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Il primo che, nella storia della scienza moderna, riuscì a parlare a esperti e pubblico, combinando i contenuti con l’abilità di comunicare il fascino della scoperta, fu Galileo. È lui che ha “spostato” la terra nei cieli, stravolgendo completamente le strutture fondamentali tanto della tradizione religiosa, quanto di quella politica. E per portare a compimento questa vera e propria rivoluzione, Galileo Galilei - come scrive bene Paola Gavoni in questo contributo pubblicato sulla rivista il Mulino - “non usò la lingua degli esperti, ma il volgare e il dialogo” con cui riuscì a intercettare anche i “governanti che lo finanziavano e le gerarchie ecclesiastiche, che poi lo condannarono”.

A distanza di circa 500 anni, Stephen Hawking - la sua vita come la sua morte - hanno conquistato, in maniera del tutto trasversale, esperti, studenti e pubblico come dimostra l’interesse  che per il grande fisico la politica e i media hanno sempre nutrito. Del suo A Brief History of Time - che ha venduto 10 milioni di copie ed è stato tradotto in 35 lingue - lo stesso Hawking diceva ironicamente “si è trattato probabilmente di uno dei libri più acquistati e meno letti di tutti tempi”.

Cosa hanno in comune - fatti i dovuti distinguo - i due scienziati per aver sollevato tanta attenzione su di sè e la propria opera? Entrambi sono riusciti nell’intento di spostare all’interno del dibattito pubblico la questione scientifica, liberandola dagli angusti confini nella quale spesso si trova ristretta e permettendole così di sconfinare in altri contesti: religiosi, politici, personali, istituzionali ed economici. E di contaminare, dunque, codici e pubblici di riferimento.

La comunicazione della scienza come “cerniera”, dunque, come strumento di mediazione tra la scienza stessa, la società e la politica, è in grado di “accorciare le distanze, promuovere il coinvolgimento del pubblico, trovare linguaggi comuni e affrontare le ragioni alla base di quelle contrapposizioni che, argomenta in questo saggio breve, Antonio Scalari, determinano il formarsi di fronti "pro" e "contro".

Possiamo dirlo diversamente. Per esempio, con il claim del Food&Science Festival di Mantova appena concluso, nella cittadina lombarda eletta Patrimonio Mondiale dell’Unesco: “Coltiviamo conoscenza”. Bene hanno fatto gli ideatori del Festival ad averlo organizzato proprio nel mantovano, territorio con una vocazione agroalimentare riconosciuta come “eccellenza” italiana nel mondo, sia per il volume delle esportazioni sia per il numero dei prodotti che hanno ottenuto il riconoscimento di un marchio di tipicità. Questo rende l’impresa - a cui abbiamo partecipato anche noi di Strade con la rassegna stampa del mattino - ancora più preziosa. Una manifestazione che, nata per “parlare” a un pubblico di curiosi di tutte le età, che vuole conoscere da vicino e sperimentare l’innovazione, le storie e le sfide di cui il cibo e il settore agroalimentare sono portatori, offre anche agli agricoltori un’occasione di aggiornamento e condivisione di informazioni ed esperienze.

La scienza non è mai ferma: è come un panorama che si dissolve impercettibilmente e si trasforma sotto i nostri occhi. Non è possibile in un momento qualsiasi coglierla in tutti i suoi particolari senza trovarsi immediatamente superati”, scriveva Isaac Asimov, biochimico e scrittore russo naturalizzato statunitense.

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Questo sforzo per spostare un limite da cui ci si sente continuamente superati, deve conoscerlo bene una biologa come Elena Cattaneo, da sempre impegnata nella ricerca e negli studi sulle malattie neurodegenerative, in particolare sulla malattia di Huntington. "L'esperienza del Food and Science Festival di Mantova dimostra che non solo è possibile, ma è anche stimolante e divertente "portare la scienza in mezzo alla gente”, dice a Strade la scienziata e senatrice a vita.

Ho partecipato da cittadina, incuriosita dagli eventi e dalle opportunità di conoscenza, e ho visto molti studiosi ed esperti comunicatori che hanno scelto di onorare il proprio ruolo pubblico spiegando e raccontando in piazza, senza barriere o mediazioni, cosa si fa nei laboratori, perché e come, contribuendo così a costruire un’immagine della scienza accessibile aperta e di tutti. Soltanto incuriosendo e coinvolgendo le persone si riesce ad occupare gli spazi della conoscenza con la conoscenza, togliendo campo alle bufale, all'approssimazione e alle narrazioni false che per troppo tempo non hanno avuto un contraddittorio pubblico coraggioso e organizzato”.

È davvero importante - prosegue Elena Cattaneo - disporre di uno spazio aperto in cui affermare pubblicamente che il ‘principio di precauzione’ sugli Ogm non ha senso, dato che ne importiamo a tonnellate ogni giorno come mangimi per gli animali, o che le biotecnologie agrarie rappresentano, ad oggi, l'unica strada realisticamente percorribile per diminuire l'uso di pesticidi senza diminuire le rese, o che ‘biologico’, quello dei supermercati, non è garanzia di ‘più buono’ o ‘più sano’, ma solo di ‘più costoso’, o ancora che l'innovazione non va temuta, ma compresa e guidata per avere un impatto positivo sulle nostre vite. Questo spazio è importante per migliorare la percezione della scienza da parte dei cittadini, e mi piacerebbe che gli organizzatori delle passate edizioni del Festival, a cui faccio i miei più sinceri e sentiti complimenti per la straordinaria idea e per la sua compiuta realizzazione di successo, riuscissero nel futuro, partendo da Mantova, a portare la scienza del cibo e del buon cibo in piazza in tutta Italia”.

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Ne è convinta anche Alessandra Biondi Bartolini. Agronoma e giornalista scientifica, scrive su diversi blog, finendo, dice lei, per diventare la “debunker delle bufale che circolano in rete sul vino e sull’agricoltura”. “La mia impressione, dopo aver partecipato al Festival dedicato al cibo e alla scienza, è che a noi esperti - a vario titolo e livello - spetti il compito di informare le persone, con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione. Ma informare non vuol dire cercare di convincere, tutt’altro! Fare informazione con un approccio aperto - dunque, scientifico - non è una ‘scelta di campo’, non significa dare giudizi di valore al pubblico che magari sceglie di rinunciare a determinati input scientifici e tecnologici”.

Per esempio, è molto positivo che a promuovere il festival di Mantova sia un’associazione di categoria, che siano i produttori stessi a voler comunicare quanto sono in grado di innovare, che vogliano dare un’immagine dell’agricoltura molto più realistica, dinamica e innovativa rispetto alla percezione comune”. “Gli scienziati che si sono messi in gioco sono numerosi”, conclude, “ora tocca a tutti gli esperti, anche a chi è impegnato nel delicato compito di comunicare la scienza, cercare di spiegarla bene, anche con un po' di umiltà: gioverebbe alle stesse innovazioni scientifiche”. E anche alla gente comune che ne comprenderebbe la portata rivoluzionaria per la propria vita. 

@iladonatio