"È giunta l'ora, anche in Italia, (...), di aprire una riflessione seria, non ideologica, su come ridurre il più possibile la pericolosità del problema droga. Il proibizionismo, abbiamo constatato empiricamente, non è una soluzione, anzi, forse è parte del problema".

Droghe appello

Così, tre anni fa, si concludeva un mio articolo che trattava dell'oggettivo fallimento della cosiddetta "War on drugs", la "guerra alla droga" iniziata negli USA più di quarant'anni fa e proseguita poi a livello globale fino ad oggi, con risultati decisamente poco incoraggianti.

Al di là dei soliti roboanti annunci in una direzione o nell'altra, e dell'occasionale sentenza della Cassazione, il dibattito sugli stupefacenti, nel nostro Paese, non ha fatto molti passi avanti da allora; nel frattempo, nel mondo, molte cose sono cambiate. L'Uruguay ha legalizzato la compravendita e l'uso di marijuana a qualunque titolo, mentre in alcuni stati degli Stati Uniti, tramite referendum o meno, si è deciso di andare nella stessa direzione.

L'articolo citato all'inizio potrebbe venir ripreso oggi frase per frase, parola per parola, senza dover cambiare nulla. Ben poco è cambiato in Italia da quando, nel 2011, la Global Commission on Drug Policy dichiarò forte e chiaro "It's time to end the war on drugs".

Anche per questo non si può che salutare con piacere l'iniziativa dell'associazione Luca Coscioni e del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, che hanno deciso di aderire alla campagna lanciata proprio dalla GCDP, "È ora di parlare di droghe" ("Hey, We Need To Talk About Drugs"). In occasione della giornata mondiale della guerra alla droga, il 26 giugno prossimo, le associazioni sopra menzionate hanno lanciato un appello per favorire un vero dibattito sugli stupefacenti.

Vale a dire? Vale a dire un dibattito che vada oltre le ideologie, la destra e la sinistra, il paternalismo e l'anarchia, per parlare del fenomeno-droghe in maniera ragionevole, senza gli eccessi di emotività visti in questi anni, e con un approccio che vada nel senso della riduzione del danno.

Senza voler ripetere ciò che è stato scritto e ribadito in tante occasioni, sarà sufficiente puntualizzare solo questo: se da più di quarant'anni, ormai, si parla di "guerra alla droga" e si investono in essa risorse ingenti, ma d'altro canto le droghe continuano a circolare liberamente, tanto che, benché non siano legali, ne conosciamo tutti gli effetti dannosi, vuol dire che la politica del muro contro muro è stata fallimentare.

I Radicali, in Italia, lo dicono da decenni, spesso inascoltati, e oggi si fanno promotori di un'iniziativa che, se riuscirà, porterà il dibattito sull'argomento ad essere meno ideologico e più pragmatico. La speranza è che, stavolta, il legislatore preferisca seguire il pragmatismo e lasciarsi alle spalle l'emotività.