Verso le rinnovabili: il futuro dell'energia in Italia
Maggio/Giugno 2016 / Innovazione e mercato
Che tutti i Paesi del mondo, in particolare quelli più sviluppati, debbano tendere a una sempre maggiore efficienza energetica, per ragioni sia ambientali che economiche, è ormai una certezza. Ma come si presenta il nostro Paese di fronte alla sfida della decarbonizzazione? Quali sono gli scenari possibili?
La Strategia Energetica Nazionale per l’Italia pubblicata nel marzo 2013, dunque riconducibile al governo Monti, seppur guardando agli obiettivi europei per il 2020 sulle rinnovabili, le emissioni ed il risparmio energetico, mostra comunque molta preoccupazione per la sicurezza di approvvigionamento di gas e petrolio e la promozione dello sfruttamento delle nostre riserve di idrocarburi. Dopo poco più di un anno, tuttavia, l'UE ha deciso di alzare l'asticella della decarbonizzazione, puntando a una riduzione delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2030, il che fa apparire un po' anacronistico il nostro SEN fossile-centrico.
Il quadro attuale dei consumi
L'Italia è uno dei Paesi europei che consumano più gas naturale. Il gas viene utilizzato sia direttamente, immesso in rete e portato a caldaie grandi e piccole, che indirettamente, ovvero per produrre energia elettrica. Prendendo in considerazione proprio il consumo lordo di gas si nota che questo contribuisce per ben il 30% al nostro bilancio energetico, accompagnato da un 34% del petrolio, valore molto alto perché comprende quello utilizzato per autotrazione (Grafico 1). Aggiungendo anche il carbone (“solido”, usato principalmente nell'industria pesante come fonte di calore) abbiamo che il 73% delle fonti energetiche utilizzate in Italia sono fossili.
Dal grafico 2 si nota che la parte più significativa dell'energia consumata in Italia, il 36%, è per usi civili: l’elettricità e il gas delle nostre case. L'aumento dell'efficienza energetica degli edifici e la microgenerazione diffusa possono aiutare molto questo settore, soprattutto in contesti di urbanizzazione non molto densa.
I trasporti consumano quasi il 32% dell'energia: su questo settore sarà più difficile intervenire, dato che si renderebbe necessaria una totale (e costosa) riconversione del parco auto da motori a benzina, gasolio e GPL a motori elettrici, a idrogeno e biocarburante.
Per quanto riguarda l'industria, che “grazie” alla crisi assorbe solo il 23% della nostra energia, il discorso è forse ancora più complicato. Alcune industrie (metalmeccanica, vetraria, ceramica) sono fortemente energivore e utilizzano spesso il carbone, molto economico, per avere tutto il calore necessario ai processi. Passare a impianti di tipo elettrico comporterebbe, in questi casi, costi rilevanti che si ripercuoterebbero giorno dopo giorno sul costo di produzione (quindi sui prezzi finali), inoltre sarebbe necessaria una quantità di energia elettrica molto superiore a quella prodotta attualmente. In un'ottica di rinnovamento impiantistico servirebbero pesanti incentivi e aiuti per evitare che queste industrie spariscano dal nostro territorio, ma anche investimenti in ricerca&sviluppo che permetterebbero l'introduzione di nuove tecnologie sempre più efficienti e meno inquinanti, per fare in modo che il settore industriale riesca a mantenere la competitività economica.
Puntando alla riduzione dell'utilizzo delle fonti fossili, bisogna capire quali strade è possibile percorrere per compensare la loro mancanza. In Italia abbiamo detto no al nucleare, che quindi è escluso dagli eventuali scenari futuri. Per quanto riguarda l'idroelettrico di grande scala possiamo considerare il nostro territorio essenzialmente saturo. Fotovoltaico, eolico, eolico off-shore, geotermico e biomasse richiedono spazi e risorse naturali che andranno accuratamente selezionati ed opportunamente utilizzati.
Quanto e come stiamo producendo
In Italia abbiamo installata una potenza eolica di 9.1 GW che nel 2015 hanno prodotto 14.9 TWh (Fonte: GSE). Questi impianti sono tutti nell’entroterra in quanto, con le attuali tecnologie, è piuttosto difficile posizionare correttamente un impianto eolico offshore sulle nostre coste perché l'acqua diventa subito profonda. Le turbine eoliche sono fatte per essere installate in acque profonde non più di 30-35 m e l'eventuale parco eolico sarebbe visibile dalla spiaggia, quindi osteggiato da vari stakeholder novelli Don Chisciotte. Per il futuro si prevede che le nuove tecnologie possano aiutare a risolvere questo problema, dando la possibilità di sistemare le turbine oltre la linea dell'orizzonte. Nell'entroterra è possibile realizzare nuovi impianti, ma la scelta dei siti non è così semplice come sembra e gli spazi adatti cominciano a scarseggiare.
Per quanto riguarda il solare, al 2015 risulta installata una potenza di 18.6 GW, con una produzione di 22.8 TWh. L'installazione di nuovi impianti di grandi dimensioni è particolarmente osteggiata, anche perché toglie terreni all'agricoltura, pertanto il futuro del solare è nell'installazione su tetti e pensiline, con l'eccezione di qualche impianto solare a concentrazione, soprattutto nel Sud.
Per le bioenergie la potenza installata, al 2015, è di soli 4 GW, per una produzione di ben 18 TWh. Purtroppo in questo dato del GSE sono contenuti anche gli inceneritori, alimentati a rifiuti, una fonte non rinnovabile. Per il futuro si stima che si potrebbe arrivare a soddisfare circa il 12 % del nostro fabbisogno energetico con le biomasse (inceneritori esclusi), tuttavia questa potenzialità attualmente non è sfruttata, quindi arrivare a quei livelli richiederebbe sostanziosi investimenti.
Scenari futuri
Nelle proiezioni future si ritiene che la domanda di energia elettrica crescerà rispetto al livello del 2010, perché ci sarà una maggiore penetrazione dell'elettricità in settori dove adesso si utilizzano principalmente fonti primarie, come il gas o il petrolio (riscaldamento, trasporti); tuttavia, l'utilizzo maggiore di apparecchiature elettriche sarà parzialmente compensato dalla maggiore efficienza di queste e dal migliore isolamento degli edifici e dall'utilizzo razionale dell'energia in tutti i settori.
Una possibilità di cui non si parla molto spesso è l'introduzione della tecnologia CCS, Carbon Capture and Storage. Si tratta di un meccanismo studiato per intrappolare le emissioni di CO2 ed immetterle nel sottosuolo, ad esempio in giacimenti esauriti di gas naturale. Questo metodo consentirebbe di continuare ad utilizzare le fonti fossili, neutralizzandone però l'effetto climalterante. Attualmente la tecnologia è già esistente e (poco) utilizzata, e si applica ad impianti termici di grosse dimensioni. Sarà tuttavia difficile reperire i siti di stoccaggio adatti, e passerà del tempo prima che diventi efficace, sicura, ed accettata dalle comunità locali. Secondo la Road Map europea, la generazione di energia elettrica può ridurre le sue emissioni del 96-98%, grazie all'utilizzo sempre più diffuso di rinnovabili e tecnologie CCS, entro il 2050.
Realizzare la decarbonizzazione
Fare chiacchiere su come arrivare all'eliminazione delle fonti fossili dal nostro sistema economico è facile, più difficile è capire quanto possiamo aspettarci dalle varie tecnologie, quanto possiamo arrivare a produrre con le rinnovabili, quanto ci costerà cambiare sistema.
Per proiettarci al futuro con dati realistici vengono in aiuto gli studi fatti dal Deep Decarbonization Pathways Project (DDPP), in particolare quello per l'Italia, curato da ENEA e dalla Fondazione Eni Enrico Mattei.
Lo studio presenta tre diversi scenari possibili per ridurre le emissioni di CO2 in Italia, con l'obiettivo dell'80% di riduzione entro il 2050 (rispetto al livello del 1990), ovvero quello che si chiama “decarbonizzazione profonda”. Non sappiamo quale di questi scenari si avvicini di più al nostro futuro: molto dipende da come si evolveranno le tecnologie e la società.
Il primo scenario (Scenario CCS) prevede l'utilizzo diffuso della tecnologia CCS, unito alle rinnovabili. Il secondo scenario (Scenario EFF) prende in considerazione il miglioramento dell'efficienza energetica, unito a fonti rinnovabili e CCS meno sviluppate tecnologicamente.
Il terzo scenario (Scenario DMD_RED) si basa sulla riduzione dalla domanda e prende in considerazione l'ipotesi in cui la tecnologia CCS non riuscirà ad essere sufficientemente disponibile in Italia, sia per problemi tecnici che socio-culturali. In questo scenario i prezzi dei carburanti e dei vettori energetici (come l'idrogeno) sono alti, causando un abbassamento della domanda di energia, grazie a consumi più consapevoli e il cambiamento dell'industria.
In aggiunta ai tre scenari ipotizzati è stato studiato anche lo scenario di riferimento (Scenario REF), che prende in considerazione i traguardi di riduzione di emissioni e passaggio alle rinnovabili attualmente richiesti all'Italia dall’UE e dalla legislazione nazionale. Questo scenario richiederebbe comunque forti cambiamenti sia politici che tecnologici, e non ottiene gli stessi risultati degli altri tre: la diminuzione delle emissioni dell'80% rispetto al 1990 porterebbe le emissioni pro capite a 1.5 tonnellate di CO2, mentre nello scenario di riferimento (REF) non si scende sotto le 5 tonnellate di CO2 pro capite.
Per raggiungere l'obiettivo ambizioso della decarbonizzazione è necessario che la transizione sia graduale ma inesorabile, con un apporto sempre maggiore di energie rinnovabili per la produzione di corrente elettrica e di calore.
Nel Grafico 4 si osserva la proiezione della potenza elettrica installata da fonti fossili e rinnovabili secondo i tre diversi scenari DDPP ed il confronto con il dato al 2010. Il Grafico 5, invece, ci mostra che le emissioni per ogni kWh prodotto saranno molto più basse di quanto erano nel 2010.
Grazie all'aumento dell'efficienza energetica si stima, rispetto al 2010, una riduzione di emissioni nel settore domestico e dei servizi tra il 90 e il 95%, a seconda dello scenario osservato. Il settore industriale, come già detto, ha una forte dipendenza dai combustibili fossili, soprattutto per le industrie (siderurgica, ceramica…) che necessitano molto calore. La diminuzione di emissioni in questo settore è stimata intorno al 50-55%, a seconda dello scenario.
Nei trasporti, grazie a motori elettrici, ibridi, carburanti ecologici e una maggiore diffusione del trasporto di massa, si considera la possibilità di ridurre le emissioni del 65-73% rispetto al 2010.
In tutti gli scenari osservati si ipotizza che la domanda di energia primaria decresca gradualmente del 28-39% fino al 2050, e, tranne in quello DMD_RED, il PIL e le attività industriali non diminuiscono: tutta la diminuzione di domanda è imputabile al risparmio energetico e all’introduzione di nuove tecnologie.
Per gli scenari al 2050, però, ci sarà bisogno di investimenti per sviluppare le nuove tecnologie e per incentivarne l'applicazione, se si vuole raggiungere l'obiettivo senza sacrificare il PIL.
Nello scenario DMD_RED, al contrario, viene preso in considerazione un cambiamento del panorama industriale, con la diminuzione dell'industria pesante a favore di industrie meno energivore, e l'ulteriore sviluppo del settore terziario, unito a stili di vita più sostenibili. Ovviamente anche questo scenario presenta i suoi pro e contro, e il cambiamento del sistema economico di un Paese deve essere ben calibrato. Se si disincentiva eccessivamente l'industria pesante (costo dell'energia elevato e carbon tax molto alta) si rischia di far chiudere tutte le industrie pesanti senza però essere in grado di far crescere gli altri settori, con gravi conseguenze economiche e sociali.
In tutti gli scenari il settore dei trasporti (di persone e di cose) continua ad utilizzare i combustibili fossili per parecchi anni, ma l'utilizzo è ridotto gradualmente, fino ad essere quasi del tutto sostituito da biofuel e veicoli elettrici.
Nello scenario di riferimento il consumo di gas naturale continua ad essere piuttosto elevato, intorno al 40% del fabbisogno energetico. Nelle ipotesi di Deep Decarbonization si ipotizza invece di riuscire a ridurlo fino al 9-11%, con emissioni molto basse perché utilizzato in concomitanza con le tecnologie CCS. Questo vorrebbe significare che l'Italia, fortemente dipendente dall'estero per i suoi fabbisogni energetici, dovrebbe rendersi sempre più indipendente e quindi anche energeticamente sicura rispetto a situazioni di dissesto geopolitico. Nel 2006 l'Italia dipendeva dalle importazioni per l'87% del suo fabbisogno di energia primaria, con gli scenari DDPP si scende al 30-35%.
Il mix energetico del 2050
In passato, grazie agli effetti dei forti incentivi statali, si è osservata una crescita delle rinnovabili più grande di quanto era previsto inizialmente. Ipotizzando che la crescita possa continuare ad essere spinta in quella direzione, si stima che il fotovoltaico sarà l'energia trainante della nostra futura economia verde, arrivando a contribuire tra il 28 ed il 31% al nostro fabbisogno energetico; va ipotizzato in questo caso, però, anche un forte miglioramento delle tecnologie come i sistemi a concentrazione (CSP) con stoccaggio termico.
L'eolico dovrebbe arrivare a coprire il 25-28% del fabbisogno, grazie a nuovi impianti sia nell'entroterra che offshore, quindi si assume che le nuove tecnologie ci permettano di realizzarli senza i problemi attuali.
Come già accennato, l'idroelettrico di grandi dimensioni è quasi del tutto sfruttato sul nostro territorio, non abbiamo spazio per altre grandi opere. La produzione dovuta ai pompaggi idroelettrici, già esistenti, aumenterà notevolmente, tuttavia si tratta di meccanismi di accumulo di energia prodotta precedentemente, non di produzioni indipendenti.
Grazie ai pompaggi si possono gestire gli eccessi di produzione in alcune ore del giorno e utilizzare l'energia accumulata nelle ore in cui c'è scarsa produzione (notte, giornate poco ventose), tuttavia questo non basta a risolvere i problemi della rete elettrica dovuti alla generazione diffusa e spesso discontinua e non programmabile dovuta alle fonti rinnovabili. Questo tipo di generazione è totalmente diverso da quello per cui erano state inizialmente costruite le nostre linee elettriche. Per poter andare incontro agli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 sarà necessario lo sviluppo di una smart grid, ovvero di una rete elettrica di trasporto e distribuzione che sia dotata di sensori in modo da auto-regolarsi in base all’energia immessa e a quella consumata, ma serviranno anche sistemi di stoccaggio diversi dai pompaggi idraulici, come le batterie e la produzione di idrogeno.
Con queste migliorie tecnologiche si stima che l'autoproduzione di energia da parte degli utenti finali possa aumentare di 7 volte rispetto ai livelli attuali, sia grazie al classico impianto fotovoltaico sul tetto, sia soprattutto grazie ai biocarburanti e all'incenerimento di rifiuti che potranno essere utilizzati nel teleriscaldamento e negli impianti a cogenerazione (che producono sia energia elettrica che calore) sia civili che industriali.
INDICE Maggio/Giugno 2016
Editoriale
Monografica
- Populismo e paranoia
- Disuguaglianza, redistribuzione e polarizzazione politica
- Populismo a stelle e strisce. Trump e Sanders, specchi dell'angoscia americana
- Trump e l'America che vota con il dito medio
- Non solo i populisti sono populisti. Il contagio 'gentista' della politica
- Gasparri, Trump e gli altri: l’esercito della politica twittante
- La malattia e la cura: la politica contro i populismi
Istituzioni ed economia
- Le sofferenze del governo e quelle del sistema bancario
- Emmanuel Macron, il rottamatore cool della politica francese
Innovazione e mercato
Diritto e libertà
- Perché i capitalisti difendono la privacy degli utenti più (e forse meglio) dei governi
- Il grande fardello. Una giustizia inefficiente è un freno per l’Italia