'Passport to Pimlico', un film per capire la Brexit
Terza pagina
Passport to Pimlico è un film britannico del 1949. Rientra nella cosiddetta ‘Commedia di Ealing’, dal quartiere in cui si trovavano gli studios che producevano questi film. Segue uno dei canovacci principali di questo genere di pellicole, ovvero la storia di resistenza quotidiana da parte di semplici cittadini ai cambiamenti dettati da una povertà imposta. Rivederlo nel 2016 porta ad immediate riflessioni sul Regno Unito di oggi e di allora.
Nel film - ambientato nell’immediato dopoguerra, in un periodo fatto di restrizioni e tessere annonarie - scoppia una bomba che era rimasta inesplosa durante la II Guerra Mondiale nei pressi di un parco di Pimlico, un quartiere di Londra.
La detonazione rivela una cantina piena di antichi tesori. Tra questi, un documento contenente una concessione reale di Edoardo IV che cede le proprietà intorno al parco a Carlo VII, duca di Borgogna. Una concessione che non è mai stata revocata in seguito dal Parlamento. Sébastien de Charolais, il legittimo erede, giunge dunque a Pimlico per reclamarne la proprietà e la giurisdizione, accordandosi con gli abitanti del quartiere per formare un governo indipendente.
I novelli borgognoni, sofferenti come tutti i londinesi per le restrizioni imposte dal Governo, decidono che nel loro territorio sovrano non verrà più applicata la burocrazia britannica. In pochi giorni fiorisce il commercio, incluso il mercato nero, e i cittadini dei quartieri vicini iniziano a frequentare i negozi locali. La situazione inasprisce i rapporti con il Governo britannico, che decide di “assediare” il quartiere circondandolo di filo spinato.
La rappresaglia dei borgognoni non si fa attendere: iniziano a fermare la metropolitana di passaggio nella loro area e a chiedere il passaporto ai passeggeri. L’assedio governativo si stringe attorno a Pimlico e vengono tagliate acqua ed elettricità, in una serrata totale. I londinesi sono solidali e gettano pacchi di alimenti ai separatisti resistenti, ma, in seguito a un ammorbidimento da parte di Downing Street, i borgognoni negoziano la “pace” e rientrano a far parte del Regno Unito.
Il film è una commedia leggera, che ironizza sugli anni di miseria del dopoguerra, ma che ha spunti che tornano attuali e rientrano nelle caratteristiche proprie del popolo britannico. È chiaro, il contesto è radicalmente differente: i britannici oggi vivono in una delle economie più sviluppate del pianeta, l’Unione Europea non sta effettuando alcun blocco e le tessere annonarie – per fortuna – sono un lontano ricordo, almeno in questa parte del mondo.
Tuttavia si intersecano i temi della difesa della sovranità come rivendicazione di indipendenza verso una burocrazia ad un livello più alto e dell'isolazionismo e campanilismo tipici della mentalità britannica. Un paradosso proprio della Brexit, che vide uniti nel fronte del Leave gli ultraliberali che sognavano di fare di Albione un hub del commercio mondiale svincolato dai lacci e lacciuoli di Bruxelles, insieme ai sovranisti alla Farage che bramano la chiusura delle frontiere.
Tratti che vengono evidenziati dall’analisi del film di Duguid, Freeman, Johnston e Williams “Ealing Revisited” per cui questo stile cinematografico è un mix di conservatorismo e fantasie anarchiche. L’UE non metterà filo spinato sulle bianche scogliere di Dover, tuttavia fa sorridere che le scaramucce tra borgognoni e governo britannico siano così simili a quelle tra l’esecutivo di Theresa May e i variegati leader di Bruxelles. Il red tape europeo fa fischiare le orecchie di molti all’interno dell’Unione, anche se tagli e restrizioni vengono giustificati con un bene più alto.
La commedia aveva un lieto fine: staremo a vedere che succederà nella realtà.