L'invasione e l'occupazione della Crimea da parte dell'esercito russo costituisce a tutti gli effetti un atto di guerra. Il ricorso alle acrobazie semantiche non è più consentito. L'Unione europea deve fare questa constatazione. Si tratta di un punto di partenza indispensabile per elaborare con tutto il sangue freddo necessario una risposta politica forte e determinata, congiuntamente con gli Stati Uniti, il Canada e il più maggior numero di Paesi democratici.

La natura del potere russo e del pericolo ucraino

Ma una corretta comprensione dell'ultima «iniziativa» del regime russo non è sufficiente. È indispensabile avere le idee chiare rispetto alla natura dell'attuale regime russo. La definizione di Timothy Snyder – un regime nazional-bolscevico – è probabilmente quella che, ad oggi, consente di capirlo meglio. Essa mette l'accento sulle due caratteristiche principali del regime. Dove «nazional» esprime la centralità del richiamo alla grandezza russa come progetto di restaurazione imperiale, ispirato, tra l'altro, all'eurasianesimo di Aleksandr Dugin. E «bolscevico» mette in evidenza la natura di un regime nel quale lo Stato, al di là di una democraticità cosmetica, è retto da uno stato dentro lo Stato: oggi le strutture "di forza" (la silovikicrazia), come ieri il partito comunista.

ucraina grandeSe, come crediamo, questa definizione è quella più suscettibile di cogliere la realtà dell'attuale regime russo, non si può, come Angela Merkel, ritenere che il Sig. Putin viva «in altro mondo». Vive in quel mondo lì, un universo tanto reale quanto agli antipodi dal nostro o, quanto meno, di quanti fra noi continuano a pensare che la libertà, lo stato di diritto e la democrazia costituiscano la base della nostra civiltà politica. Allo stesso modo, non si può pretendere, come il cancelliere tedesco, che il presidente russo non abbia o non abbia più un «legame con la realtà». Affermarlo significa ancora una volta eludere la questione di fondo. Putin è pienamente dentro la realtà. La propria realtà. In questa realtà la questione esistenziale è quella di assicurare la perennità del regime vigente e, quindi, del suo potere e della verticale di comando sulla quale ha fondato la sua fortuna politica (e non solo politica). La priorità concreta è quella di bloccare o, meglio ancora, sradicare qualsiasi possibilità di contagio in Russia del virus democratico ucraino.

Solamente sulla base di questi presupposti è possibile costruire una risposta vincente per la democrazia e la sicurezza degli ucraini e, a medio termine, per i cittadini russi. Per essere efficace, questa strategia deve essere in grado di «convincere» il Presidente Putin che la sua avventura ucraina (alla luce del sole in Crimea, undercover nell'Ucraina orientale) è ancora più rischiosa per la perennità del suo regime e del suo potere personale di quanto siano le possibilità di un contagio democratico della rivoluzione ucraina sui cittadini russi.

Per essere credibile, questa strategia deve togliere qualsiasi ambiguità sul futuro statuto dell'Ucraina. In altri termini, non ci può essere alcun margine di interpretazione possibile riguardo alla sovranità dell'Ucraina. Prerequisito indispensabile: una dichiarazione solenne nella quale l'UE e i suoi stati membri affermino che non riconosceranno sotto nessun pretesto l'annessione della Crimea, nello stesso modo in cui gli stati democratici dell'epoca non riconobbero l'annessione sovietica degli stati baltici. Congiuntamente, le autorità russe devono essere informate che in ragione dell'ampiezza delle violazioni dell'accordo russo-ucraino sulle basi russe di Crimea, la restituzione, rapida o meno, della Crimea all'Ucraina dovrà essere accompagnata da un trasferimento in tempi ragionevoli dell'insieme della flotta russa di stanza in Crimea verso Novorossiysk o altri porti russi del Mar Nero.

Sempre nell'ottica di bloccare ogni possibilità di reincarnazione della tristemente famosa dottrina brezneviana di «sovranità limitata», l'UE e i 28 devono organizzare la cerimonia di firma dell'Accordo di Associazione con l'Ucraina al più presto e dichiarare in quella occasione che l'Ucraina ha la vocazione a diventare membro dell'Unione europea.

Lasciando Madame Lagarde ai suoi stati d'animo e invitando il Presidente Draghi a dimostrare tanta creatività quanta ne manifestò in occasione della concessione di un prestito di oltre 800 miliardi di euro alle banche europee, l'UE e i 28, congiuntamente con gli Stati Uniti, il Canada ed l'FMI, dovrebbero varare con la massima urgenza un piano di aiuto finanziario all'Ucraina di dimensioni del tutto diverse rispetto a quello finora annunciato (11 miliardi di euro).

Segnali per il Cremlino

Su base della classifica stabilita da Forbes, la Commissione europea potrebbe invitare i 28 stati membri a fornire tutte le informazioni in loro possesso sui redditi e patrimoni domiciliati nell'Ue da parte degli oligarchi russi e dei membri della Duma e del Senato russo, al fine di poter procedere, se necessario, al loro rapido e concomitante congelamento.

Nella stessa ottica, l'UE dovrebbe decidere rapidamente di dotarsi di un Magnitsky Act che proibisca l'ingresso sul territorio dell'Unione non solo a tutti quelli che sono coinvolti nell'assassinio di Sergei Magnitsky, ma anche a tutti quelli che sono coinvolti nelle violazioni del diritto internazionale in Ucraina.

I 28 Paesi membri dovrebbero decidere di sospendere tutti i contratti per forniture belliche con la Russia (a cominciare dalla consegna delle navi Mistral).

La Germania, la France, l'Italia, la Gran Bretagna cosi come i Presidenti della Commissione e del Consiglio europeo dovrebbero legare la loro partecipazione alla riunione del G8 che si terrà a Sotchi nel giugno prossimo al ritiro delle truppe russe dall'Ucraina.

Nello stesso spirito, i Paesi membri dell'Unione, la cui nazionale di calcio sarà selezionata per la Coppa de mondo del 2018 in Russia, dovrebbero legare la partecipazione delle proprie squadre al ritiro delle truppe russe dall'insieme del territorio dell'Ucraina.

Una politica europea dell'energia

L'attuazione di una politica europea comune dell'energia è ormai indispensabile. Essa potrebbe comprendere tra l'altro :

− la creazione di una centrale d'acquisto che raggruppi tutti i distributori di gas in seno all'Unione, incaricata di negoziare tutti i contratti d'acquisto con i fornitori russi;
− la costruzione di nuove infrastrutture portuali, come terminali per il gas liquido e lo sviluppo delle infrastrutture esistenti;
− il finanziamento da parte dell'Unione di un ambizioso programma europeo di ricerca e di sviluppo sulla problematica dello stoccaggio dell'energia prodotta da fonti intermittenti (solare, eolico, ...);
− la fissazione di una norma europea che proibisca agli stati membri di comprare più del 30 % di una fonte di energia (gas, petrolio, carbone, ...) nello stesso paese terzo;
− un sostegno finanziario massiccio dell'Unione all'interconnessione delle reti elettriche dei 28 Paesi membri;
− un aumento sostanziale del capitale della Banca Europa per gli Investimenti, destinato al finanziamento o al co-finanziamento di grandi progetti di isolamento termico delle strutture pubbliche (scuole, ospedali, edifici pubblici, ...) in tutti i paesi dell'Unione.

Una politica europea degli affari esteri e della difesa

La somma di 3 o 4 mini-potenze (Regno Unito, Francia, Germania, ...), per riprendere la terminologia di Arnaud Leparmentier, non fa una mezza potenza ma, spesso, 3 o 4 mini-
potenze che si neutralizzano mutualmente. In un contesto storico, nel quale il grande vicino dell'Unione viene retto da un sistema politico agli antipodi dei valori che l'Unione intende difendere, l'assenza di una politica europea di sicurezza e di difesa non è più soltanto una carenza grave, è una colpa politica di prim'ordine.

Essendo inteso che i britannici non sono né pronti né desiderosi di partecipare ad un'Europa più integrata, il passaggio ad un'Europa a due velocità deve essere realizzato senza ulteriori indugi. Un'Europa delle quattro libertà - libera circolazione delle persone, dei beni, dei capitali e dei servizi - e, al suo interno, un'Europa più integrata, dotata, tra l'altro, di una reale politica degli affari esteri e della difesa. Un esercito europeo comune (e non unico) organizzato su base del metodo comunitario (e non sommando reparti nazionali) è indispensabile. È anche possibile. A condizione che la Francia decida, finalmente, di rimuovere il suo veto politico.