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Dal centro di Linz, dall’Hauptplatz, alle acciaierie Voestalpine ci vogliono meno di dieci minuti in macchina. Si percorre una strada che attraversa i vecchi quartieri operai dei quali si riconoscono le diverse epoche di costruzione dallo stile, poi dopo una rotonda si sale su un lungo viadotto che sorvola l’impianto prima di diventare un ponte strallato che attraversa il Danubio posandosi tra i boschi della sponda settentrionale. È un paesaggio industriale impressionante, cupo, che contrasta con la vivacità della città, dei suoi quartieri, dell’Università.

Linz fino a pochi anni fa era Taranto. A Linz si moriva di acciaiaieria, era la città più malsana dell’Austria, oggi è la seconda città più pulita del paese, la dimostrazione “in vivo” di come la produzione dell’acciaio possa essere sia sostenibile che responsabile grazie a investimenti mirati e politiche di risanamento incisive (questa puntata di Presa Diretta ne racconta bene l'esperienza). E Linz oggi è anche un polo culturale, tecnologico e universitario di primissimo piano, dal design alla meccatronica, dall’informatica all’elettronica. Ma il risanamento degli impianti siderurgici di Linz è stato possibile perché c’era una acciaieria in funzione, che ripagava con la produzione gli investimenti necessari.

Ecco perché ha ragione Marco Bentivogli, quando ricorda che Taranto può diventare Linz o può diventare Bagnoli, dove la bonifica del sito dell’acciaieria dismessa viene sempre differita per mancanza di risorse. Taranto può essere bonificata solo grazie a Ilva, e solo se Ilva non chiude.

Andrebbe ricordato a chi ha votato, l'altra notte, la soppressione dello scudo legale che garantisce ad Arcelor Mittal, nel periodo in cui è impegnata al risanamento dell'impianto, l'immunità per i danni ambientali provocati dalla precedente gestione. Andrebbe ricordato a chi sta cercando di far scappare l’unico investitore disponibile a mettere soldi, tanti soldi, nel risanamento della più grande acciaieria d’Europa e nel suo rilancio.

Non esiste una scelta tra tutela dei posti di lavoro (circa 20.000, considerando l’indotto) e tutela della salute e dell’ambiente, e chi specula su questa falsa alternativa fa un pessimo servizio tanto al lavoro quanto alla salute e all’ambiente.