omeopatia

La maggior parte delle persone che scelgono di affidarsi all’omeopatia al posto della o congiuntamente alla medicina non sono fanatici o complottisti. Semplicemente, scelgono di affidarsi a una pratica della quale leggono bene sui giornali, i cui rimedi non vengono venduti sulle bancarelle, ma nelle farmacie, e vengono consigliati da molti medici.

C’è anche un ospedale pubblico - a Pitigliano, in provincia di Grosseto - in cui si pratica l’omeopatia a spese del contribuente. D’altronde, che usiamo troppi antibiotici ce lo sentiamo ripetere da sempre, e l’antibiotico-resistenza è - e sarà sempre più - un problema reale e serio.

Non saper distinguere non è una colpa, soprattutto quando a non saper distinguere, per dolo o indolenza, sono anche molti addetti ai lavori. Trattare da assassini una coppia di genitori che hanno fatto una scelta sulla base di questo tipo di informazioni e incentivi, e che l’hanno pagata nel modo più atroce di tutti, con la perdita del loro bimbo, sarebbe solo l’ennesima meschina dimostrazione di cinismo e scarsa pietà di cui purtroppo grondano i social media.

Però è legittimo chiedere alle autorità sanitarie di questo paese come si è arrivati a tutto questo, in che modo questa sorta di cialtronismo new age di cui l’omeopatia è solo una delle tante manifestazioni, da fenomeno culturale di nicchia è entrato e si è accomodato nelle farmacie, negli ambulatori e negli studi medici, negli ospedali. E una riflessione dovrebbe farla anche chi ha la responsabilità delle pagine di un giornale o del palinsesto di una TV.

Oggi siamo andati talmente in là in questo processo di “sdoganamento” che tornare indietro sembra essere una strada talmente lunga e in salita da essere impraticabile. Al di là di tutte le implicazioni etiche e giuridiche del caso - il “consiglio sbagliato” può diventare la ragione per azioni repressive? Facciamo bene attenzione a come rispondiamo a questa domanda - che senso ha chiedere la radiazione dei medici che consigliano l’omeopatia quando c’è un “reparto di omeopatia” in un ospedale pubblico? Chi altro potrebbe lavorarci in quell’ospedale, se non dei medici?

Se vogliamo però davvero cominciare a invertire la direzione di marcia, il problema degli incentivi ai quali rispondono - e delle informazioni delle quali dispongono - le famiglie ce lo dobbiamo porre. Quindi la prima cosa da fare è chiedersi a cosa serva quel reparto dell’ospedale di Pitigliano, e se non sia il caso di chiuderlo, e di bandire l’omeopatia e le medicine alternative dalle strutture sanitarie pubbliche ovunque vi siano entrate. E dovremmo anche chiederci cosa ci facciano i rimedi omeopatici sui banchi delle farmacie. Prima di pretendere la correttezza delle scelte individuali, lo Stato dovrebbe preoccuparsi dell'esempio che dà negli ambiti che sono, quelli sì, di sua pertinenza.