Non fatela troppo facile. Promemoria radicale sullo stadio a Tor di Valle
Innovazione e mercato
In vista della riapertura del confronto sullo stadio della AS Roma a Tor di Valle propiziato dalla presentazione degli elaborati del nuovo progetto può essere utile tener presente alcune precisazioni di metodo - che dunque valgono rispetto al “nuovo” come al vecchio progetto - e ricordarsi qualche contributo al dibattito, o meglio ad una corretta conduzione del procedimento, che i radicali e io stesso, come consigliere comunale, offrimmo all’epoca dell’approvazione della Delibera di Assemblea Capitolina n. 132/2014.
Nella discussione si sente parlare con molta leggerezza di opere pubbliche a carico dell'operatore privato, di opere realizzabili a scomputo dei contributi ordinari (e di quello straordinario) dovuti sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti. Su questo aspetto è opportuno leggere il parere espresso dal Dipartimento Mobilità del Comune in merito al potenziamento della Ferrovia Roma - Lido. Rispetto a questo che viene presentato come uno degli interventi pubblici “a carico dell’operatore” dei quali si parla spesso, a pagina 4 del parere del Dipartimento Mobilità del Comune di Roma si segnala, tra le altre cose, la "Necessità di stralciare dall'importo complessivo dell'intervento, l'importo previsto per l'adeguamento della stazione Tor di Valle e della linea, in quanto di proprietà della Regione Lazio (tale importo potrebbe essere destinato all'acquisto di materiale rotabile)".
Sulla questione delle opere pubbliche e/o di interesse generale previste, e sulla possibilità che vengano realizzate e finanziate da parte dell'operatore privato, si deve tenere in considerazione anche il fatto che si tratta di un complesso di opere funzionali ed organiche rispetto ad un intervento urbanistico unitario con un importo complessivo di gran lunga superiore alla soglia comunitaria.
Ciò significa che, a meno di non voler andare incontro ad una violazione del codice dei contratti e del diritto comunitario, non potranno essere realizzate direttamente dall’operatore e dovranno essere tutte, ed in ogni caso, aggiudicate attraverso gare europee (anche se si procederà necessariamente attraverso successivi stralci funzionali) senza trascurare il fatto che, come dimostra il caso della ferrovia Roma Lido - ma il discorso non è diverso per viabilità di proprietà e competenza ANAS - non tutti gli interventi dei quali si discute potranno essere realizzati e finanziati direttamente dall'operatore privato dal momento che interessano infrastrutture esistenti di proprietà e/o in gestione di altri enti.
In merito a ciò i consiglieri di maggioranza (in passato all’opposizione) e quelli di opposizione (in particolare quelli che nella scorsa sindacatura erano in maggioranza) dovrebbero essere particolarmente prudenti prima di buttarsi nel dibattito destinato a rinfuocarsi dopo la presentazione, da parte della Società Eurnova, degli elaborati illustrativi del cosiddetto nuovo progetto. Dovrebbero leggere con grande attenzione i pareri consultabili sul sito della regione (in particolare, oltre a quello già segnalato del Dipartimento Mobilità del Comune, il parere unico regionale e quelli delle strutture regionali preposte alle procedure di VIA e di VAS), e prendere in considerazione – specialmente in vista dell’esame della nuova delibera - alcuni degli emendamenti e degli ordini del giorno che come consigliere comunale ho presentato durante la discussione della delibera n. 132/2014.
Con quelle proposte ho segnalato alla Giunta Marino, tra le altre cose, la necessità di un Accordo di Programma - e non soltanto di una convenzione urbanistica con il privato – perché fosse possibile coordinare effettivamente la progettazione e la realizzazione della pluralità di interventi pubblici su opere ed infrastrutture di proprietà e/o gestiti da diversi soggetti pubblici che si ritenevano necessari. Con un altro emendamento e con un apposito ordine del giorno ho proposto anche di stabilire che la documentazione progettuale, da trasmettere per l’apertura della Conferenza Decisoria, contenesse un piano di gestione economico-finanziario dell'operazione complessiva asseverato da un istituto di credito o da un altro soggetto abilitato, e che detto piano di gestione venisse sottoposto alle strutture competenti in materia di partenariato pubblico-privato ora insediate presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per una verifica di congruità economico-finanziaria prima della conclusione della Conferenza Decisoria regionale.
Così si sarebbe potuto - e si potrebbe - assicurare una più trasparente e maggiormente controllabile valutazione degli equilibri economico-finanziari dell'operazione, del riparto dei costi e dunque della effettiva sostenibilità dell'operazione offrendo alla città gli elementi, di merito, per valutare e verificare se ed in che misura l’operazione immobiliare complementare alla realizzazione dello stadio concorra effettivamente la sostenibilità complessiva dell’intervento.
Ma ora il dibattito circa la natura “speculativa” o meno del progetto all’esame della Conferenza di Servizi Decisoria - che anche per la scelta di ignorare alcune delle mie proposte non è stato ancorato ad elementi di fatto e a previsioni in qualche modo valutabili – rischia di essere seguito da un confronto parimenti vago ed indeterminato sulla maggiore o minore compatibilità ambientale e paesaggistica di un progetto con 3 torri rispetto ad uno che sembra prevedere 18 edifici da 7 piani. A questo proposito, senza voler mettere in discussione la specifica sensibilità rispetto al tema del neo-assessore all’urbanistica Luca Montuori – che di mestiere fa l’architetto – la Giunta e l’Assemblea Capitolina farebbero bene ad interrogarsi sulle implicazioni che questa diversa scelta progettuale potrà avere sulla gestione e sull’esito dell’operazione nel suo complesso.
Con un progetto che prevede la possibilità di costruire 18 edifici da 7 piani invece che 3 torri per uffici, a parte le questioni connesse alla realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche, la società Eurnova potrebbe non trovarsi nella condizione stringente di dover ricercare - come sarebbe utile da molti punti di vista e non solo per il buon esito dell’operazione immobiliare - uno o più operatori interessati (pubblici o privati, nazionali o internazionali) a localizzare la propria sede operativa e/o le proprie strutture direzionali nelle nostra città. Un’operazione di questo tipo è senza alcun dubbio piena di incognite vista la condizione complessiva della città e le difficoltà di mercato specialmente per gli immobili con destinazione terziaria.
Ma non vanno trascurati neanche i dubbi connessi al cosiddetto nuovo progetto. Con un progetto ridimensionato, infatti, la stessa società Eurnova potrà/dovrà procedere con meno ambizione vendendo per parti e/o riservandosi anche la possibilità di tenere una parte degli edifici in standby, mantenendo necessariamente aperti canali di comunicazione con la politica locale e non solo. Seguendo la scelta progettuale concordata con la Giunta Raggi si dovrà/potrà assistere alla riapertura di ulteriori spazi di negoziazione - in particolare sulle destinazioni d’uso ammesse e/o su alcuni indici e parametri edilizi – con l’amministrazione comunale e - perché no? - con le assemblee parlamentari che, in futuro, magari con un altro emendamento alla legge di stabilità approvato grazie ad un voto di fiducia, potranno far cadere, per esempio, il divieto di realizzare edilizia con destinazione residenziale previsto nella normativa speciale ora vigente.
Alla luce di questo si può essere sicuri che lo stadio con tre torri per uffici debba essere bollata come una operazione speculativa – ammesso che si debba dare per scontata l’accezione spregiativa di questo termine - e lo stesso stadio, anzi forse un po’ meno capiente, con 18 edifici di 7 piani, nella stessa area e comunque ed in ogni caso in variante rispetto al Piano Regolatore Generale, sia una operazione #fattabene?
Quanto alla nuova delibera che l’Assemblea dovrà approvare per far ripartire l’iter, l’Assessore Luca Montuori tenga da conto gli adempimenti di competenza comunale in materia urbanistica e quello che la Regione ha scritto a riguardo da mesi (nelle numerose note all’amministrazione, nel Regolamento della Conferenza Decisoria come pure nel parere di VAS e nel parere unico regionale).
In base alla normativa statale, il Comune è tenuto a verificare se la proposta pervenuta sia di interesse pubblico. Ciò non significa che possa ignorare la normativa vigente - che non viene espressamente disapplicata – in base alla quale è tenuta ad adottare la variante urbanistica con gli adempimenti ad essa connessi, e portare avanti le procedure espropriative. Il neo-assessore, dunque, dovrà sottoporre al voto dell'Assemblea Capitolina – a differenza di quanto ha fatto il suo collega Caudo - una delibera che preveda l'adozione della variante urbanistica con le verifiche e le valutazioni sull'impatto complessivo dell'operazione rispetto al piano regolatore ed alle sue previsioni che devono, necessariamente, essere fatte e rese note, come è stato espressamente richiesto dall’ufficio regionale incaricato della Valutazione Ambientale Strategica (VAS).
Quei consiglieri di opposizione e quanti sembrano pronti ad alzare le barricate per difendere la bontà del progetto iniziale faranno bene a tener presente il parere unico regionale contrario rispetto al progetto sul quale si è avviata la Conferenza Decisoria. La Regione Lazio, infatti, non sembra aver bocciato tanto la proposta, nel suo complesso ovvero con riferimento a specifiche scelte progettuali, ma anche e soprattutto il modo nel quale è stato condotto il procedimento amministrativo a valle dell’approvazione della delibera n. 132/2014. E non si può certo ritenere che se - come è scritto nel parere unico regionale - la procedura di variante urbanistica non è stata nemmeno avviata, le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale e di Valutazione Ambientale Strategica si siano concluse nei termini chiariti nei provvedimenti adottati dagli uffici regionali competenti, le responsabilità possano essere addebitate solo e soltanto alle condotte della Giunta Raggi-Berdini.
Anche alla luce di quanto è stato ricordato e segnalato qui, la delibera n. 132/2014 e quanto fatto in precedenza non possono essere presentati come un "percorso netto" privo di incertezze errori e sottovalutazioni, come quella dell’utilità e della bontà di alcuni contributi critici forniti in corso d’opera.