La riduzione del danno. Smettere di morire prima di smettere di fumare
Settembre/Ottobre 2017 / Monografica
Fuma un miliardo di persone e il tabagismo è la seconda causa di morte nel mondo e la principale causa di morte evitabile. Si fuma per la nicotina, ma si muore per gli effetti della combustione del tabacco. Esistono però alternative – e-cig e riscaldatori – che consentono di sostituire le sigarette tradizionali, con possibile beneficio anche dal punto di vista clinico. È la riduzione del danno la nuova frontiera della lotta alla più diffusa delle dipendenze.
Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica «The Lancet» ha evidenziato che al mondo ci sono circa un miliardo di fumatori. Secondo l’OMS il fumo determina 7 milioni di decessi l’anno, rappresenta la seconda causa di morte nel mondo e la principale causa di morte evitabile. Tutto ciò nonostante decenni di pubblicità progresso, di insegnamenti sulla nocività del fumo, di immagini terrificanti sui pacchetti di sigarette, di costi aumentati, di caramelle e cerotti alla nicotina, di centri antifumo e nuovi (giusti ed efficaci) divieti, come quelli previsti in Italia dalla legge Sirchia.
È chiaro allora che tutti gli interventi fin qui messi in campo, pur avendo una loro efficacia e utilità, non sono sufficienti: far desistere un fumatore dal consumo di sigarette è una delle cose più difficili da realizzare. È dunque una buona idea puntare sull’offerta di una o più alternative, qualcosa che si avvicini alle “bionde” ma sia meno pericoloso per la salute del fumatore e di chi gli sta accanto. In tre parole: ridurre il danno. Non si può sperare né ragionevolmente attendere che tutti o la gran parte dei fumatori, cioè dei dipendenti dalla nicotina, smettano di fumare. Si può però concretamente lavorare perché moltissimi di loro smettano di morire, non a causa della nicotina ma del fumo di tabacco.
Le alternative alle sigarette esistono e non vanno inventate. Oggi abbiamo da una parte le sigarette elettroniche (e-cig), dall’altra nuovi sistemi di “sigarette senza fumo”, che riscaldano il tabacco senza bruciarlo. Vaporizzatori e riscaldatori sono due strumenti diversi, non innocui ma meno impattanti dal punto di vista sanitario rispetto alle sigarette tradizionali, principalmente perché evitano la combustione del tabacco e della carta, non producendo dunque tutte le sostanze altamente tossiche tipiche delle bionde tradizionali. E hanno il vantaggio di potersi avvicinare molto alla “soddisfazione” che produce una sigaretta nel fumatore abituale. Le prime tramite la giusta combinazione di dispositivi elettronici e liquidi da “svapare”, le seconde perché ripetono la gestualità e hanno il tabacco: semplicemente non gli si dà fuoco.
È molto probabile che l’innovazione tecnologica di un settore caratterizzato da altissimi guadagni, ma anche da una fortissima pressione sociale negativa, saprà produrre presto altri dispositivi ancora più sofisticati e sicuri per i consumatori. Saranno proprio le “multinazionali del tabacco” a studiare nuove alternative. Non per generosità, ma per interesse: d’altronde i trend del vaping e del tabacco riscaldato sono arrivati entrambi in tempi record.
Occorre ammettere che smettere di fumare in tempi molto ridotti – per quanto auspicabile – è difficilissimo e spesso si rivela fallimentare, e d’altra parte sperare che la generazione dei fumatori vada “a esaurimento” è del tutto irrealistico. Infatti, a fare la fortuna delle sigarette non è solo la dipendenza da nicotina; è la ritualità, l’abitudine, perfino la socialità legata al fumo; c’è la forza simbolica di un comportamento che, per quanto stigmatizzato socialmente e assediato da un sistema di divieti sempre più pervasivi, continua a contagiare nuove generazioni e nuovi consumatori.
Si fuma per la nicotina, ma si muore per la combustione del tabacco. Allora è ragionevole cercare di avvicinare l’obiettivo (oggi non raggiungibile) di un mondo o di un’Italia no smoke tramite dei passi intermedi, che siano già di per sé una soluzione migliorativa dal punto di vista salutistico (anche se non l’optimum) e che possano essere efficaci o per ridurre o per eliminare totalmente le sigarette più “cattive” dalla vita dei fumatori. È una politica di riduzione del danno davanti alla difficoltà immane di raggiungere l’obiettivo massimo auspicato: usare e-cig e/o riscaldatori di tabacco come una strada alternativa, anch’essa accidentata (perché entrambi i dispositivi rilasciano comunque sostanze nocive, anche se in quantità enormemente inferiori alle sigarette), ma più sicura, con meno “effetti collaterali” rispetto al fumo tradizionale.
È una strada che, ad esempio, è stata intrapresa dalla sanità pubblica britannica, dove i percorsi terapeutici per i tabagisti che non riescono ad abbandonare le sigarette tradizionali prevedono l’uso della sigaretta elettronica con tanto di prescrizione medica. È una strada molto simile a quella intrapresa da alcune realtà quando il consumo di oppiacei per via endovenosa era fortemente legato alla diffusione del HIV: consegnare siringhe sterili, gratis, ai tossicodipendenti per fermare la dilagante piaga dell’AIDS e guadagnare così tempo per affrontare il problema dalla radice, cioè dalla dipendenza.
Il nostro legislatore (e anche quello europeo, per la verità) invece non vede di buon occhio il “fumo alternativo”: dopo il primo boom di qualche anno fa, ha deciso a più riprese di renderne difficoltosa la commercializzazione agendo pesantemente sulla tassazione e azzoppando di molto il mercato, così favorendo, di fatto, le sigarette tradizionali, ovvero l’opzione peggiore sul campo. Sarebbe forse il caso di iniziare un nuovo ragionamento in ottica non di tutela del monopolio dei tabacchi (e del relativo gettito per le casse statali), ma di tutela della salute pubblica (e della spesa a essa associata), favorendo le alternative al fumo di tabacco.
Non significa lasciare spazio a un mercato incontrollato, anzi l’esatto opposto: si possono e devono pretendere standard elevati per i dispositivi, i liquidi e gli stick. Non significa avvicinare le persone al fumo: non se si considerano e-cig e riscaldatori come alternative privilegiate e più convenienti rispetto alle sigarette, mantenendo divieti stringenti per la loro commercializzazione e per il loro utilizzo (controlli e sanzioni sulla vendita ai minori). Non significa sostituire un veleno con un altro uguale: i nuovi device sono molto meno pericolosi delle sigarette “analogiche”, non sono salubri, ma non rappresentano lo stesso livello di rischi per salute e per l’ambiente. Non significa promettere un miracolo: non saranno e-cig e riscaldatori la soluzione al tabagismo.
Significa però favorire strumenti che permettono alle persone di allontanarsi dal fumo di tabacco, accompagnandole con un supporto specializzato. Significa consentire a chi non riesce a smettere di fumare di smettere di morire.
INDICE Settembre/Ottobre 2017
Editoriale
Monografica
- La riduzione del danno. Smettere di morire prima di smettere di fumare
- Un fumo senza eroi. L’immagine sociale del fumo 'salutistico'
- Il fumo 'alternativo'? Anche ridurre i rischi è difendere la salute
- Innovazione e concorrenza. Come cambia il mercato globale del fumo
- Tra diritto e innovazione. Leggi e fiscalità sul fumo a rischio ridotto
- Politica, fumo e salute. Le buone regole e il metodo sperimentale
- E-cig e tabacco riscaldato. La nuova filiera parla italiano
Istituzioni ed economia
- Veneto e Lombardia: il referendum che non serve a niente
- Il 'problema referendum' e il ritorno del federalismo
Innovazione e mercato
- L’e-Learning e l’apprendimento durante la vita lavorativa
- Insegnare la biosicurezza in Africa tramite l’e-Learning