senso di colpa grande

Politologo, filosofo e giornalista francese di origini italiane, Alexandre del Valle è autore di numerosi saggi. Si occupa di geopolitica e di Medio Oriente e in questa conversazione discute del senso di colpa occidentale come chiave interpretativa delle reazioni (e delle non reazioni) del mondo libero a una serie di sfide esistenziali al suo modello di vita.

Si parla sempre più del complesso occidentale, cioè del senso di colpa di questa parte di mondo verso l’altra parte, che diventa arma di (auto)distruzione di massa. Si può parlare di una patologia sfruttata dai regimi che odiano i valori delle democrazie liberali? E cosa fare per curare la patologia?

“Il complesso occidentale” descrive un fenomeno psicologico molto grave con conseguenze geostrategiche e politiche perché l’Occidente e soprattutto la vecchia Europa traumatizzata dalla Seconda Guerra mondiale e colpevolizzata per il colonialismo non è più in grado di condurre una “politica di civiltà”. Mi spiego: noi, nella scuola francese e italiana di geopolitica ispirata in gran parte da Yves Lacoste, pensiamo che la geopolitica degli Stati non possa solo essere basata su elementi concreti come la geografia, le forze armate e l’economia, ma anche sulle “rappresentazioni”, cioè le idee, le ideologie, i simboli, la storia, la psicologia, fra cui i pensieri religiosi e politici e le passioni collettive che permettono di motivare, sensibilizzare e mobilitare le persone umane e i gruppi nell’ambito di un progetto di potere.

In questo senso, se le nostre società colpevolizzate diffondono fino dalle classi elementari della scuola un senso di colpa e un auto-disprezzo collettivo diventa quasi impossibile conservare un sano patriottismo, un amore della nazione, un sentimento di sopravvivenza necessario per ogni comunità che non vuol morire, come lo si vede negli Ucraini che non vogliono sottomettersi all’invasore russo, o come lo si vedeva nei nostri paesi con i partigiani della resistenza al nazi-fascismo. Quindi, il complesso occidentale descrive una patologia collettiva e un senso di auto-disprezzo permanente, che non solamente è sfruttato dalle potenze totalitarie nemiche esterne e anti-occidentali come la Cina, la Corea del Nord, l’Iran, la Russia, la Turchia revanscista di Erdogan e in generale l’islamismo radicale anti-giudaico-cristiano e imperialista-integralista, ma alimenta anche la strategia eversiva e sovversiva dei nemici interni delle nostre democrazie.

Mi riferisco a tutte le forze che provano a demonizzare i valori fondamentali delle nostre nazioni, e non solo i diritti dell’uomo e la democrazia liberale, ma anche la nostra storia e la nostra civiltà sempre più dipinta come brutta, ingiusta, carnefice, razzista, fascista-nazista, imperialista, colpevole di tutti i mali degli altri popoli. Attenzione però: dicendo questo non voglio intendere che vada  inibito il normale senso di colpa personale di chi ha commesso un vero torto ad altri, né discuto che l’Occidente abbia avuto ragione a creare qualcosa di unico, mai visto nelle altre civiltà: la capacità molto positiva di auto-criticarsi o di “pensare contro se stessi” come dicono i sociologi.

No: il complesso occidentale descrive una patologia mortale per il popoli, che consiste nell'accusarsi di tutto senza possibilità di perdono e di riscatto, senza prescrizione di tempo e di generazioni e senza limiti di spazio… Quindi il senso di colpa è un’arma di auto-distruzione di massa perché consiste nel diventare “auto-razzisti’, nel delegittimare la propria storia e nel giustificare per compensazione i peggiori progetti delle forze nemiche, che vogliono la nostra distruzione.

Noi ci sentiamo colpevoli in permanenza e senza sfumature e limiti di tempo e di spazio per la crociate, lo schiavismo e la colonizzazione, ma dimentichiamo che gli slavi e i mediterranei sono stati vittime dello schiavismo arabo-islamico, maghrebino e ottomano per secoli, che Roma è stata razziata dai “crociati”’ islamici nell'anno 846, e che le prime crociate cristiane arrivarono non come aggressione, ma come reazione all’islamizzazione dell‘impero bizantino e secoli dopo la conquista della Spagna e della Sicilia.

Il senso di colpa occidentale sembra nascere da un sentimento sincero, da un'autocritica sugli errori compiuti, ma ciò a cui si giunge in termini di consapevolezza guardando alle "nostre" colpe non sembra funzionare come criterio generale...

Lo schiavismo è ancora legale e legittimo nella sharia islamica ed è praticato ancora oggi in Africa e in alcuni paesi arabi, mentre l’Occidente è stata la prima civiltà ad averlo abolito. Il senso di colpa è quindi strumentalizzato da decenni e da molti gruppi islamisti radicali per fare credere che l’accettazione dell’islamizzazione in Europa (senza nessuna reciprocità per i cristiani nei paesi arabi ) sarebbe un “risarcimento”, un modo di “espiare” le nostre colpe collettive non col perdono ma con l’accettazione di auto-distruggersi.

Il senso di colpa ci impedisce doppiamente di difendere la nostra civiltà giudaico-cristiana e i nostri modelli liberal-democratici perché nelle banlieue francesi e in quasi tutti i paesi europei industrializzati con forti minoranze islamiche gli islamisti radicali strumentalizzano il complesso occidentale per giustificare agli occhi dei loro fedeli il rifiuto dei nostri valori e della cultura europea-cristiana e laica vista come “carnefice” e “perversa”. Nel mio libro ho spiegato che il senso di colpa ci ha spinto a lasciare prosperare da noi i Fratelli musulmani, il Milli Görüs turco e i salafiti e ad affidare il controllo delle moschee e quindi delle anime di tanti figli di immigrati musulmani agli integralisti.

Si tratta di una vera "bomba sulla civilizzazione a scoppio ritardato". Il secondo esempio è la Russia che utilizza il senso di colpa per demonizzare e nazificare gli Ucraini e l’Occidente e per giustificare l'aggressione imperialista in nome del rifiuto dell’imperialismo occidentale-euro-atlantista. In Africa, questo stratagemma ha consentito alla Russia di cacciare i francesi da molti paesi africani ex-colonie francesi dove il Cremlino e Wagner giocano sulla corda sensibile dell’anticolonialismo…

Le sfide che si trova oggi ad affrontare la civiltà occidentale sono epocali. Un millennio nuovo dove la rete delle dittature si salda e rilancia la minaccia alle società aperte, in tutti i continenti (non solo in Europa con la criminale aggressione russa in Ucraina, in Medio Oriente con gli attacchi barbari di Hamas in Israele o in Asia col regime cinese che tiene nel mirino la democrazia taiwanese). Quanto poco le opinioni pubbliche sono consapevoli? E quanto il ruolo dei media è cruciale?

Sono d’accordo sulla sua osservazione ma attenzione, il complesso occidentale non riguarda solo l’opposizione tra democrazie e regimi totalitari, autoritari o illiberali. Ciò che dice lei è vero, ma ciò che succede in Cina, a Taiwan, o prima a Hong Kong, poi in Ucraina con l’invasione russa o poi a Gaza con l’aggressione terroristica barbara del Hamas, è legato ma appartiene ad un altro paradigma studiato ben prima di me da Raymond Aaron in "Democrazia e totalitarismo" e anche da Karl Popper con la sua opera “Le società aperte ed i suoi nemici”. Anche Giovanni Sartori spiegò benissimo la posta in gioco.

È vero che il senso di colpa occidentale è sfruttato e strumentalizzato dalla dittatura cinese comunista-confucian-nazionalista e neo-imperiale per giustificare la persecuzione degli oppositori liberali e democratici: lo scopo è di bocciare l’uomo bianco-occidentale per cacciare le forze armate anglosassoni dal Mare cinese e anche da tutto l’Indo-Pacifico col pretesto che la presenza occidentale sarebbe neo-coloniale. È vero che I Russi o gli islamici radicali giustificano il loro obiettivo neo-imperiale e totalitario col pretesto di vendicare un’umiliazione. È vero che il complesso occidentale serve loro anche per equiparare la promozione della democrazia liberale e il sostegno degli oppositori come un nuovo imperialismo e un’ingerenza neo-coloniale, dall’Asia fino all’Africa.

Tuttavia, il mio paradigma descrive un altro fenomeno ben più paradossale e doppio. Prima di tutto, l’Occidente non promuove ovunque la democrazia e la difesa degli oppositori liberali nelle dittature o la promozione del modello democratico: in Arabia Saudita, nel Qatar, nel Kuwait o in tanti Stati islamici illiberali, autoritari, dittatoriali o totalitari, l’Occidente non dice niente, perché dipende economicamente da questi Stati integralisti che promuovono il totalitarismo islamista e anche a volte il jihadismo…

Non fa niente anche perché il senso di colpa dell’uomo bianco giudaico-cristiano consiste nel denunciare solo le colpe dei popoli occidentali, un po' la Cina, ma anche meno della Russia: mai l’intolleranza islamica malgrado il novanta per cento delle aggressioni violente e ideologiche contro gli ebrei in Europa siano ormai da anni perpetrate da musulmani e siano ideati da imam e predicatori islamici che godono di una totale libertà di espressione anche razzista, omofoba, anticristiana, antisemita e anti-donne.

Il senso di colpa non sembra evidentemente essere riferito a specifici comportamenti, ma ai loro autori. Più un senso di colpa per quello che si è che per quello che, in passato, il nostro mondo ha compiuto sulla strada dell'evoluzione politica e civile.

L’Occidente denuncia sempre la paglia che ha nella sua civiltà (crociate, colonialismo, razzismo, ecc), come se fosse l’unica civiltà carnefice, ma non denuncia quasi mai la trave enorme che sta nell’occhio della civiltà islamica, sempre più nelle mani di fondamentalisti, dove le minoranze cristiane sono sempre più perseguitate e dove l’odio verso gli ebrei è normale, insegnato nelle scuole e le moschee, cosi come l’apologia della pena di morte per gli apostati e i blasfemi.

Basti ricordare che a Gaza, quando gli israeliani occupavano la striscia, c’erano chiese e migliaia di cristiani, ma dopo il ritiro israeliano, i cristiani sono stati emarginati e privati delle loro chiese. Nel Prossimo e Medio Oriente, inclusa la Turchia, siamo passati da 20% di cristiani a meno di 2%. Gli ebrei sono stati cancellati da tutti i paesi islamici, tranne alcune piccolissime comunità persistenti in Iran, Marocco, Turchia e Tunisia.

Da noi, il senso di colpa ci spinge a essere indulgenti o a trovare degli attenuanti culturali verso i criminali africani che violentano le donne perché non avrebbero la nostra stessa “consapevolezza”; tolleriamo l’antisemitismo e l’odio anti-cristiano e anti-gay degli islamisti che insegnano questo nelle moschee europee ed americane perché ci sentiamo colpevoli per le crociate, la colonizzazione e per il sostegno a Israele.

Il senso di colpa si nutre anche dal mito di Al Andalus e del cosiddetto ed esageratissimo “illuminismo” del califfato arabo in Spagna e in Sicilia, che ci avrebbe portato la scienza e la filosofia … La verità storica è ben lontana da questo mito, che viene insegnato nelle nostre scuole e università in funzione colpevolizzante ed eversiva. Questa rappresentazione è pericolosa perché corrisponde al mito irredentista maggiore dell’islamismo radicale sia dei jihadisti che dei Fratelli musulmani: la giustificazione della nuova conquista e della futura sottomissione dell’Europa giudaico-cristiana col pretesto che il califfato dovrebbe essere restaurato ovunque è stato presente nel passato.

Per l'Europa, l'Occidente e il mondo libero il rapporto con il Sud del mondo è inevitabilmente mediato dal pensiero della necessità e del pericolo dell'immigrazione, cioè da un rapporto di reciproca dipendenza non solo politica, ma anche demografica.

Il senso di colpa occidentale è grave anche perchè pregiudica la conditio sine qua non dell’immigrazione “positiva”, cioè l’integrazione e anche l’assimilazione. Molti progressisti e islamici radicali mentono quando dicono che sono a favore dell’integrazione, perché incitano a odiare la cultura occidentale dell'accoglienza, predicano l’integralismo, importano la guerra israelo-palestinese nelle società aperte e democratiche, infinitamente più tolleranti verso qualunque minoranza delle dittature del mondo arabo-islamico, ma fanno pericolosamente credere che gli immigrati e gli islamici sarebbero trattati da noi tanto severamente e duramente quanto i palestinesi dai “sionisti” genocidari.

Il fatto di accusare costantemente l’Occidente e le nostre società di perseguitare gli immigrati e soprattutto i musulmani col mito accusatorio e falsamente “antirazzista” della cosiddetta “islamofobia” occidentale, europea e giudaico-cristiana, è una “bomba sulla civilizzazione a scoppio ritardato” perché impedisce l’integrazione patriottica. Consegna i nostri musulmani agli integralisti che odiano i nostri valori ma fanno finta di essere delle vittime del “razzismo” mentre si sa perfettamente che il nuovo nazi-fascismo, il nuovo antisemitismo e la nuova intolleranza religiosa proviene oggi non più dagli ambienti cristiani occidentali, ma dagli islamisti radicali.

Da qui nasce la loro alleanza paradossale con tutti quelli che ci odiano e che odiano l’occidente liberale giudaico-cristiano; i comunisti radicali pro-islamici in funzione terzomondista e anti-sionista, e i nazisti, comprensi quelli super-estremisti pro-islamici in funzione antisemita… Ho spiegato questo nel mio libro “Rossi-Neri-Verdi, l’alleanza paradossale degli estremisti anti-occidentali” (Lindau)

Nel gioco delle alleanze e degli specchi, molti paesi giocano ruoli ambigui. Ad esempio il Qatar, supposto amico dell’Occidente, resta sponsor di Hamas e dei Fratelli Musulmani. Contribuire a diffondere l’antisemitismo e l’odio contro gli «infedeli», non sarebbe una linea chiara da non superare?

Quest’alleanza con un paese che sostiene i Fratelli musulmani dappertutto ci impedisce di lottare contro il nostro nemico interno principale e sponsorizzato da Doha: l’islamismo totalitario, il cui Stato patrocinatore o padrino è il Qatar. La grande colpa dei dirigenti politici del Vecchio Continente è di avere lasciato nelle mani dei Fratelli Musulmani milioni di fedeli islamici, che sono arrivati da Paesi in cui l’antiebraismo è inculcato sin dalle scuole primarie. Un flusso che invece di essere positivamente rieducato nei Paesi di destinazione è stato consegnato alle moschee legate al Qatar, alla Turchia e ad altri Paesi dove vengono alimentati il jihad e l’odio verso gli ebrei.

In Francia, in Belgio, in Germania, Olanda o Inghilterra, la lobby islamica dei Fratelli Musulmani è talmente forte che si può gridare impunemente per la strada “morte agli ebrei” e in Belgio ci sono simpatizzanti pro-Hezbollah e pro-Hamas che hanno spesso assunto il controllo della piazza. Lo Stato infedele colpevolizzato in funzione falsamente « anti-razzista » e condizionato dalle sue alleanze sbagliate col Qatar, è costretto a fare compromessi con i Fratelli Musulmani, deve quindi trattare e ripagare "i danni" come accade dopo ogni rivolta delle banlieue in Francia.

È costretto a trattare una pax islamica con questi gruppi islamici radicali alleati alla sinistra pro-palestinese, che controllano la maggioranze delle moschee e reti o centri islamici di educazione islamica in Europa. 

In conclusione, il mio libro sul senso di colpa «Il complesso occidentale» è stato un appello all’Occidente, un richiamo a un problema strutturale dei popoli occidentali, democratici, atlantisti. Oggi, l’antioccidentalismo è cresciuto come un’onda anche grazie all’Occidente stesso e al suo costante senso di colpa. L’Europa non fa che chiedere scusa al mondo per il suo passato, come se fossimo stati solo una banda di carnefici e di saccheggiatori della Storia. È uno svantaggio enorme perché siamo gli unici a farlo, laddove la Turchia, il Pakistan, l’Arabia Saudita sono invece molto fieri del proprio passato, anche quando si è espresso nelle forme più imperialiste. Basti pensare al califfato e alla colonizzazione di pezzi d’Europa come la Spagna e la Sicilia.