Nota introduttiva: Nadiya Viktorivna Savchenko è un'ufficiale dell'esercito ucraino, catturata nel giugno 2014 dai ribelli filorussi del Donbass, accusata dell'uccisione di due giornalisti (anche se i tabulati telefonici sembrerebbero indicare che la cattura sia avvenuta quando i giornalisti erano ancora vivi) e attualmente detenuta nelle carceri russe.

Il suo rilascio è una delle condizioni poste dall'Ucraina per gli accordi di Minsk, per ora disattesi dal Cremlino. La Savchenko, eletta nel parlamento del suo Paese a novembre 2014, è membro della delegazione ucraina all'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa: la sua detenzione potrebbe quindi configurare una violazione dell'immunità diplomatica. La trentatreenne pilota sta portando avanti uno sciopero della fame, iniziato a metà dicembre 2014, per affermare il proprio diritto a rientrare in Ucraina.

Savchenko grande

Cara Capitana, cara Nadiya,

Senza essere ottimista, speravo un poco, un pochino, che la Sig.ra Merkel e il Sig. Hollande l'avrebbero riportata da Mosca nei loro "bagagli". Dopo tutti gli accordi, recenti e meno recenti, violati dalla Russia, questo gesto concreto avrebbe potuto dare un minimo di credibilità alle affermazioni del Sig. Putin secondo le quali lui vorrebbe veramente negoziare. Purtroppo, questo non è successo. La cancelliera ed il presidente sono tornati a mani vuote.

Lei resta a Mosca. In carcere. E prosegue nella sua azione nonviolenta. Come centinaia di migliaia di persone nel mondo, sono preoccupato, molto preoccupato. Conosco un po', per avere io stesso praticato la nonviolenza nella forma che Lei ha scelto, lo sciopero della fame, lo stato nel quale Lei si trova oggi, lo spirito e la mente concentrati sull'obiettivo che Lei stessa si è data.

Mentre mi interrogavo sulla sua azione, un amico con il quale ho condiviso numerose lotte nonviolente mi ha scritto dall'Australia. Si chiedeva e mi chiedeva come sarebbe possibile utilizzare le armi della nonviolenza per tentare di congiurare la tragedia ucraina. Sono queste due esigenze, la Sua, che mira a far valere i suoi diritti ed il suo buon diritto, e quella di capire come tentare di affrontare la questione ucraina con le armi della nonviolenza, che mi portano oggi a scriverLe questa lettera e a chiederLe di interrompere la Sua azione.

Nessuno meglio di Gandhi, credo, ha riassunto l'essenza dell'azione nonviolenta: la forza della verità. Questo tipo di azione, dunque, presuppone l'esistenza nell'interlocutore della capacità di intendere la verità conclamata dalla persona che persegue un'azione nonviolenta. È stato cosi per il movimento per l'indipendenza dell'India che, certo, aveva di fronte dei colonizzatori, ma anche delle autorità che rappresentavano uno stato di diritto, una democrazia, e numerosi cittadini e responsabili politici che erano profondamente attaccati ai valori della democrazia e dello stato di diritto. È stato cosi per il movimento per i diritti civili di Martin Luther King, che combatteva contro enormi pregiudizi razziali ma che aveva anche di fronte a sé uno stato di diritto, una democrazia, delle persone in grado di capire che la segregazione razziale non era compatibile con questo stato di diritto e questa democrazia.

Il contesto nel quale Lei si trova non è purtroppo quello. Lei ha di fronte un regime dove, come ha detto Peter Pomerantsev, "niente è vero, tutto è possibile", un sistema politico che non è solo la negazione dello stato di diritto e della democrazia, ma la sua vera e propria antitesi. A capo di questo regime c'è una persona che è da molto tempo morta alla vita, una persona che ha dato il via libera all'eliminazione di decine, centinaia, migliaia di persone, a San Pietroburgo, a Mosca, a Volgodonsk, a Grozny, a Mariupol, a Debaltseve...

Cara Nadiya, so bene che l'alternativa – la vita, la Sua vita – è anch'essa difficile. Significa restare in carcere nelle condizioni del sistema carcerario russo di oggi. So anche bene, come ci ha tragicamente insegnato l'affare Magnitski, che questa detenzione non è priva di rischi e che sarà probabilmente lunga, perché lungo e lento è il processo di mobilitazione delle democrazie. Ma la Sua vita e la Sua forza sono preziose, ci sono preziose. Lei è un magnifico simbolo di resistenza e di determinazione.

Abbiamo bisogno di Lei per continuare ed intensificare, qui, nei Paesi dove è possibile, la lotta nonviolenta, perché i governi delle democrazie occidentali prendano la giusta misura di ciò che rappresenta la politica mortifera del regime russo del Sig. Putin e perché le democrazie agiscano, finalmente, di conseguenza. Molti sono già caduti in Russia, in Cecenia, in Georgia ed in Ucraina. Abbiamo bisogno di Lei, viva, per continuare questa lotta per la libertà e la democrazia in Ucraina oggi, in Russia domani.

Con tutta la mia stima e tutta la mia amicizia,

Olivier Dupuis