza ha anche la possibilità di acquistare la quota non sottoscritta degli aumenti di capitali in modo da chiudere definitivamente il cerchio.
Rappresentata nel suo complesso, la strategia del governo appare meno farraginosa e temeraria di quanto non suggerisca l'analisi separata dei singoli provvedimenti. Rimandando ad un prossimo articolo, per motivi di spazio, la disamina delle svariate criticità connesse ai singoli provvedimenti, proviamo a fare qualche considerazione sull'impianto complessivo della strategia.
Il fattore tempo è sicuramente l'elemento che convince di meno gli operatori del settore. Pur apprezzando la buona volontà riformatrice del governo, se determinate procedure o fallimenti durano 15 o 20 anni è a causa di una molteplicità di fattori, ambientali, amministrativi, procedurali e, non ultimo, per la scarsa o nulla liquidità degli asset da dismettere, pertanto è abbastanza irrealistico immaginare che si possano eliminare disfunzioni connaturate all'intero sistema socio-economico con un tratto di penna del legislatore.
Più convincente è l'effetto della leva ottenibile con le cartolarizzazioni che, anche grazie alla maggiore trasparenza informativa apportata dall'intervento di servicer indipendenti e agenzie di rating, potrebbe effettivamente portare un contributo positivo alla riduzione del gap tra netto di bilancio e prezzo offerto dei fondi, anche attraverso una riduzione del premio al rischio richiesto.
Ma la scommessa più grande, che in qualche modo racchiude il senso di tutta la strategia del governo, rimane l'effettiva possibilità che l'intervento dello stato possa essere solo temporaneo e mirato allo scopo di facilitare il risanamento degli istituti in difficoltà, senza cedere alla tentazione di distruggere valore con acquisti di azioni e crediti a livelli irragionevoli, con l'effetto di rinviare semplicemente la risoluzione degli istituti o peggio di tenerli in vita in modo artificiale a tempo indeterminato. Sul fondo Atlante si gioca una raffinata partita di poker: se davvero l'intento è quello di intervenire solo al margine, negli istituti che hanno perduto l'accesso al mercato, favorendone in modo proattivo la ristrutturazione, allora c'è una qualche possibilità che la fortuna sorrida agli audaci; in alternativa, si tratta solo di un grande bluff, che qualcuno, più prima che poi, verrà a vedere.
INDICE Maggio/Giugno 2016
Editoriale
Monografica
- Populismo e paranoia
- Disuguaglianza, redistribuzione e polarizzazione politica
- Populismo a stelle e strisce. Trump e Sanders, specchi dell'angoscia americana
- Trump e l'America che vota con il dito medio
- Non solo i populisti sono populisti. Il contagio 'gentista' della politica
- Gasparri, Trump e gli altri: l’esercito della politica twittante
- La malattia e la cura: la politica contro i populismi
Istituzioni ed economia
- Le sofferenze del governo e quelle del sistema bancario
- Emmanuel Macron, il rottamatore cool della politica francese
Innovazione e mercato
Diritto e libertà
- Perché i capitalisti difendono la privacy degli utenti più (e forse meglio) dei governi
- Il grande fardello. Una giustizia inefficiente è un freno per l’Italia