paola tavernaÈ vero che garantire una copertura vaccinale adeguata tra i bambini non mette al sicuro i bambini non vaccinati (per cause di forza maggiore, come gli immunodepressi) dal contatto con una malattia contagiosa se questa è presente (e il morbillo lo è) soprattutto tra gli adulti, compreso il personale scolastico e sanitario. È una condizione necessaria ma non sufficiente. Ma il fatto che non sia sufficiente non vuol dire che non sia comunque necessaria.

È vero che ci sono sacche di inefficienza - le ho sperimentate e documentate anche io - nei centri vaccinali e nel sistema delle anagrafi delle Asl e che questo rischia di vanificare in qualche caso il sistema sanzionatorio previsto dal decreto Lorenzin. Ma è vero che rimuovere (di fatto) le sanzioni per tutti, anche dove il sistema funziona, non migliorerebbe le cose, casomai le peggiorerebbe.

È vero che l’obbligo vaccinale è un provvedimento coercitivo “problematico”, nel senso che interferisce con un diritto riconosciuto dal nostro sistema giuridico (e valoriale) come il diritto all’autodeterminazione del paziente, al quale non possono essere imposte terapie indesiderate. Un diritto che però può retrocedere, in determinate condizioni, di fronte al diritto di altri a non essere messi in pericolo dalle nostre scelte individuali, come nel caso della mancata immunità di gregge provocata dal calo della copertura vaccinale.

È vero che attribuire alla propaganda no-vax la responsabilità del calo delle coperture vaccinali è autoconsolatorio e può indurre a trascurare il fenomeno dell’esitazione vaccinale, molto diffuso per una miriade di cause che non hanno a che fare necessariamente con l’ignoranza o con il rifiuto della medicina e della scienza. È vero anche che invocare il ritorno all'epoca del paternalismo medico nel 2018 non è solo anti-storico, ma anche tecnicamente e culturalmente improponibile, quindi è una strada destinata al fallimento.

Ma è altrettanto vero che l’obbligo vaccinale, nel presentarsi contestuale di due situazioni allarmanti (ad esempio il calo delle coperture e un’epidemia di morbillo) è una policy di gestione del rischio, che deve essere sottoposta a un’analisi rigorosa dei costi e dei benefici, e soprattutto che per funzionare ha bisogno di un sistema sanzionatorio chiaro. Rimandarne l’applicazione significa minare la credibilità del provvedimento, che agli occhi dell’opinione pubblica potrà essere disatteso senza incorrere in rischi, e quindi minarne l’efficacia. In più, e non è un danno minore, si rende più difficile il monitoraggio stesso dei risultati, condizione indispensabile per qualsiasi politica sanitaria, soprattutto di emergenza.

La supercazzola (difficile definirla in altro modo) con la quale il ministro della Salute Grillo ha difeso ieri su Facebook gli emendamenti al decreto Milleproroghe che ripristinano, di fatto, la situazione pre-obbligo vaccinale è patetica, pericolosa e ridicola. Chi scrive non è mai stato un fan dell’obbligo a tutti i costi, e non ha mai riconosciuto un’aura di “sacralità” scientifica (un ossimoro, in effetti) in quella che è una banale politica di gestione del rischio sanitario, e come tale andrebbe laicamente trattata. 

Ma l’idea che si possa proporre un obbligo privo di sanzioni è la più “italiana”, nel senso più deteriore del termine, delle soluzioni: vanifica l’efficacia di una norma comunque problematica, senza abrogarla, ma svuotandola di senso. Ne conserva il feticcio, rendendolo inutile.  L’idea, poi, che si possano facilmente costruire classi dedicate in cui mettere "in quarantena" i bambini immunodepressi per proteggerli dall’eventuale contatto con bambini non vaccinati, e che questo spostamento di capre e di cavoli (al di là della discutibile moralità della cosa) in tutte le scuole possa essere una soluzione credibile al malfunzionamento di alcune anagrafi vaccinali regionali, si commenta da sola. 

Peraltro le intenzioni reali della maggioranza che ha presentato l'emendamento sono state con notevole e meritoria sincerità spiegate da Paola Taverna nel suo intervento al Senato, durante il quale ha fatto ampio uso del suo suggestivo e colorito linguaggio: è l'obbligo in sé il bersaglio, e l'obbiettivo è quello di tornare alla situazione precedente, definita più "democratica". Altro che "nessun passo indietro sull’obbligo vaccinale", gentile ministro.

È un altro capitolo, per citare una felice espressione usata da Carmelo Palma su queste pagine, della degradazione della politica e delle politiche a sottoprodotto avariato della comunicazione politica, una delle cifre del nostro tempo. Il fatto che in qualche misura fosse così anche prima, quando l'obbligo vaccinale veniva presentato con eccessiva faciloneria come un "totem" dalle insindacabili proprietà taumaturgiche non riduce la gravità della scelta attuale. Non è mai troppo tardi, sui vaccini, per fare la cosa sbagliata. 

@giordanomasini