Chiara Appendino e il Wi-Fi: per precauzione o per principio?
Scienza e razionalità
Ha fatto molto scalpore, in questi giorni, una frase del programma della sindaca di Torino, Chiara Appendino, in cui si richiamava il cosiddetto 'principio di precauzione' per limitare le emissioni delle apparecchiature Wi-Fi all’interno degli edifici pubblici torinesi. Non è l’unico caso in cui questo principio viene invocato per limitare se non proprio proibire un prodotto (pensate agli OGM) per cui forse è necessario fermarsi un attimo e riflettere sul suo significato, per evitare di invocarlo a sproposito.
Che cos’è il principio di precauzione? Una prima definizione, seppur limitata al contesto ambientale, fu introdotta nella Dichiarazione di Rio del 1992:
In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l'assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l'adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale.
La Dichiarazione di Rio parte da un assunto molto semplice: nella scienza è molto difficile – alcuni direbbero impossibile - provare con certezza un rapporto causa/effetto, soprattutto per fenomeni molto complessi. Possiamo, abbastanza facilmente, evidenziare una correlazione tra due fattori, a volte riusciamo anche a individuare un qualche nesso causale e a escludere, con una “certa ragionevolezza”, che quest’ultimo sia in realtà frutto del caso. Ottenere, però, la “certezza scientifica”, ammesso e non concesso che sia possibile farlo, è un altro paio di maniche. La Dichiarazione di Rio allora afferma che, nel caso in cui vi sia il rischio di danni gravi e irreversibili, l’assenza di una “piena certezza scientifica” non possa costituire un alibi per evitare di prendere i necessari provvedimenti. Se il rischio esiste, va valutato e bisogna intervenire.
La definizione contenuta nella Dichiarazione di Rio non è, però, quella che vediamo utilizzata tutti i giorni e che potrebbe suonare, per un prodotto, più o meno così:
In assenza di una piena certezza scientifica della non pericolosità di un certo prodotto, allora dovremmo proibirne il consumo.
Viene ribaltato completamente il significato! Quella necessità di “certezza scientifica” che per molto tempo ha costituito una barriera insormontabile alla possibilità di legare alcuni prodotti a certi fenomeni (es. fumo di sigaretta al cancro ai polmoni), in questa accezione viene utilizzata in modo diametralmente opposto. Com’è possibile, infatti, provare “con piena certezza scientifica” che un prodotto non sia pericoloso per la salute? È impossibile! È quindi la volontà del legislatore a determinare cosa sia lecito e cosa no ed è sufficiente il sospetto della pericolosità di un prodotto – e un attenta attività di lobbying - per determinarne potenzialmente la sua proibizione.
Quello di precauzione è allora un principio inutile? Per molti la risposta è sì, ma credo che sia possibile utilizzarlo in maniera corretta, invocandolo solo quando è davvero necessario. In primo luogo deve esistere il rischio concreto di danni gravi e irreversibili, quindi deve esistere una letteratura scientifica, peer reviewed, che, pur non riuscendo a provare con certezza il rapporto causa-effetto, tuttavia possa ragionevolmente escludere che questo non ci sia, infine serve un’attenta valutazione del rischio: non basta stabilire che il danno sarà grave e irreversibile per forzare interventi draconiani, bisogna anche considerare la probabilità con cui questo si potrebbe verificare. Faccio un esempio per meglio spiegare cosa intendo.
Se domani dovesse cadere un grosso asteroide sul nostro pianeta, la razza umana si estinguerebbe. Direi che difficilmente possiamo trovare un danno più grave e irreversibile di questo. Dobbiamo quindi mollare tutto e metterci a costruire un’astronave per fuggire dalla Terra e metterci in salvo, altrove? Evidentemente no, perché la probabilità che questo evento si verifichi è estremamente bassa (non è nulla!).
Partendo da questi presupposti, che poi sono quelli contenuti nella legislazione europea, vedrete che, nella stragrande maggioranza dei casi, e quello di cui si discute a Torino in questi giorni non fa eccezione, il “principio di precauzione” viene invocato in modo scorretto e inappropriato.