Il Seveso, il Lambro sono l'esempio migliore della disfatta di questa giunta incapace di intervenire a risolvere i problemi di questa città; è intollerabile che si giunga a situazioni come quelle di stanotte dopo una giornata e mezza di pioggia. Forse sarebbe il caso che i responsabili di simili disastri pensino - di fronte a tante situazioni fallimentari - che esistono ancora scelte quali quelle delle dimissioni.

Dei disastri naturali di questi giorni, e di quelli che ciclicamente ogni anno colpiscono l'Italia, non sembra essere possibile altro che un uso strumentale e semplicistico. Le parole di Giuliano Pisapia all'indirizzo dei suoi predecessori sono del 2010, e mentre gli si ritorcono contro, oggi potrebbero essere (e sono) pronunciate da chiunque, con lo stesso identico candore. Da un Alemanno che critica, dall'alto dei suoi luminosi traguardi, la gestione delle allerta meteo della capitale, agli amministratori o agli ex amministratori della Liguria, del Piemonte o della Lombardia.

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E' interessante, invece, anche se estremamente complesso, andare a fondo delle ragioni per cui un fosso, un fiume o un torrente esonda, e scoprire che sono spesso avviene per ragioni diverse, a volte opposte, nel Milanese, in Liguria o altrove. E sono spesso ragioni che poco si adattano alle necessità contingenti di una campagna elettorale affamata di capri espiatori. La storia del Seveso, ad esempio, che racconta sia di vecchie scelte urbanistiche insensate che di nuovi comitati del no-a-tutto in un comune a nord di Milano che si oppongono, con l'avallo della loro amministrazione, alla realizzazione delle vasche di laminazione indispensabili per contenere le piene – se il fiume fa danni a valle bisogna intervenire a monte.

Difficoltà di ordine normativo e burocratico, quindi, che si aggiungono a quelle che derivano da un profilo orografico tanto variegato da suggerire la necessità di un approccio flessibile e realistico ad ogni realtà territoriale.

Oggi invece preferiamo prendercela indistintamente contro il consumo di suolo, invocando anche provvedimenti legislativi che pongano dei limiti molto restrittivi all'edificabilità. Un approccio "one size fits all", buono a prescindere per ogni situazione, che sembra avere le sembianze delle favole della buonanotte che gli abitanti e gli amministratori di questo paese amano raccontarsi di fronte a problemi che è più facile rimuovere che affrontare.

Interrare un fiume, per esempio, consuma molto meno suolo rispetto alla costruzione di un nuovo quartiere nella periferia romana, ma è, con ogni evidenza, assai più rischioso. Invece preferiamo raccontarci che è sufficiente smettere di costruire, ovunque, per smettere di andare sott'acqua dove magari abbiamo già costruito e scontiamo gli effetti di scelte urbanistiche sbagliate, ma ormai irrimediabili.

E come questo approccio dogmatico sia inefficace lo dimostra la legge Galasso, che ha provveduto ad impedire tout court qualsiasi intervento umano al di sotto dei 150 metri dal letto di un fiume, e che oggi è spesso il primo ostacolo alle opere di pulizia e di rimozione degli inerti dai corsi d'acqua che in molti casi sarebbero indispensabili. Sarebbe necessario monitorare l'efficacia dei provvedimenti legislativi nel tempo, prima di ergerli a totem.

Anche perché ci potremmo ritrovare, come la scorsa estate, in occasione della tragedia di Refrontolo, a constatare come a monte dell'area interessata dall'esondazione non c'erano città, né case, né fiumi tombati. Solo boschi e vigneti. Sono un problema i vigneti rispetto all'erosione dei suoli? In qualche caso sì, in qualche altro no, dipende dalla pendenza, dalla composizione del suolo, dalla disposizione dei filari, ma così si torna al punto di partenza, alla complessità e alla varietà, poco adatta a una piazza che invoca soluzioni miracolose e capri espiatori, e a una classe politica ansiosa di servirglieli in pasto prima di farsi a sua volta divorare al prossimo giro di giostra.

@lavalledelsiele

Una segnalazione: dato che si svolgerà tra pochi giorni, chi volesse approfondire seriamente queste tematiche può approfittare del secondo Congresso Internazionale di Selvicoltura, organizzato dall'Accademia Italiana di Scienze Forestali, a Firenze dal 26 al 29 novembre, con oltre 200 studiosi provenienti da ogni parte del mondo.