battiato

Prima insinuata da qualche amico e poi smentita dalla famiglia la notizia della malattia sconosciuta di Franco Battiato ha dato un dispiacere a tanti ed ha anche raccontato qualcosa di noi, dei nostri dilemmi quotidiani.

Per dirla con parole semplici oggi esigiamo malattie chiare, precise, chirurgiche: se non da asportare, almeno da definire. L’amico che posta una poesia (orrenda, peraltro) sul suo profilo social provando a descrivere lo stato di salute dell’artista e rappresentandolo come incapace di riconoscere il prossimo, porta un discutibile contributo al mercato di una verità umanamente disinteressata al proprio oggetto, ma il più possibilmente netta e identificabile, costi quel che costi.

Coerenti a tanta precisione si rincorrono quindi subito voci e diagnosi precise: “ha l’Alzheimer”. Altri amici confermano, così confermando che Battiato ha più che altro bisogno di altri amici. La famiglia smentisce l’Alzheimer, però non può smentire che esista una malattia: parla di convalescenza, di postumi, di una situazione condizionata dai farmaci.

Parla di quello che altrimenti si definirebbe un quadro complesso. Il quadro complesso è concetto assai poco di moda, è il vero grande incompreso dei nostri tempi. Lo è nella politica, lo è nei rapporti umani e lo è naturalmente anche nella malattia. Chi scrive ne è reduce, non sulla propria persona ma su quella di un familiare che è poi mancato. Quando la gente mi chiedeva cosa avesse esattamente rispondevo che non si poteva dire con precisione. Ricordo sguardi contrariati, quasi volessi nascondere qualcosa.

Se poi aggiungevo “è un quadro complesso” allora sembrava proprio cercassi una scusa per tacere la verità. È che siamo disabituati al quadro complesso, delusi dal quadro complesso, quasi ci impedisse di farci un’idea. Un’idea più definitiva che definita. È difficile accettare che non sempre si muoia, o perlomeno si soffra per un male preciso, e che il corpo possa essere fragile oppure forte in modo imprevedibile ed altrettanto repentino.

Ma quello che ho finalmente capito, e che mi aiuta a comprendere meglio anche altre cose che pure pensavo di aver già inteso, è che il bisogno ossessivo della diagnosi puntuale, della definizione essenziale, della verità assoluta è ciò che più ci allontana, se non dalla realtà, certamente dalla sua più consapevole misura. In altre parole non possiamo capire di cosa soffra Battiato, e neppure come siamo e stiamo noi, se non ci diamo il tempo giusto per saperlo e soprattutto la disponibilità ad accettarlo. Ad accettarlo per quel che è, anche senza particolare o sufficiente precisione.

Sembrano frasi fatte, ma la cronaca di ogni giorno celebra una continua lotta tra patologie complesse - individuali e sociali - e la fretta di semplificarle in una parola e in un significato solo, comprensibile, emotivamente interessante. Coinvolgono di più il cancro e la guerra che non le insufficienze organiche o le cosiddette operazioni di pace, lo sappiamo bene. Però questo non è un buon motivo per dimenticarci che dall’altra parte della notizia c’è una sofferenza che non chiede nomi, urgenze o emozioni forti, ma solo solidarietà e comprensione.

Per non parlare del silenzio, che è il perdente assoluto dell’epoca, e a cui non è dato pretendere nulla. Infatti sta zitto. Riuscissimo a starci anche noi.