Il cristianesimo anti-storico e anti-occidentale di Salvini
Diritto e libertà
Si è scritto giusto qualche giorno fa, da queste parti, di come il cattivismo di Salvini non sia cinico, men che meno diabolico, ma banale e, più "italianamente", piccolo-borghese e familista. Per tale motivo l'ormai arcinoto titolo di copertina dell'ultimo numero di Famiglia Cristiana – «vade retro Salvini», una demonizzazione nel senso letterale del termine –, per quanto efficace, è fuorviante ed eccessivo come l'antisalvinismo di Saviano. Ciononostante, è perfettamente legittimo che il periodico di punta di uno dei principali gruppi editoriali cattolici prenda una posizione chiara circa il tentativo di politicizzazione del "sacro" posto in essere dal ministro dell'interno.
Salvini tratta la religione alla stregua di un instrumentum regni – come moltissimi, prima di lui, da Costantino a oggi – perché a conti fatti non è che un nichilista: archiviata la (demenziale) messinscena dell'ampolla del dio Po e l'oltraggio al tricolore, liturgie immancabili durante l'adunata di Pontida, usa adesso Vangelo, rosario e crocifisso come accessori di glamour politico e, da ex indipendentista antiitaliano, strumentalizza il cattolicesimo quale appendice d'italianità autentica in chiave antiimmigrazionista. Tutto e il suo contrario, pur di salire a bordo del treno della storia – treno ieri "regionale" e oggi, dopo la gavetta, nazionale.
Dall'altro lato, il cattolicesimo – con ciò intendendo quello istituzionalizzato nella struttura ecclesiastica e nella dottrina elaborata dalla stessa – è stato ed è tante cose. Il Concilio Vaticano I ufficializzò, in continuità con l'antimodernismo inaugurato dalla Controriforma, un indirizzo fermamente reazionario, dunque antiilluminista e, a posteriori, anticomunista. Il collateralismo tra i cattolici più integralisti, fermamente ostili tanto all'individualismo liberale quanto al comunismo dei "senzadio", e il fascismo controrivoluzionario, che pure fu secolare e modernista nella sua "deificazione" dei leader, fu una scelta quasi obbligata. Con la destra dello "statalismo organico", e cioè quella autenticamente reazionaria, la simbiosi fu tale che alcuni movimenti (come quello rexista in Belgio), quando non addirittura interi regimi (come quello di Salazar in Portogallo), vennero qualificati come clerico-fascisti.
Il cattolicesimo democratico, per converso, diede un consistente apporto ai movimenti antifascisti, per non parlare di quel cattolicesimo più specificamente liberale – da Alessandro Manzoni a Karl Popper – nell'ambito del quale è stata formulata una tesi assai suggestiva e plausibile, avallata pure da Joseph Ratzinger: fu il cristianesimo, desacralizzando il potere degli imperatori e dunque relativizzandolo, a dare vita a quella corrente antiassolutista che secoli dopo si sarebbe strutturata nel liberalismo (la sacralità della persona è l'equivalente cristiano della centralità dell'individuo). Il saggista Antonio Masala ha addirittura individuato un fil rouge che lega Don Luigi Sturzo a Margaret Thatcher, il cui ghostwriter, il giornalista Alfred Sherman, fu appunto un grande ammiratore e lettore del sacerdote di Caltagirone.
I precedenti novecenteschi testimoniano dunque come le sponde politico-partitiche dei cattolici siano state, per dirla con un eufemismo, eterogenee… e che il cattolicesimo può "gesuiticamente" autocertificarsi compatibile con un'ideologia e con quella opposta (sono esistiti ed esistono cattolici reazionari, come si è visto, cattolici democratici, cattolici liberali/liberisti e perfino "cattocomunisti").
Oggi l'obiettivo di Salvini è la costruzione artificiale di un'italianità cattolica da opporre agli extracomunitari musulmani. Un'intuizione non peregrina: il sincretismo tra cattolicesimo e nazionalpopulismo, come abbiamo visto, vanta dei precedenti fin troppo ben riusciti (e pensare che l'universalità è iscritta perfino nell'etimologia della parola "cattolico").
Ma il meglio del cristianesimo, in un'ottica democratico-liberale, non può che essere la sacralizzazione della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio e dunque non schiavizzabile – la diffusione del cristianesimo determinò l'evoluzione antischiavistica del sistema giuridico-economico romano – e non sottoponibile alla barbarie di una giustizia retributiva e sommaria; la secolarizzazione del potere mondano come potentissimo antidoto antiassolutistico e laico (a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio); il libero arbitrio da preservare come scudo contro il paternalismo e la massificazione del popolo-barabba.
Pertanto, l'identità da fortificare, in piena modernità liquida e nichilista, al cospetto di "pensieri forti" come quello islamico e quello laicista, è l'identità per l'appunto democratico-liberale – cristiana e laica – a fondamento dell'occidente libero, non quella cattolico-sciovinista delle destre illiberali e populiste, ircocervo novecentesco dal quale Famiglia Cristiana o chicchessia è libero di prendere le distanze.