Il 3 agosto del 1981 Ronald Reagan pronunciò un discorso destinato a cambiare la storia delle relazioni sindacali nel pubblico impiego, ben oltre i confini degli Stati Uniti d'America. Non molti si resero conto immediatamente di quanto stava succedendo, e soprattutto non se ne resero conto i destinatari diretti di quel discorso, i controllori di volo della Professional Air Traffic Controllers Organization (PATCO) che quella mattina erano scesi in sciopero paralizzando il traffico aereo dall'Atlantico al Pacifico. Quarantotto ore dopo, 11.345 di loro erano stati licenziati in tronco: "non c' è diritto di sciopero contro la sicurezza pubblica per nessuno, in nessun luogo, in nessun momento", aveva scandito Reagan nel Giardino delle Rose della Casa Bianca, citando le parole che "Silent Cal" Coolidge, governatore del Massachussets, rivolse nel 1919 ai poliziotti di Boston.

reagan patco

La legge degli Stati Uniti impedisce ai dipendenti delle agenzie federali di scioperare, ma nei vent'annni precedenti, tra il 1961 ei il 1980, non c'erano mai state gravi conseguenze per i lavoratori che avevano partecipato a 39 scioperi illegali. Neanche quando, nel 1970, decine di migliaia di postini incrociarono le braccia e la Guardia Nazionale fu chiamata a consegnare la corrispondenza al loro posto. Ma questa volta le cose andarono a finire in maniera completamente differente.

Eppure tutto era cominciato secondo un copione piuttosto classico: i controllori di volo della PATCO avevano sostenuto Reagan nella campagna elettorale del 1980 contro Jimmy Carter, e ritenevano di poter passare subito alla cassa per riscuotere la cambiale di quell'endorsement. Almeno, così pensava Robert Poli, che aveva appena sostituito John Leiden alla guida del sindacato. Mentre Leiden aveva affermato che non avrebbe indetto uno sciopero se il clima politico ed economico non fosse stato propizio (e mai il clima, in quei primi anni '80 e con la popolarità del "Gipper" alle stelle, fu meno propizio), Poli era convinto di poter usare la minaccia di uno sciopero con leggerezza nella trattativa con il Governo Federale, nella quale chiedeva aumenti salariali e riduzione dell'orario di lavoro (la cosiddetta "settimana corta").

Reagan si prese un bel rischio, licenziando i lavoratori che non rientrarono al lavoro entro lil termine delle 48 ore: nonostante le richieste di PATCO non fossero popolari nemmeno tra molti sindacalisti (i controllori di volo, in un paese che scivolava verso la recessione, non guadagnavano poco e la loro settimana di lavoro era già più corta di quella della maggior parte dei lavoratori del settore), la stragrande maggioranza dei media e dei politici - anche conservatori - chiese all'amministrazione di essere più indulgente con gli scioperanti, offrendo loro una seconda possibilità e riammettendoli a lavoro. Su questo punto Reagan fu irremovibile, nonostante l'altissimo prezzo economico pagato per la sostituzione in breve tempo dei controllori di volo licenziati, di gran lunga superiore, almeno nell'immediato, al costo che avrebbe comportato il soddisfacimento delle loro richieste.

Dopo più di trent'anni l'atteggiamento inflessibile di Reagan è ancora oggetto di polemiche. Ma se in un primo momento i controllori di volo civili furono sostituiti dai militari, le circa 45.000 domande di iscrizione che, nei giorni successivi alla vertenza, piovvero sulla scuola per Air Traffic Controllers della FAA in Oklahoma diedero più di ogni altra cosa la misura del successo di Reagan in quell'occasione, e il segno di come quella vertenza era destinata a incidere profondamente nella storia dei rapporti tra i governi e i lavoratori del settore pubblico (non dappertutto, naturalmente, come mostrano le cronache politiche e mondane di questi giorni).