Report, l'agricoltura e i brevetti. Fact Checking
Terza pagina
La puntata di Report di stasera parlava di agricoltura e brevetti. E' stata annunciata da una serie di "refusi" dei quali Strade ha già dato conto, e chi si aspettava che il livello della trasmissione sarebbe stato più alto delle premesse, è rimasto deluso. Numerose infatti le inesattezze e le omissioni, anche molto gravi.
1) Brevettato o geneticamente modificato? Sono due cose differenti. Le piante si brevettano all'incirca dagli anni '30, quindi molto tempo prima che apparisse sul mercato il primo OGM, negli anni '90. L'intera trasmissione ha giocato su questo equivoco. Non è chiaro se sia stato un equivoco voluto o provocato dalla scarsa comprensione della materia da parte degli autori, in ogni caso l'impressione è che si stesse parlando di mele del Trentino Ogm. E le mele Ogm non esistono.
2) I brevetti: un bene o un male? Sarebbe una buona domanda, alla quale si possono dare molteplici risposte. La legislazione che tutela la proprietà intellettuale nasce con l'intenzione di fornire un incentivo all'innovazione, quindi di remunerare quello che in economia viene detto public good, o bene pubblico: un valore non adeguatamente remunerato dal mercato. Senz'altro ci sono degli aspetti di questa legislazione che sono paradossali, e spesso queste norme servono a tutelare delle rendite di posizione. Secondo alcuni andrebbe rivisto l'intero impianto normativo andando verso una progressiva abolizione della tutela della proprietà intellettuale. Quello però che non appare chiaro è perché, secondo la tesi di Report, quello che vale per un apparecchiatura elettronica o un farmaco non dovrebbe valere per una varietà di mela o di colza. Evidentemente a Report non si sono adeguatamente documentati sui costi che è necessario sostenere per studiare, sperimentare e mettere in commercio una nuova varietà vegetale.
3) La resistenza ai pesticidi. Qui Report scopre l'acqua calda: le malerbe tendono a diventare resistenti agli erbicidi con i quali vengono trattate. E' un normale processo selettivo. Alcuni esemplari sviluppano casualmente la resistenza a quell'erbicida, quegli esemplari sono gli unici a sopravvivere e a riprodursi, e in alcuni anni avremo sviluppato una generazione di malerbe resistenti a un determinato prodotto. Qualsiasi agricoltore sa, da quando è arrivata la chimica sui campi, che non è mai il caso di usare lo stesso erbicida tutti gli anni. Per quanto riguarda le varietà geneticamente modificate resistenti a un erbicida, il problema è che dopo qualche anno il vantaggio riscontrato all'inizio si andrà perdendo. Le soluzioni sono due: o si cambia coltura per un anno, cambiando quindi erbicida, o si spruzza un altro erbicida selettivo sulla stessa coltura. Gli Ogm, a quanto segnala il successo che hanno ovunque nel mondo, offrono evidentemente a chi li usa vantaggi che compensano abbondantemente questo inconveniente. L'erbicida che non produce fenomeni di resistenza nelle malerbe è la mondina, molto diffuso fino a tutta la prima metà del '900 ed oltre nelle stesse risaie riprese dalle telecamere di Report.
4) Schmeiser vs Monsanto. Report ha dato molto spazio a Percy Schmeiser, l'ormai celebre agricoltore canadese citato in giudizio da Monsanto. Egli sostiene che i suoi campi sono stati accidentalmente contaminati da colza Roundup Ready, o peggio che Monsanto stessa abbia introdotto dei semi Ogm sui suoi terreni per poi chiedere un risarcimento. Questa accusa in particolare, molto grave, sembra essere stata fatta propria anche da Milena Gabanelli. Quello che però la redazione di Report non ha fatto è informarsi anche da altre fonti su come sono andati i fatti. Sul caso è stata emessa una sentenza, e sarebbe stato corretto citarne il contenuto. Per esempio laddove si dice che "Nel 1998 Mr. Schmeiser ha seminato piante di colza resistente al glifosate, salvate dal raccolto del 1997, che sapeva o avrebbe dovuto sapere erano resistenti al Roundup, e quei semi erano la principale sorgente di semi per la semina successiva di tutti i 9 campi di colza del 1998". Anche la contaminazione rilevata nel processo, tra il 95 e il 98 percento della superficie esaminata, con il primo campo Ogm a circa 8 chilometri di distanza, non sembrerebbe suggerire l'ipotesi di commistione accidentale.
5) Il grano degli egizi e la celiachia. Come ogni trasmissione sugli Ogm che si rispetti, non poteva mancare il riferimento al possibile legame tra varietà moderne di frumento e diffusione della celiachia. Non sono mancati i riferimenti, ma sono mancate le evidenze scientifiche a supporto di questa teoria. E non poteva essere altrimenti, poiché evidenze di questo legame non ve ne sono. Si è invece parlato del Kamut®, presentato come una varietà di frumento che si coltiva in Egitto da millenni e scovato da un soldato americano nella tomba di qualche faraone. A Report non si sono accorti che neanche la Kamut®-Khorasan, che del marchio Kamut® è titolare, propaganda più da anni la favola sull'Egitto e sui faraoni. Marchio? Titolare? Chi ha visto Report e ha sentito citare il Kamut® come esempio di agricoltura virtuosa potrebbe non capire cosa c'entri un marchio registrato. Ebbene sì, il Kamut® è un marchio registrato che consente di commercializzare come Kamut® solo il frumento di varietà Khorasan che passa attraverso la società titolare del marchio. Per esempio, un agricoltore italiano non può nemmeno azzardarsi a vendere il suo grano Khorasan come Kamut®. Se Report voleva un esempio di degenerazione dell'uso delle norme che tutelano la proprietà intellettuale dei prodotti alimentari, ha perso l'occasione di citare il caso del Kamut®. In questo caso, infatti, ad essere tutelati non sono anni di studio, di ricerca e di miglioramento genetico, ma la semplice proprietà di un marchio che attraverso una abile operazione di marketing ha finito per essere attribuito ad una vecchia varietà di frumento. Peccato, magari ne parleranno la prossima puntata.
- A questo post ne segue un altro, con alcune precisazioni doverose. Lo trovate qui.