Tunnel Ponte grande

È necessario continuare a lavorare - in sinergia tra le istituzioni coinvolte - sul ritardo infrastrutturale del Sud. Non ci si può arrendere al sotto sviluppo, ad una viabilità non degna di un Paese civile. Questo lavoro, questo impegno necessario, però – grazie all'accelerazione della Lega Nord e del Ministro Salvini sull'attraversamento stabile dello Stretto di Messina – rischia di andare a ramengo.

Il Ponte, infatti, sta cannibalizzando tutto, divenendo "priorità" cui sacrificare e subordinare ogni altra opera. Un grande, enorme feticcio ideologico che inghiotte le concrete esigenze di Calabria e Sicilia. Non è vero, infatti, che ci saranno interventi preliminari, essenziali, opere antecedenti alla "Grande Opera".

La realtà comincia ad assomigliare, purtroppo, alle ricostruzioni grafiche asettiche che Salvini diffonde sul bluff Ponte: una costruzione, un unicum sganciato da ciò che sta alle spalle dei monumentali piloni; una vera e propria cattedrale nel deserto.
C’è e ci sarà, infatti, solo il Ponte, il suo mito, la sua ombra; tutto è sacrificato a questo obiettivo, comprese le risorse per costruirlo - pari a "zero" a leggere bene la legge che ha convertito il cosiddetto "Decreto Ponte" - e che già si pensa di sottrarre ad altri capitoli di spesa disponibili per il Sud solo per riaggiornare - entro un anno - un progetto desueto, quello della favolosa "campata unica”, già bocciato negli anni dai gruppi tecnici di lavoro dei ministeri coinvolti.

Il "caso Ponte", quindi, è esemplare: un teatrino mediatico/parlamentare messo in piedi ai fini elettorali; una "bandierina" via via passata di mano tra le diverse forze politiche di centrodestra. Ed infatti in riva allo Stretto forte è la competizione tra Forza Italia e la Lega di Salvini per l'attribuzione di paternità sull'opera, financo per l'intitolazione del "Ponte che non c’è" e che i forzisti vorrebbero dedicare a Silvio Berlusconi.

Tutto questo bailamme però non produrrà risultato! A dire la verità non importa a nessuno del risultato. Nessuno, neanche Salvini, ci crede davvero. Alla retorica delle destre al governo - in Italia, in Calabria, in Sicilia - serve solo attivare al momento la girandola di carta per nuovi sperperi in tema di progetti, di elaborati, di notifiche d'esproprio, di piani esecutivi et similia.

Ciò che conta, in fine, è l'ennesima "prima pietra" (il nuovo inizio) buona da spendere per le prossime elezioni europee.
Sullo sfondo, tra le polveri della movimentazione terra, degli appalti e dei subappalti, dell'incertezza tecnica sulla fattibilità, del ruolo giocato dal malaffare a caccia di questi fantomatici 15 miliardi, si profila per i territori coinvolti dall'inutile intervento (i traghetti continueranno il loro corso, le autostrade continueranno a mancare in Sicilia, l'Alta Velocità non arriverà a Reggio Calabria) un nuovo "ecomostro", una nuova incompiuta, un ennesimo sfregio ambientale che incombe su Villa San Giovanni e su Messina.
La scorsa settimana sullo Stretto si sono fatti vivi sia Salvini che Tajani. Sono venuti nel bunker di un hotel - non in Piazza tra la gente che vive l'incertezza del cantiere eterno - per galvanizzare le truppe e rassicurare le imprese del Nord coinvolte: "comunque vada cominceranno i lavori", questo conta: principiare, piantare la bandierina, spendere nelle urne il piglio decisionistico dei tanti eredi del Cavaliere.
Un vero affronto, quindi, per i calabresi e per i siciliani, privati di tutto il necessario (porti moderni e sostenibili, concorrenza nell'attraversamento dinamico dello Stretto, il superamento delle “mulattiere" nelle due sponde) per fare posto al superfluo orpello di una politica politicante a caccia di simboli e di un consenso facile, acquisito lontano - va stigmatizzato - dai territori coinvolti.

Ed è sbagliato, inoltre, parlare di opere compensative, perché il disastro non conosce davvero compensazione: l'ambiente "strettese" è unico al Mondo per retaggio storico culturale e naturalistico; qui i mostri marini di Scilla e Cariddi esistono dai tempi di Ulisse (che attraversa queste acque ancora oggi) ed emergono periodicamente dai fondali sotto forma di pesci abissali a fior d'acqua, spiaggiati per essere ammirati.

È giusto, invece, va ribadito, parlare di "opere prioritarie", perché solo la priorità svela le necessità concrete di un territorio. E la priorità, di certo, non può essere la "Società Stretto di Messina S.p.a in liquidazione", rivitalizzata dal Ministro Salvini, con i suoi uomini nel cda. Anche il linguaggio, la scelta delle parole, serve a chiarire la posta in gioco. Per questo è importante decidere da che parte stare.

Non ci può essere spazio di neutralità nel conflitto tra ciò che ha valore e senso, tra ciò che conta per tutti e ciò che serve ad un partito per affermarsi di nuovo dentro la propria coalizione di Governo. A corredo di questo articolo, c’è la foto di ciò che rappresenta davvero l'opera Ponte a Villa SG: l'ecomostro di Cannitello, la variante ferroviaria voluta da Berlusconi 10 anni addietro e funzionale al "suo" Ponte (oggi probabilmente inutile per quello di Salvini), un'orrenda intubata che sfregia il Lungomare e che si tenta senza risultato di mascherare.

C’è davvero un italiano che ama il Sud, che conosce i luoghi della "Magna Grecia", che possa dirsi neutrale di fronte a questo obbrobrio? E l'orrenda intubata potrebbe essere solo l'inizio.