Giorgetti grande

Nel giorno in cui la maggioranza, sovranamente – cioè infischiandosene di tutto: normativa europea, giurisprudenza nazionale, senso del ridicolo e della vergogna – decide che sui balneari i burocrati di Bruxelles no pasaràn e quindi fino al 2024 (e forse 2025) la situazione rimane quella che è (se no, a che serve il decreto mille-proroghe?), il Ministro dell’Economia ha rilasciato una surreale intervista al Corriere della Sera in cui spiega che la possibile contropartita per l’Italia, rispetto a un via libera alla nuova disciplina sugli aiuti di Stato chiesta da Francia e Germania, è che si allentino i vincoli sulla finanza pubblica nazionale.

I limiti sugli aiuti di stato sono stati per anni la bestia nera della retorica sovranista: la tesi, grosso modo, era che la libera circolazione delle merci e dei servizi, prevista dai trattati europei, “picchiava” selvaggiamente l’economia italiana, mentre le regole di disciplina finanziaria e il divieto alle sovvenzioni pubbliche al sistema produttivo nazionale legavano le mani della politica, che diversamente sarebbe accorsa a difendere l’aggredito ed era invece costretta ad assistere al suo massacro.

Questa fregnaccia, su cui da destra come da sinistra si sono costruite carriere politiche, e si è distrutto quel poco che c’era di fiducia nel rule of law europeo, ora dimostra tutta la propria miseria. Gli aiuti di Stato, in una economia aperta, non sono un’arma dei deboli, ma dei forti; la diversa capacità fiscale dei diversi Paesi rende i competitori economici ancora più disuguali di quanto non lo facciano fattori “intrinseci”.

Ora però anche la destra finisce per accorgersene e inizia a temere che le risorse che la Germania può spendere per le proprie imprese vanno a danno delle imprese italiane. La richiesta però è quella di potersi indebitare ancora di più per fare la propria “politica industriale” aggravando i divari finanziari tra gli Stati che, come detto, in un sistema in cui gli aiuti di stato tornano a essere sdoganati, distorcono le regole della competizione tra le imprese a danno di quelle dei paesi finanziariamente più vulnerabili.

Se anche la Germania e i paesi nordici accettassero di concedere all’Italia di indebitarsi ancora più più (non lo accetteranno senza condizioni, perché una moneta comune lega i destini dei paesi che la condividono), il debito non calcolato ai fini del Patto di stabilità non sarebbe per questo inesistente e renderebbe l’Italia ancora più dipendente dalle garanzie e esposta sui mercati “stranieri”. Insomma, un vero affarone.